sabato, Aprile 27, 2024
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Inchiesta sui beni confiscati in Sicilia. Capitolo 2. L’Agenzia Nazionale dei beni sequestrati e confiscati

CAPITOLO II

L’AGENZIA NAZIONALE DEI BENI SEQUESTRATI E CONFISCATI

  1. L’A.N.B.S.C.: I NUMERI E L’ORGANIZZAZIONE

Prima di procedere nello sviluppo degli argomenti oggetto di questa relazione, è importante soffermarsi brevemente sulla governance e sui principali asset di quella che è la figura chiave nel processo di gestione e di destinazione dei beni soggetti a sequestro e poi a confisca definitiva: l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (A.N.B.S.C.).

Istituita con il D.L. 4 febbraio 2010, n. 4, poi convertito, con modificazioni, dalla L. 31 marzo 2010, n. 50, l’Agenzia è un ente con personalità giuridica di diritto pubblico, dotato di autonomia organizzativa e contabile e posto sotto la vigilanza del Ministero dell’Interno. La sua mission è quella di provvedere all’amministrazione e alla destinazione dei beni sequestrati e confiscati alle mafie, non solo tramite la loro gestione diretta, possibile dopo l’emissione del decreto di confisca di secondo grado, ma anche coadiuvando l’attività dell’amministratore e dell’Autorità giudiziaria già nella fase del sequestro (sebbene – come avremo modo di illustrare – tale ultimo aspetto non sempre abbia degli effettivi riscontri nella prassi applicativa.

L’Agenzia è composta da quattro organi centrali1: il Direttore2, il Consiglio direttivo3, il Collegio dei revisori4 e il Comitato consultivo di indirizzo5. L’assetto organizzativo centrale6, invece, si articola in quattro direzioni generali7 aventi natura di strutture di livello dirigenziale generale, entro cui si sviluppano uffici dirigenziali non generali, nonché ulteriori unità organizzative non dirigenziali.

La logica che ispira la composizione degli organi di vertice, titolari di poteri di organizzazione, indirizzo, propulsione e monitoraggio dell’attività dell’Agenzia, è – nelle intenzioni del legislatore – quella del pluralismo professionale e, con riguardo al Comitato consultivo di indirizzo, della rappresentatività delle componenti socio-territoriali coinvolte a vario titolo nella procedura amministrativa dei beni.

Nella specie, il Comitato annovera tra i propri membri non solo rappresentanti degli organi di governo8, ma anche degli enti territoriali9, delle associazioni che possono essere destinatarie o assegnatarie dei beni sequestrati o confiscati10, delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale11, nonché delle cooperative12 e delle associazioni dei datori di lavoro13. L’organo è chiamato a svolgere una funzione prevalentemente consultiva che afferisce ad alcuni atti normativamente determinati14, a questioni specificamente riguardanti la destinazione e l’utilizzazione dei beni sequestrati o confiscati nonché a ogni altra problematica che gli venga sottoposta dal Consiglio direttivo, dal Direttore dell’Agenzia o dall’Autorità Giudiziaria15. Ma il dato legislativo attribuisce al Comitato anche il potere di presentare proposte e fornire elementi per fare interagire gli amministratori giudiziari delle aziende, ovvero per accertare, su richiesta degli stessi, previa autorizzazione del giudice delegato, la disponibilità degli enti territoriali, delle associazioni e delle cooperative a prendere in carico i beni immobili, e ciò sin dalla fase del sequestro16. Una disposizione quasi del tutto inattuata nella prassi applicativa, complice un approccio ad oggi molto burocratico e poco fluido, così come avremo modo di riferire meglio nei capitoli successivi.

L’introduzione del Comitato consultivo di indirizzo17 si inserisce in un più articolato percorso di restyling dell’Agenzia (di cui si darà a breve) che però, al netto dei proclami pubblici, stenta a produrre i frutti sperati.

Sul ruolo giocato ad esempio dal suddetto Comitato, così si è espressa l’Agenzia nella relazione sull’attività svolta nel 201918:

Va segnalato come altrettanto importante sia stato l’ausilio fornito dai Componenti del Comitato consultivo d’indirizzo, Organo di recente introduzione, che proprio nel corso del 2019 ha cominciato effettivamente ad operare, riunendosi con cadenza periodica, e ad essere, conseguentemente, pienamente coinvolto nei processi decisionali, aventi valore strategico, dell’Agenzia. In tal senso, va segnalato, a mero titolo esemplificativo, come sia stato determinate l’ausilio dei rappresentanti del mondo sociale e del Terzo settore nel tratteggiare le procedure che porteranno all’assegnazione diretta di beni confiscati alla galassia dell’associazionismo”.

La predetta nota si riferisce al bando emesso dall’Agenzia per l’assegnazione diretta di beni confiscati ai soggetti del Terzo settore (indetto il 31 luglio 2020), bando che avrebbe dovuto rappresentare il punto d’eccellenza del lavoro istruttorio di questo Comitato. Ma proprio le numerose criticità operative – di cui si dirà meglio nel prosieguo – che hanno accompagnato questo primo bando (criticità che hanno reso necessarie ripetute proroghe) confermano l’enorme gap ancora esistente tra gli obiettivi programmatici dell’Agenzia e i risultati realmente raggiunti.

Per quanto attiene alle direzioni generali, invece, l’Agenzia ripartisce i poteri di analisi, gestione, valorizzazione e destinazione dei beni in capo a due differenti strutture secondo un criterio di specializzazione in base alla macrotipologia dell’asset assegnato19.

L’Agenzia dispone di una sede principale, a Roma e di quattro sedi secondarie dislocate nel territorio20, rispettivamente a Milano, Napoli, Reggio di Calabria e Palermo. Nella specie, l’intero territorio siciliano ricade sotto la competenza di tali ultime due articolazioni: Reggio Calabria con riguardo alle province di Caltanissetta, Catania, Enna, Messina, Ragusa e Siracusa; Palermo per le restanti di Agrigento, Palermo e Trapani. Una ripartizione che suggerisce più d’una perplessità, non da ultimo in un’ottica di economia organizzativa e tenuto conto del contesto criminologico siciliano. Elementi che, già da soli, avrebbero dovuto indurre ad una gestione unitaria. Su questo punto, questa la considerazione del prefetto Corda:

CORDA, Direttore dell’A.N.B.S.C. Io mi ritrovo in una strutturazione prevista per legge… Non voglio esprimere giudizi su questa certa situazione, vi voglio soltanto dire che è una cosa sulla quale bisognerà lavorare.

Le riforme da ultimo intervenute21 hanno previsto che le sedi secondarie operino alle dirette dipendenze del Direttore22, al fine di attuarne gli indirizzi generali a livello territoriale. In tal senso, la loro struttura dovrebbe “replicare”, sia pur in maniera ridimensionata, quella della sede centrale.

