lunedì, Aprile 29, 2024
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Obiezione respinta

Aborto: la legge 194 garantisce alla donna il diritto di disporre del suo corpo. Ma in realtà gli “obiettori” vanificano questa legge…

 Lei è obiettore?” dovrebbe chiederlo ogni donna la prima volta che entra nello studio di un ginecologo. Questa domanda rappresenta l’unico moto di coscienza possibile per Silvana Agatone, ginecologa, non obiettrice, attivista per i diritti delle donne. I medici possono scegliere se applicare o meno la legge 194/78, quindi anche la donna può decidere se farsi curare da chi non le riconosce la libertà ad interrompere una gravidanza, volontaria o terapeutica non importa.

A soli 18 anni Silvana conosce Simonetta Landucci Tosi, femminista, medico e ricercatrice del CNR, “mi sono resa conto di quante ragazzine in borgata a quattordici, sedici anni rimanevano incinte, senza nemmeno sapere cosa fosse la contraccezione”, per questo decide di affiancare alla sua formazione universitaria il lavoro presso il Collettivo San Lorenzo a Roma, il noto consultorio autogestito di via dei Sabelli 100. Qui si ritrova fianco a fianco con Simonetta Tosi che, insieme a Laura Conti, è stata una delle poche voci apertamente schierate a favore della piena liberalizzazione dell’aborto nel referendum radicale del 1981.

E’ una ipocrisia” dice Simonetta a proposito della legge 194, in un’intervista a Radio radicale. Come può, il primo articolo, affermare che “lo Stato riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio, lì dove la norma nasce per tutelare il diritto della donna ad interrompere una gravidanza?

La visione stridente (contraddittoria) del legislatore arriva fino ad oggi: il Ministro della Salute deve presentare al Parlamento una relazione annuale sull’andamento delle interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg) per monitorare il fenomeno e definire al meglio la sua prevenzione. In effetti, a partire dal 1983 in Italia l’Ivg è passata da 235mila interruzioni l’anno a 76mila nel 2018[1]; un tasso inferiore rispetto alla media europea. Nell’ultima relazione, presentata nel 2019, il Ministero si compiace per il risultato ottenuto, a suo dire, grazie all’operato dei consultori e alla “pillola del giorno dopo” che da qualche anno può essere acquistata senza prescrizione medica. Salvo poi cadere in contraddizione perché, nello stesso anno, dimentica di inserire quella pillola nella lista aggiornata dei farmaci indispensabili in farmacia.

Il dibattito sull’aborto si accende ad intermittenza tra un fatto di cronaca nera e una proposta di modifica di legge. Tra i tanti, ricordiamo i fatti avvenuti nel 2008, dove sette agenti irrompono in un ospedale di Napoli e interrompono un aborto terapeutico in corso per problematiche fetali, mettendo sotto inchiesta la paziente e il ginecologo non obiettore. A partire da questi fatti nasce L.A.I.G.A., Libera Associazione Italiana Ginecologi per Applicazione legge 194, di cui Silvana Agatone è presidente e fondatrice, con lo scopo di contarsi, conoscersi e cercare di migliorare e salvaguardare l’applicazione della legge, visto che non vi è alcuna lista presso il Ministero della Salute sulla quale risultino i centri e gli operatori che applicano la Legge 194.

Il discorso degli operatori sanitari è dirimente, ha a che fare con la capacità del servizio pubblico di far esercitare alle donne e alla famiglia il diritto di scegliere liberamente quando e se procreare.

Ascoltando Silvana, in corsia per 40 anni, pratichiamo il terreno scivoloso del retaggio culturale del nostro paese e l’ostruzionismo degli operatori sanitari. “Non parlo solo di medici ma anche degli infermieri che si rifiutano di portare la paziente al tavolo operatorio, non preparano i ferri, non portano le pillole per l’aborto farmacologico al letto, fino agli anestesisti, i cardiologi”. In questi casi, il medico non-obiettore, l’unico a capire l’urgenza dell’intervento, fa tutto da sé, a rischio e pericolo del paziente. E che fa, denuncia? E come fa a vivere poi il posto di lavoro?Il fatto che gli obiettori di coscienza siano sempre in un numero maggiore ai non obiettori, consente loro di essere perfino arroganti con la minoranza. Considerando che molti dei primariati di ginecologia stanno finendo in mano a professori che vengono da università cattoliche, è facile che una giovane ginecologa ricorra all’obiezione se arriva in un reparto con primario e personale obiettore. L’indagine di Silvia De Zordo, antropologa e ricercatrice, ci offre un’altra chiave di lettura. La sua ricerca, condotta su 54 ginecologi e 66 tra ostetriche tra Roma e Milano, dimostra che la religiosità individuale spiega solo in parte il tasso di obiezione di coscienza in Italia. Tra le motivazioni dell’obiezione alla 194 si passa dalla discriminazione sul posto di lavoro da parte dei colleghi obiettori alla mancanza di formazione e aggiornamento sulle tecniche abortive che rendono l’applicazione della legge un problema di salute pubblica. Una rete formata da studenti, ostetriche, medici e attiviste, donne e uomini ha lanciato un sistema in cui chiunque può segnalare la sua esperienza di obiezione con ospedali e farmacie. Il progetto Obiezione Respinta, promosso della rete transfemminista di Non Una Di Meno, sta generando, in maniera collettiva, un database utile alla lotta.

La sepoltura dei feti mai nati, portata alla luce dalla denuncia di Marta Loi, sconcerta e ci offre un pezzo di mondo sconosciuto: riti funebri e aree cimiteriali riservate ai prodotti del concepimento. La divulgazione dei dati personali, ostentati sulle croci bianche, rappresenta, in questo contesto, solo la punta dell’iceberg di una cultura paternalistica e religiosa che prevale nel nostro Paese.

Ad infrangersi sugli iceberg è il diritto di libera scelta della donna rispetto al suo corpo, alla sua vita riproduttiva e all’autodeterminazione. Questi, come altri diritti declinati al femminile, devono essere difesi in ogni era geologica, prova ne è il ddl Pillon con cui l’Italia segue un trend internazionale, dalla Polonia agli Stati Uniti, di attacchi alla legge sull’aborto in difesa di un embrione.

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