Una rilevante criticità va osservata sul versante della dotazione organica dell’Agenzia e del personale effettivamente in servizio. La struttura organizzativa, così come stabilito dalla legge n. 161/201723, prevede complessivamente 200 unità di personale: 19 di livello dirigenziale e 181 di livello non dirigenziale24. Ebbene, come comunicatoci dalla stessa Agenzia pochi giorni prima che questa relazione venisse completata, sono presenti nei ruoli dell’organismo solamente 69 unità di personale, di cui 11 con la qualifica dirigenziale e 58 con la qualifica non dirigenziale: una scopertura di poco inferiore a due terzi dei ruoli complessivi, in parte sopperita da personale non di ruolo25.

Con specifico riguardo alle due sedi territorialmente competenti per la Sicilia, ossia Palermo e Reggio Calabria, alla medesima data, il personale non dirigente presente è pari a 37 unità sulle teoriche 4726, dato che, peraltro, non distingue tra le figure di ruolo e quelle in comando, in distacco o in assegnazione temporanea.

Un vulnus organizzativo che rischia di incidere irrimediabilmente sull’efficacia dell’azione dell’ente e che stenta a risolversi, nonostante i propositi di celerità manifestati dall’allora direttore dell’Agenzia, prefetto Frattasi, nel corso delle sue audizioni dinanzi a questa Commissione, prima (marzo 2019), e alla Commissione Nazionale Antimafia, dopo (luglio 2019), cui poi dedicheremo apposita riflessione. Lo dimostra, peraltro, il mancato completamento delle procedure concorsuali in corso che dovrebbero portare all’inquadramento di ulteriori – e quanto mai essenziali – 23 unità nei ruoli dell’Agenzia27.

Altri due approfondimenti sono utili a comprendere la reale portata dell’attività dell’Agenzia, e cioè i due principali asset dell’Organismo: i beni immobili e le aziende.

Beni immobili

Al 31 dicembre 201928, l’intero patrimonio immobiliare in gestione all’ente era pari a 16.473 unità, caratterizzate da una rilevante aggregazione territoriale. Basti pensare che il 34,46%29 insisteva in Sicilia, nel territorio di 190 comuni30.

Va tenuto presente che oltre il 65% del totale31 di questi beni immobili alla medesima data risulta già confiscato in via definitiva e, pertanto, potenzialmente destinabile (sostanziale conferma anche nel territorio siciliano, dov’è già confiscato il 68% dei 5.677 cespiti in gestione).

Proprio sul versante della destinazione, la soluzione preferita è il trasferimento al patrimonio immobiliare degli enti territoriali (l’82% dei beni assegnati dal 1982 al 201932), mentre la restante parte è stata mantenuta al patrimonio dello Stato, venduta o reintegrata al patrimonio aziendale ai sensi dell’art. 48, co. 15 ter cod. ant.

Ma è proprio tra la destinazione e l’effettiva utilizzazione del bene che si determina spesso un gap preoccupante. L’attività di monitoraggio effettuata dall’Agenzia (al 31 dicembre 2019) su 2.637 unità mostra che per il 46,76% dei beni assegnati non è ancora stata avviata la necessaria opera di rifunzionalizzazione. Un dato che in Sicilia è ancora più preoccupante, riguardando il 50,59% dei beni destinati.

La stessa preoccupante immagine viene confermata dalle informazioni trasmesse dall’Agenzia a questa Commissione33 sullo stato della gestione dei beni immobili sottoposti a misura ablatoria in Sicilia. Sebbene si assista ad un lieve calo dei cespiti attualmente gestiti dall’Agenzia34, si conferma l’alto numero di quelli potenzialmente destinabili in quanto soggetti a confisca definitiva, che continua ad aggirarsi intorno al 68%35. Anche i dati specificamente riferiti ai provvedimenti di destinazione adottati negli ultimi cinque anni36 ribadiscono quanto già osservato: nell’Isola oltre il 91% degli immobili confiscati37 è stato trasferito al patrimonio degli enti locali, mentre la parte rimanente mantenuta al patrimonio dello Stato.

Aziende

L’altro asset portante dell’Agenzia è sicuramente quello afferente alla gestione e alla destinazione dei beni aziendali.

Sempre con riguardo all’anno 201938, il numero di aziende gestite dall’ente era pari a 2.587, la maggior parte nel settore delle costruzioni, del commercio all’ingrosso e al dettaglio, delle attività immobiliari, nonché dei servizi pubblici, sociali e personali39. Ben il 30,15% di suddette aziende si trova sul territorio siciliano40.

Provando a declinare questi numeri con l’effettivo stato di salute di queste aziende, si scopre una situazione a dir poco allarmante. In pari data, infatti, solo 654 imprese sono attive (poco più del 25%!), mentre le altre risultano inattive, cancellate, in fase di liquidazione o con accertamento ancora non completato41. Oltretutto, a voler considerare il solo dato delle aziende per le quali si è portato a compimento l’intero processo d’amministrazione42, si può osservare che la forma di destinazione assolutamente prevalente, se non quasi totalitaria, è proprio quella della liquidazione, che ha interessato 1.338 delle 1.416 aziende.

Peraltro, non sempre la “morte” dell’impresa si verifica quando la confisca è già divenuta definitiva: sono ben 138 le aziende cancellate o poste in liquidazione già nella fase del sequestro o della confisca non definitiva, quando l’accertamento cioè è ancora sub iudice e sussiste la concreta possibilità di un reintegro del bene nel patrimonio del proposto.

Un focus che prenda specificamente in esame le aziende stanziate sul territorio siciliano consente di confermare questo trend drammatico. Dalle informazioni recentemente trasmesse a questa Commissione dall’Agenzia43, si evince che delle 459 imprese per cui è stato portato a compimento l’iter gestorio, solo 11 non sono state destinate alla liquidazione44. Una sorte altrettanto infausta è destinata anche alle aziende attualmente in gestione, delle quali solo 39 su un totale di 78045 risultano essere attive.

A voler ricomporre il quadro tracciato dai dati appena descritti, è possibile trarre alcune indicazioni molto chiare. Una su tutte: gli strumenti ablatori del sequestro e della conseguente confisca per mafia trovano ancora oggi un alto numero di applicazioni: un’enorme quantità di beni che potrebbero essere fattivamente restituiti alla collettività solo tramite un intervento dello Stato improntato alla massima efficienza ed efficacia. Finalità che, attualmente, non risulta per nulla soddisfatta.

  1. LA SCALATA DI MONTANTE ALL’A.N.B.S.C.

Nella complessa vicenda politica e istituzionale dell’Agenzia per i beni sequestrati e confiscati non può tacersi l’incontro – breve, intenso e sfortunato – fra l’A.N.B.S.C. e il cavaliere Antonello Montante.

Montante viene nominato componente del Consiglio Direttivo dell’Agenzia con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri il 1° dicembre 2014. Nelle intenzioni del ministro dell’interno Alfano, la nomina del vicepresidente di Confindustria intendeva rappresentare la definitiva consacrazione dell’impegno di Montante e della sua cordata sul terreno della legalità e della lotta alla mafia; al tempo stesso, quella scelta era il segno tangibile che l’Agenzia intendeva finalmente aprirsi a competenze ed esperienze imprenditoriali per supportare la capacità operativa dello Stato sul terreno accidentato dei beni sequestrati e confiscati.

C’era un solo problema: Montante, appunto.

Nel dicembre 2014, al momento della nomina nel direttivo dell’Agenzia, il dirigente di Confindustria è infatti già indagato (da sei mesi!) dalla Procura di Caltanissetta per concorso esterno in associazione mafiosa. La notizia sarà svelata da un articolo di Attilio Bolzoni e Francesco Viviano nel febbraio successivo, ma la voce su quell’inchiesta e sul suo eccellentissimo indagato corre ormai da mesi tra uffici giudiziari, segreterie romane e redazioni dei giornali. Eppure il ministro Alfano non esita a proporre il nome di Montante: nominato e costretto, nel volgere di pochi mesi, ad autosospendersi dall’Agenzia (febbraio 2015) e poi a dimettersi definitivamente (22 luglio 2015).

Vale la pena rileggere alcune pagine che la nostra relazione sul “sistema Montante” dedicò due anni fa a questa vicenda, ascoltando dalla voce degli auditi cosa accadde e perché.

D’AGOSTINO, componente della Commissione. Nel momento in cui si decise di nominarlo all’Agenzia per i beni confiscati, era l’unico nome oppure c’era una rosa di nomi sulla quale si discusse?

ALFANO, ex ministro dell’Interno. Fu un’idea mia, che nasceva dal fatto che nella gestione di questa Agenzia si notava la mancanza di un elemento manageriale. Immaginai di mettere un siciliano, un antimafioso, il responsabile della legalità di Confindustria nazionale e, al tempo stesso, uno di comprovata, a quel tempo, competenza manageriale. (…) Quando lo nomino all’Agenzia nazionale dei beni confiscati, eravamo all’apice. Poi, venti giorni dopo, c’è stata la rivelazione del segreto istruttorio da parte del giornale e se violavano il segreto istruttorio venti giorni prima, io non lo nominavo”.

In realtà, come spiega in Commissione il giornalista di Repubblica Attilio Bolzoni, fu proprio quella nomina di Montante nel consiglio direttivo dell’Agenzia ad accelerare la pubblicazione dell’articolo:

BOLZONI ATTILIO, giornalista. L’articolo del 9 febbraio 2015 ha avuto anche una lunga incubazione, nel senso che noi la notizia l’abbiamo appresa quattro o cinque mesi prima. Non basta, naturalmente, avere la notizia di un signore sotto indagine per scriverla sul mio giornale, almeno io non uso questo sistema. Quindi, lavoro sul territorio, ricostruisco tutti i personaggi di questa rete e decido di pubblicare la notizia insieme al mio direttore quando il Ministro dell’Interno Alfano, su 60 milioni di italiani, sceglie lui all’Agenzia dei beni confiscati. Lì decido che è il momento di pubblicare la notizia.

Resta un dubbio: quando Montante viene chiamato all’Agenzia è già iscritto nel registro degli indagati da sei mesi (l’iscrizione risale al giugno 2014). Notizia che circola già – come ci conferma Bolzoni – nelle redazioni dei giornali. Eppure nessuna informazione sull’indagine penale a carico della persona prescelta arriva né al presidente del Consiglio, cui compete la nomina, né ai ministri dell’Interno e dell’Economia, cui compete l’indicazione. Cosa ha determinato un così paradossale corto circuito informativo, consentendo la nomina ad una carica di così alta responsabilità nel contesto della lotta alla mafia proprio d’una persona che da molti mesi era indagata per concorso esterno in associazione mafiosa?

ALFANO, ex ministro dell’Interno. La mia idea è che vi sia un principio sovraordinato nelle relazioni tra le istituzioni, che è il principio di cooperazione istituzionale. Le do, quindi, perfettamente ragione. Qualcuno avrebbe dovuto dirmelo, avrebbe dovuto dirlo al Presidente del Consiglio, avrebbe dovuto dirlo al Ministro dell’economia. Noi avremmo dovuto saperlo. Ma la legge lo impedisce. E se qualcuno ce l’avesse detto, avrebbe commesso un reato penale.

FAVA, presidente della Commissione Antimafia. Montante si autosospende, con nota protocollata n. 6508, il 25 febbraio del 2015, e si dimette il 22 luglio del 2015, cinque mesi dopo. Com’è possibile che l’autosospensione non sia diventata una revoca? A questa domanda, la risposta del direttore dell’Agenzia dei beni confiscati è stata: ‘Non ho la possibilità né di chiedere, né di proporre, perché la nomina del Consiglio direttivo spetta al Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Interno. E’ compito loro, eventualmente, intervenire.’

ALFANO, ex ministro dell’Interno. Lui si è autosospeso, perché ha evidentemente immaginato o sperato che la vicenda si determinasse in termini di rapida archiviazione…

FAVA, presidente della Commissione Antimafia. Come mai non siete intervenuti voi?

ALFANO, ex ministro dell’Interno. Sì, sì, ci sto arrivando. Lui immaginava che la vicenda potesse avere una rapida conclusione e, quindi, ha preferito la formula cautelativa di non sedere… credo non abbia mai partecipato neanche ad una seduta o quasi. Comunque, non ha partecipato, di fatto, alla gestione dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati e, alla fine, ha deciso, dopo questi mesi, di dimettersi. Nell’interregno, non si è voluto procedere ad una revoca perché, comunque sia, eravamo di fronte ad un’iscrizione nel registro degli indagati, divulgata da un giornale, non eravamo in presenza dell’arresto.

FAVA, presidente della Commissione Antimafia. Com’è possibile che un mese dopo la pubblicazione della notizia (dell’indagine ndr), si decide nel Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica di Caltanissetta di aumentare al terzo livello la scorta del signor Montante? Glielo chiedo per capire come (…) si possa decidere che un soggetto che è indagato per mafia, al tempo stesso, meriti un innalzamento del livello di sicurezza. È un ossimoro di cui ci sfugge l’ingranaggio.

ALFANO, ex ministro dell’Interno. Come lei ben sa c’è una significativa autonomia degli organismi provinciali preposti a questo genere di decisioni. Evidentemente, hanno ritenuto di innalzare il livello. A verbale, avranno scritto le loro motivazioni.

FAVA, presidente della Commissione Antimafia. Nei suoi appunti Montante annota il fatto che nel giugno del 2015, quindi, due mesi dopo la sua autosospensione dall’Agenzia, il prefetto Postiglione, che è il direttore dell’Agenzia dei beni confiscati, lo chiama per invitarlo a partecipare alla riunione dell’Agenzia e lui rifiuterà. Da una parte si decide di non procedere con la revoca, il signor Montante decide di non dimettersi, però tutto ci si aspetta fuorché il fatto che venga compulsato perché partecipi. Immaginiamo tutti cosa sarebbe accaduto il giorno dopo se davvero un indagato per mafia avesse partecipato al consiglio direttivo dell’Agenzia per i beni confiscati…

ALFANO, ex ministro dell’Interno. Innanzitutto, non sono io il certificatore dell’autenticità del contenuto di quanto annotato dal Cavaliere Montante nei propri diari… In secondo luogo, apprendo adesso questo episodio e, in ogni caso, non sono in grado di dire la ragione per la quale ciò sia accaduto.

Il breve incontro fra Montante e l’Agenzia è ormai storia archiviata. Resta un dubbio, che questa relazione oggi raccoglie: quella nomina fu solo casualità, il mero risultato di una somma di sviste istituzionali? E per Montante, entrare nel direttivo dell’Agenzia era davvero solo un’altra medaglia da appendersi al petto, peraltro già sovraccarico di titoli, prebende ed encomi? In altri termini: c’è stato attraverso Montante il tentativo di dar la scalata all’Agenzia, alle possibilità di speculazione privata che avrebbe potuto offrire la gestione della più grande holding italiana, proprietaria di quattromila aziende e di decine di migliaia di beni immobili?

Agli atti di questa Commissione – e delle Procure che su Montante continuano ad indagare – non vi sono risposte certe. Ma esitazioni, reticenze, tentennamenti: sì. Questo il commento dell’allora direttore dell’Agenzia, Umberto Postiglione46, ai giornalisti che gli chiedevano se Montante, indagato per mafia, si sarebbe dovuto dimettere dal Direttivo dell’A.N.B.S.C.:

Montante si dovrebbe dimettere? Non lo so, dipende da una sua valutazione. Non ho la possibilità né di chiedere né di proporre ma solo di esprimere solidarietà a Montante, che ho conosciuto come persona che si batte per la legalità. Sta vivendo momenti difficili per le dichiarazioni di alcuni pentiti, nessuno è colpevole finché non viene condannato e nessuno è tenuto a dimettersi se viene accusato da qualcun altro. In Sicilia possono essere messe in atto architetture diffamatorie, magari c’è qualcuno che nell’ombra ha bisogno di vendicarsi e potrebbe cercare forme di ritorsione. Quando ero prefetto ad Agrigento mi dicevano spesso di non dimenticare che ero nella terra di Pirandello e io rispondevo che in confronto a loro Pirandello era un dilettante… Credo che Montante abbia i modi per dimostrare la sua estraneità”.47

Altrettanto esplicito, quasi minaccioso, il comunicato a sostegno di Montante che in quelle ore arriva anche dagli industriali siciliani:

Nessuno pensi di bloccare la squadra aggredendo l’attaccante. Perché al suo fianco c’è un intero sistema… che si muove in un’unica direzione. Un gruppo affiatato che condivide tutto, ansie e strategie… L’azione portata avanti in questi anni da Montante con tutti noi è un patrimonio che non può essere disperso”48

Ma al di là dei toni – a tratti enfatici, a tratti sfuggenti – con cui si commentano le vicende giudiziarie di Montante, resta agli atti l’idea che il vicepresidente di Confindustria aveva sull’Agenzia. Di più: l’idea di una riforma sostanziale, condivisa con i vertici delle istituzioni, sul destino da assegnare ai beni sequestrati e confiscati.

Lo strumento giuridico che regola la materia ha bisogno di essere aggiornato: servono strumenti moderni e più snelli. L’Agenzia per i beni confiscati, nonostante l’impegno degli addetti e dei responsabili, non è in grado di superare i vincoli ingessanti”.49

Lo dice Montante nel 2012, lanciando dalle colonne del Sole24ore una proposta destinata a rivoluzionare mission e organizzazione dell’A.N.B.S.C.:

Un intervento normativo che porti una decisa semplificazione amministrativa, che velocizzi e renda più snelli gli iter di vendita e messa a reddito dei patrimoni confiscati”.

Semplificazione, velocizzazione… bello. Ma come realizzarlo?

Bisogna “portarli a reddito” (i beni confiscati, ndr) e per portarli a reddito bisogna affidarli o venderli ai privati attraverso procedimenti veloci… L’obiettivo fondamentale deve essere recuperare quanta piú possibile liquiditá… Confindustria, insieme allo Stato, potrebbe essere pronta ad intervenire per un obiettivo nobile di crescita. Io stesso, in qualità di Delegato per la legalità, mi considero a disposizione. Non sarebbe una cattiva idea quella di decidere di fare un primo esperimento, un progetto pilota, in un territorio scelto dove ci siano tanti beni confiscati”

Affidare o vendere immobili e aziende ai privati, il contrario dello spirito della legge che immagina, per quei beni, una restituzione alla collettività come ricchezza sociale, fruizione collettiva, usi pubblici. Eppure in molti, nelle stanze romane del Viminale e di Palazzo Chigi, si sperticano subito a lodare il progetto di Montante. Dubbi? Nessuno. “Sono sicuro che il presidente Montante non intende fare shopping di aziende confiscate”50 dice il prefetto Mario Morcone, primo direttore dell’A.N.B.S.C..

Di quell’entusiasmo non resterà traccia quando si apprenderà che Montante, finalmente e trionfalmente cooptato nel direttivo dell’Agenzia per determinazione del ministro Alfano, è indagato per mafia.

E verrà fuori che, forse, quell’idea di “far shopping delle aziende confiscate” non fosse poi così campata in aria, se è vero che Montante – ai tempi della sua proposta di riforma dell’Agenzia – si era già da tempo attrezzato. Come? Costituendo presso uno studio notarile di Caltanissetta il 20 settembre 2010 la T.S.C.S. (“Tavolo per lo Sviluppo del Centro Sicilia”), un’associazione che all’art.4 dello Statuto annovera tra i propri scopi sociali, pensate un po’, quello di “gestire i beni confiscati”.51

Un obiettivo nobile di crescita” diceva Montante indicando con il dito se stesso: “Non sarebbe una cattiva idea quella di decidere di fare un primo esperimento, un progetto pilota, in un territorio scelto dove ci siano tanti beni confiscati”. Magari Caltanissetta, perché no?

  1. IL RESTART ANNUNCIATO E MAI PARTITO

Di questa debacle l’Agenzia ha avuto in passato piena consapevolezza.

Nell’ottobre 2018, quando ancora è forte il riverbero della bufera giudiziaria che ha travolto Antonello Montante e indirettamente, quanto meno a livello d’immagine, la stessa Agenzia, l’allora direttore, il prefetto Ennio Mario Sodano, annuncia alla stampa un ambizioso restyling del sistema di governance, prevedendo in seno alla direzione generale dell’Agenzia una società, amministrata da manager di alto profilo, in grado di gestire le aziende confiscate secondo le prerogative tipiche di una holding. Ecco cosa disse sul punto il prefetto Sodano in un’intervista rilasciata a Ivan Cimmarusti52:

SODANO: Abbiamo un panorama variegato di realtà industriali che, allo stato, risulta frastagliato e isolato quanto a scelte aziendali… Sicuramente una via è quella di metterle in relazione fra loro. Riunirle sotto la guida di un’unica società “capofila”. In questo modo sarà possibile attirare alla guida di questa persona giuridica manager di alto profilo, che risponderanno alle direttive impartite dall’Agenzia.

GIORNALISTA: una specie di holding?

SODANO: sì, anche se la forma giuridica sarà diversa. Di fatto si tratterebbe di una società selezionata tra quelle che abbiamo in gestione, che potrà amministrare in modo unitario, con una strategia comune, tutte le aziende dell’Agenzia.

Propositi che il giornalista Ivan Cimmarusti sintetizza così nel suo pezzo53:

Un’unica filiera commerciale col marchio dell’Antimafia. Dall’alimentare, al turismo, all’edilizia e alla sanità, fino al settore dell’energia: una “rete” che lega aziende produttive confiscate alle associazioni mafiose, presto potrebbe finire sotto la direzione di un unico soggetto giuridico – una specie di holding – controllato dall’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla mafia. Allo studio dell’ente, diretto dal prefetto Ennio Mario Sodano, c’è un innovativo progetto di coordinamento unico delle imprese portate via alla criminalità. Gli strumenti normativi già ci sono: la recente riforma del Codice Antimafia (legge 161 del 2017) ha tracciato la strada verso una gestione unitaria delle aziende in pancia all’A.N.B.S.C., mentre il nuovo regolamento organizzativo dell’Agenzia (DPR 118 del 2018) – in vigore da mercoledì – ha istituito due nuove Direzioni generali operative, quella dedicata agli immobili e quella per le aziende confiscate…

Tre mesi più tardi, nel frangente in cui si perfeziona il passaggio di consegne dal vecchio al nuovo direttore, il prefetto Bruno Frattasi, viene nuovamente ribadita – ed evidenziata dagli organi di stampa – l’imminenza di un restart dell’Agenzia:

Dal settore alimentare al turismo, fino all’edilizia e all’energia: una filiera commerciale legherà tutte le aziende confiscate alle mafie sotto un unico soggetto giuridico. Una sorta di holding che sarà controllata dall’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (A.N.B.S.C.) ma che sarà gestita con tecniche imprenditoriali all’avanguardia. Un progetto ambizioso pronto a partire, che potrebbe proiettare l’ente a una nuova dimensione… Il nuovo direttore, il prefetto Bruno Frattasi trova comunque un’Agenzia con una base normativa per avviare una gestione innovativa delle imprese confiscate… Cosa succederebbe, dunque, se tutte queste società fossero gestite in modo unitario? Sinergia e massimizzazione di guadagni. Accadrebbe, per esempio, che merci prodotte da un’azienda confiscata a Cosa nostra in Sicilia sarebbero vendute da un supermercato portato via alla ‘ndrangheta in Lombardia o che le farine prodotte da un mulino pugliese un tempo nelle mani della Sacra corona unita sarebbero lavorate da un pastificio confiscato alla criminalità organizzata in Abruzzo. Il tutto con un marchio di legalità collegato non a un’associazione antimafia ma direttamente allo Stato. Stando al progetto ci sarà una società capofila, selezionata tra quelle già in gestione, che sarà amministrata da un manager di alto profilo. Un’unica governance e regole aziendali condivise consentiranno uno sviluppo di tutte le varie imprese distribuite sul territorio nazionale. All’Agenzia resterà il compito di vigilare sul lavoro svolto dagli amministratori, impartendo le direttive di carattere generale54.

Insomma, una vera e propria rivoluzione, sulla quale questa Commissione, già in epoca antecedente alla presente inchiesta, ha ritenuto opportuno soffermarsi con l’audizione del prefetto Frattasi svoltasi il 27 marzo 2019, a quasi un mese dal suo insediamento. Una domanda su tutte: perché solo dopo nove anni si è avvertita la necessità di procedere, mutuando il linguaggio informatico, ad un reboot dell’Agenzia?

FAVA, presidente della Commissione. La sensazione che si ha ascoltandola – Lei è arrivato da un mese quindi, naturalmente, eredita una situazione di cui non ha alcuna responsabilità – è che dopo nove anni la governance vada costruita quasi di sana pianta. Cioè siamo di fronte a nove anni durante i quali c’è stato un incremento quasi esponenziale dei sequestri e delle confische, quindi un incremento del patrimonio immobiliare e delle aziende confiscate… eppure l’Agenzia sembra si ponga, per la prima volta, il problema di riassestare le proprie funzioni e la propria organizzazione… qual è secondo lei la ragione per cui per nove anni non si è stati capaci di cogliere l’urgenza di attrezzare la governance per la sfida che arrivava?

PREFETTO FRATTASI, direttore Agenzia per i beni confiscati. Sembra che, insomma, l’Agenzia in questi nove anni abbia un po’ arrancato, ed è anche vero, però per un difetto di costruzione del meccanismo… perché il Legislatore che si poneva l’intenzione di creare un organismo nuovo che… sostituisse l’Agenzia del demanio, i prefetti e lo stesso Commissario straordinario non poteva pensare ragionevolmente, devo dire, che questo organismo potesse essere così fragile… l’Agenzia è nata con un decreto legge, quindi con un provvedimento d’urgenza, quindi probabilmente sconta anche il tipo di strumento con cui si è affacciata per la prima volta sul nostro panorama: lo strumento del decreto legge probabilmente non è uno strumento adatto per creare un nuovo organismo, perché è uno strumento fatto per rispondere a un’urgenza e quindi per fare cose diverse dal creare… una nuova intelaiatura, un nuovo soggetto di diritto pubblico… Probabilmente le ragioni dell’epoca chiedevano questo e politicamente si è fatto questo. C’è stato un deficit di visione che poi è stato scontato per sei o sette anni… E poi finalmente questo documento (“Strategia nazionale per la valorizzazione dei beni confiscati attraverso le politiche di coesione”55, ndr), che secondo me dovrebbe segnare un momento di svolta. Perché si capisce che non puoi mettere a disposizione dei comuni un bene se non ti fai carico della ristrutturazione, del riadattamento di quel bene per le finalità sociali, perché nessun comune oggi, nelle condizioni di dissesto o pre-dissesto finanziario in cui più o meno si trovano, si fa carico di spese anche ingenti per rimettere a posto un bene e destinarlo, se non hanno una mano d’aiuto esterna. Quindi si è capito che bisogna aggregare forze. Forze e risorse!

Secondo il ragionamento del prefetto Frattasi, dunque, l’iniziale inerzia operativa dell’Agenzia sarebbe stata in gran parte dovuta alla matrice normativa “urgente” che ne aveva determinato l’istituzione (un decreto legge) e alla mancanza di una visione programmatica e di prospettiva. Deficit da superare agevolmente – almeno sulla carta – con le successive riforme del Codice Antimafia e con l’intervenuta strategia nazionale per la valorizzazione dei beni confiscati che avrebbe spianato la strada – sempre secondo il direttore – ad un radicale processo di rinnovamento dell’Agenzia.

Audito poco dopo dalla Commissione Antimafia Nazionale, il 10 luglio 201956, Frattasi è tornato sul punto riepilogando lo stato di avanzamento dei lavori, capitolo per capitolo:

  • Le risorse umane:

FRATTASI: L’Agenzia in questi ultimi tempi ha goduto di interventi normativi, quali la legge n. 161 del 2017 ed il decreto sicurezza del 2018, che hanno riguardato soprattutto la consistenza dell’organico… Ad oggi sono ancora in viaggio verso il risultato, che è quello di portare a casa 200 unità di organico. Non so quando questa manovra si concluderà: io spero che ciò avvenga nel più breve tempo possibile…57

  • La riorganizzazione dell’organigramma della struttura:

FRATTASI: Le sedi periferiche –Milano, Napoli, Reggio Calabria e Palermo – avranno rango dirigenziale: il responsabile della sede dell’Agenzia sarà sostanzialmente un fiduciario di chi vi parla, avrà un rapporto stretto con il direttore dell’Agenzia e la sede periferica dell’Agenzia null’altro sarà che l’Agenzia portata sul territorio, per cui avrà nel suo portafoglio tutte le competenze che l’Agenzia ha a livello centrale, nel senso che potrà interloquire propriamente con tutti gli stakeholder del sistema, vale a dire anzitutto con i Comuni.

  • La portata innovativa della “strategia nazionale”:

FRATTASI: Il fatto nuovo di questi ultimi anni e giorni è la strategia nazionale (approvata con la delibera CIPE dell’ottobre 2018 e pubblicata in Gazzetta a marzo e da quel momento applicata) che disegna, finalmente, gli obiettivi e il metodo di azione per avere la governance del sistema. Noi la stiamo già applicando. È imperniata su un tavolo nazionale, su gruppi regionali, ed altro ancora… il tavolo di indirizzo si è già costituito. Abbiamo già cominciato a ragionare e preso qualche decisione che ha avuto un suo primo sbocco.

  • I principali interventi programmati in tema di assegnazione dei beni immobili a soggetti del terzo settore:

FRATTASI: Penseremmo di introdurre, a normativa invariata naturalmente, un criterio che ci sembra nelle corde del sistema: l’associazione che chiede l’assegnazione diretta di un bene lo deve fare portando come sponsor un ente (la Regione, la città metropolitana o il Comune) che si faccia carico del trasferimento gratuito del bene stesso… Un’altra cosa che vorremmo fare è valorizzare i grandi soggetti nazionali delle reti di solidarietà attraverso l’uso dei beni immobili: sto parlando della Croce rossa, dell’Avis, di Telefono azzurro, cioè di grandi organizzazioni solidaristiche che, attraverso lo strumento della destinazione, utilizzando beni confiscati, potrebbero rafforzare la loro presenza nel territorio.

  • La problematica legata all’inutilizzo dei beni:

FRATTASI: Sui beni non utilizzati, abbiamo dato seguito nel 2018 ad una prima richiesta di censimento rivolta agli enti territoriali per conoscere, su poco più di 6.000 beni, quelli sulla cui consistenza ed esistenza avevamo certezza perché registrati ed esattamente censiti sulla piattaforma web «Open Re.G.I.O.» accessibile a tutti. Posso dire che il riscontro è ancora parziale, perché purtroppo i Comuni tardano a rispondere: alcuni non lo fanno, nonostante le sollecitazioni, per cui c’è anche questa difficoltà.

  • La gestione “virtuosa” delle imprese confiscate

FRATTASI: Moltissime sono le aziende che, già in fase di sequestro, arrivano praticamente morte, perché prive di valore produttivo: sono imprese “cartiere”, che mascherano attività illegali, strumentali alla criminalità organizzata; sono sostanzialmente la proiezione imprenditoriale dei gruppi criminali che le gestiscono o che comunque le controllano. Siamo in presenza di un 70-80 per cento di imprese che è bene che scompaiano dal mercato perché veicolo di infezione per il mercato, perché strangolano la concorrenza, per cui è necessario eliminarle, anzi, prima lo si fa e meglio è. Ragioniamo poi sul resto delle aziende. Alcune naturalmente, pur non essendo intrinsecamente organiche al disegno criminale, non riescono però a tornare alla legalità perché, perso l’ombrello di protezione mafiosa, non riescono a sopportarne i costi… Ciò naturalmente comporta uno shock da sequestro, nel senso che calano le ordinazioni, la possibilità di ricorrere al credito bancario viene a crollare drammaticamente perché i rubinetti vengono chiusi. Sicuramente c’è una presa di distanza rispetto ad un’impresa che viene colpita da una misura ablatoria, c’è un calo reputazionale e noi facciamo i conti anche con questa realtà. Chiaro che queste imprese vanno sostenute, se c’è una reale capacità di ripresa produttiva… C’è sicuramente una panoplia di strumenti di sostegno poco utilizzati… Sappiamo, per esempio, che per le imprese di particolare valore c’è la possibilità nel management stesso di chiedere un «amministratore giudiziario pubblico» designato da Invitalia, come previsto dal codice antimafia; diversamente, noi stessi potremmo affiancare – e ne stiamo parlando con alcune associazioni – dei manager che abbiano particolare capacità e che vengano, per esempio, da associazioni reputazionali che abbiano dimostrato in passato di avere una grande capacità manageriale: cito per tutte l’associazione Manager WhiteList, ma ce ne sono anche altre… Quello delle aziende è un tema un po’ delicato al quale però ci stiamo dedicando e, soprattutto, continueremo a dedicarci mettendo in piedi prima possibile la Direzione aziende dell’Agenzia.

La stampa dà ampio risalto all’audizione del prefetto e plaude con enfasi a questa nuova versione dell’Agenzia58, rimarcando l’importanza di alcune iniziative adottate, come la creazione del portale “open data confiscata59 e delle linee guida per l’amministrazione finalizzata alla destinazione degli immobili sequestrati e confiscati60:

FRATTASI: È prevista la realizzazione di specifici strumenti di reportistica e business intelligence, messi a disposizione esclusivamente dell’area privata della citata piattaforma, finalizzati all’estrazione di dati che consentano a supporto dei processi decisionali, mediante l’uso di specifici indicatori, un’analisi più affinata della capacità economica dell’impresa e del suo effettivo stato di salute61.

Il prefetto Frattasi ha lasciato la direzione dell’Agenzia nell’agosto 2020. Al suo posto è stato nominato il prefetto Bruno Corda.

Che ne è di questo restyling? Sono state attuate le riforme annunciate dal prefetto Frattasi? L’Agenzia ha davvero recuperato quel gap di efficienza che aveva segnato il lavoro svolto fin dal momento della sua istituzione? Sul progetto “holding”, la risposta del prefetto Corda è esaustiva:

CORDA, Direttore dell’ANBSC. Non ho assolutamente notizia della prosecuzione del progetto per cui non so quali fossero gli intendimenti a suo tempo del Prefetto Frattasi, sicuramente era una idea importante poi non so per quali ragioni non si possa essere sviluppata… (…) Io, come dire, ragiono con l’organizzazione che sto ponendo in essere che credo che sia più che sufficiente…

La nostra relazione proverà a esaminare, nel merito e nelle modalità, il lavoro svolto dall’A.N.B.S.C. e le sinergie istituzionali che si sarebbero dovute attivare tra l’Agenzia e gli altri soggetti preposti a gestire i patrimoni sequestrati e confiscati alle mafie. Corre l’obbligo di anticipare, fin da ora, che poco o nulla degli ambiziosi target operativi e organizzativi dell’Agenzia è stato raggiunto.

Il personale di ruolo continua ad essere di numero insufficiente rispetto a quello della dotazione organica previsto per legge (58 su 181). Frammentaria risulta essere ancora l’interlocuzione tra l’Agenzia e l’Autorità Giudiziaria nelle varie fasi dell’iter che accompagnano il bene dal sequestro alla definitiva confisca (ed identico discorso vale anche con riferimento agli altri soggetti coinvolti: Forze dell’Ordine, Enti Locali, soggetti del terzo settore, eccetera). Nessun passo avanti è stato fatto rispetto all’annunciato piano di governance unica delle imprese affidate all’Agenzia (holding o società capofila che sia), il cui destino sembra segnato se non fosse per qualche sporadica e spesso, come avremo modo di riferire, mal supportata eccezione. Inattuata risulta essere anche qualsivoglia visione d’insieme sull’effettivo riutilizzo dei beni immobili, troppo spesso condannati all’incuria e al deterioramento, nonché alla ben più dolorosa “riconquista abusiva” da parte degli stessi soggetti che hanno subito il provvedimento di confisca. Aspetto, quest’ultimo, che ha riguardato – e ciò ha davvero del paradossale – perfino quei beni che recentemente sono stati inseriti nell’elenco di quelli messi a bando per l’affidamento diretto a soggetti del terzo settore. E ciò, probabilmente, rappresenta il paradigma migliore per descrivere lo stato in cui versa oggi l’Agenzia.

1 Art. 111 cod. ant.

2 Ai sensi dell’art. 111, co. 2 cod. ant. il Direttore è scelto tra figure professionali che abbiano maturato esperienza professionale specifica, almeno quinquennale, nella gestione dei beni e delle aziende: prefetti, dirigenti dell’Agenzia del demanio, magistrati che abbiano conseguito almeno la quinta valutazione di professionalità o delle magistrature superiori. Il soggetto scelto è collocato fuori ruolo o in aspettativa secondo l’ordinamento dell’amministrazione di appartenenza. All’atto del collocamento fuori ruolo è reso indisponibile un numero di posti equivalente dal punto di vista finanziario. Il Direttore è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.

3 A mente dell’art. 111, co. 3 cod. ant., “il Consiglio direttivo è presieduto dal Direttore dell’Agenzia ed è composto: a) da un magistrato designato dal Ministro della giustizia; b) da un magistrato designato dal Procuratore nazionale antimafia; c) da un rappresentante del Ministero dell’interno designato dal Ministro dell’interno; d) da due qualificati esperti in materia di gestioni aziendali e patrimoniali designati, di concerto, dal Ministro dell’interno e dal Ministro dell’economia e delle finanze; e) da un qualificato esperto in materia di progetti di finanziamenti europei e nazionali designato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri o dal Ministro delegato per la politica di coesione”. Inoltre, i componenti sono nominati con decreto del Ministro dell’interno (art. 111, co. 4 cit.).

4 Secondo l’art. 111, co. 5 cod. ant., “il Collegio dei revisori, costituito da tre componenti effettivi e da due supplenti, è nominato con decreto del Ministro dell’interno fra gli iscritti nel Registro dei revisori legali. Un componente effettivo e un componente supplente sono designati dal Ministro dell’economia e delle finanze”.

5 Il Comitato consultivo di indirizzo “è presieduto da un qualificato esperto in materia di politica di coesione territoriale, designato dal Dipartimento per le politiche di coesione dal Direttore dell’Agenzia ed è composto: a) da un qualificato esperto in materia di politica di coesione territoriale, designato dal Dipartimento per le politiche di coesione; b) da un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, designato dal medesimo Ministro; c) da un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, designato dal medesimo Ministro; d) da un responsabile dei fondi del Programma operativo nazionale “sicurezza”, designato dal Ministro dell’interno; e) da un rappresentante del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, designato dal medesimo Ministro; f) da un rappresentante delle regioni, designato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome; g) da un rappresentante dei comuni, designato dall’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI); h) da un rappresentante delle associazioni che possono essere destinatarie o assegnatarie dei beni sequestrati o confiscati, di cui all’articolo 48, comma 3, lettera c), designato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali sulla base di criteri di trasparenza, rappresentatività e rotazione semestrale, specificati nel decreto di nomina; i) da un rappresentante delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, da un rappresentante delle cooperative e da un rappresentante delle associazioni dei datori di lavoro, designati dalle rispettive associazioni” (art. 111, co. 6 cod. ant.).

6 Art. 3 del D.P.R. 9 agosto 2018, n. 118.

7 Si tratta della Direzione Generale degli affari generali e del personale, della Direzione Generale beni mobili e immobili sequestrati e confiscati, della Direzione Generale aziende e beni aziendali sequestrati e confiscati e della Direzione Generale delle gestioni economiche, finanziarie e patrimoniali.

8 Con decreto ministeriale del 26 aprile 2018, per quanto riguarda la composizione del Comitato consultivo di indirizzo, la dott.ssa Simona De Luca è stata designata quale esperta in materia di politica di coesione territoriale, la dott.ssa Emilia Maria Masiello quale rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, il dott. Bruno Busacca in qualità di rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la dott.ssa Valentina D’Urso quale responsabile dei fondi del Programma operativo nazionale “sicurezza”, e la dott.ssa Simona Montesarchio in qualità di rappresentante del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

9 Con decreto ministeriale del 26 aprile 2018, il dott. Enrico Tedesco è stato designato in qualità rappresentate delle Regioni, mentre in dott. Antonio Regonesi rappresenta i Comuni in seguito al decreto ministeriale di nomina del 15 novembre 2019.

10 Nominata con decreto ministeriale del 26 aprile 2018, la dott.ssa Claudia Fiaschi rappresenta attualmente, in seno al Comitato, le associazioni che possono essere destinatarie o assegnatarie dei beni sequestrati o confiscati.

11 Il dott. Luciano Silvestri rappresenta attualmente, in seno al Comitato, le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (decreto ministeriale di nomina del 26 aprile 2018).

12 Le cooperative di categoria sono oggi rappresentate dal dott. Luca Bernareggi (decreto ministeriale di nomina del 26 aprile 2018).

13 In seguito al decreto ministeriale del 26 aprile 2018, il prof. Nicola Selvaggi è membro del Comitato in rappresentanza dalle associazioni dei datori di lavoro.

14 Si tratta di alcuni atti adottati con delibera del Consiglio direttivo, e segnatamente: le linee guida interne che lo stesso Consiglio intende seguire sia per fornire ausilio all’Autorità Giudiziaria, sia per stabilire la destinazione dei beni confiscati (art. 112, co. 4, lett. d) cod. ant.); gli atti con cui il Consiglio predispone protocolli operativi su base nazionale per concordare con l’Associazione bancaria italiana (ABI) e con la Banca d’Italia modalità di rinegoziazione dei rapporti bancari già in essere con le aziende sequestrate o confiscate (art. 112, co. 4, lett. e) cod. ant.); la sottoscrizione ad opera del Consiglio di convenzioni e protocolli con pubbliche amministrazioni, regioni, enti locali, ordini professionali, enti e associazioni (art. 112, co. 4, lett. m) cod. ant.).

15 Art. 112, co. 5, lett. a) e c) cod. ant.

16 Art. 112, co. 5, lett. b) cod. ant.

17 L’organo è stato istituito dalla L. 17 ottobre 2017, n. 161.

18 Relazione sull’attività svolta dall’A.N.B.S.C., anno 2019, p. 54.

19 Così, Direzione Generale beni mobili e immobili sequestrati e confiscati si occuperà, ex multis, di programmazione, indirizzo operativo, coordinamento e controllo in ordine alle attività di amministrazione, custodia e destinazione dei beni mobili e immobili e di tutte le altre attività conseguenti o comunque connesse. Specularmente, medesime competenze ricadono Direzione Generale aziende e beni aziendali sequestrati e confiscati, chiaramente con riguardo al solo ambito delle imprese.

20 L’articolazione territoriale dell’Agenzia è stata particolarmente controversa ed ha subito alcune modificazioni in occasione delle varie riforme del codice antimafia: con l’attuale versione dell’art. 110, introdotta dall’art. 37, comma 1 del D.L. n. 113/2018, è stata reintrodotta la presenza di 4 sedi secondarie, oltre alla sede principale di Roma.

21 Si guardi alla delibera del Direttore dell’Agenzia del 2 luglio 2019.

22 Si supera così la vecchia impostazione che le configurava quali mere articolazioni della Direzione generale beni mobili e immobili sequestrati e confiscati.

23 La L. 17 ottobre 2017, n. 161, ha disposto un incremento dell’organico dell’Agenzia di 170 unità di personale, portando lo stesso da 30 a 200.

24 Nello specifico, 134 appartenenti alla Terza Area funzionale e 47 alla Seconda Area funzionale.

25 I dati comunicati a questa Commissione dall’A.N.B.S.C. riferiscono che, nel gennaio del 2021, sono 9 le unità di personale dirigenziale non di ruolo operanti per l’Agenzia, di cui 8 con incarichi su posizioni funzionali e un’altra con incarico aggiunto, così portando a 20 le figure dirigenziali complessive. Nella specie, si tratta di incarichi dirigenziali speciali che, ai sensi della L. 17 ottobre 2017, n. 161, operano alle strette dipendenze del Direttore e, dunque, hanno natura sostanzialmente fiduciaria. Con riguardo al personale non dirigente, si evidenzia che, sempre nel mese di gennaio 2021, risultano 79 le unità non di ruolo, di cui 75 in comando ex art. 113 bis cod. ant. e 4 in distacco o assegnazione temporanea, portando così a 137 il numero complessivo delle figure non dirigenziali.

26 Più specificamente, 16 unità sulle 22 di ruolo teorico vanno riferite alla sede di Palermo, le rimanenti 21 sulle 25 di ruolo teorico a quella di Reggio di Calabria.

27 Cfr. Relazione programmatica per il periodo 2021: “Per le 70 unità di personale non dirigenziale per le quali la norma prevede che il reclutamento avvenga mediante procedure selettive pubbliche, in conformità alla legislazione vigente in materia di accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni (art. 113-bis, comma 2-bis, del Codice antimafia), proseguiranno le interlocuzioni con il Dipartimento della funzione pubblica, all’interno della rilevazione della domanda di lavoro pubblico del concorso unico. Al riguardo si evidenzia che nel bando di Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di complessivi 2.133 posti di personale non dirigenziale, a tempo pieno ed indeterminato, da inquadrare nei ruoli di diverse amministrazioni nel profilo di funzionario amministrativo – Area III, posizione retributiva/fascia retributiva F1, o categorie o livelli equiparati, (pubblicato nella G.U. n. 50 del 30 giugno 2020), sono previste 23 unità da inquadrare nei ruoli dell’Agenzia, con il profilo di funzionario amministrativo, Area funzionale III F1”.

28 I dati contenuti nella presente sezione sono tratti dalla Relazione sull’attività svolta dall’A.N.B.S.C., anno 2019, pp. 16 ss., qui consultabile:

https://www.benisequestraticonfiscati.it/dox/Relazioni/RELAZIONE 2019/A.N.B.S.C._RELAZIONE_WEB.pdf

29 Per un totale di 5.677 unità.

30 Si tratta del 48,72% dei Comuni siciliani.

31 Si tratta di 11.006 unità.

32 Si tratta di 14.108 unità su un totale di 17.226.

33 Dati aggiornati a gennaio 2021.

34 Si tratta di 5.644 unità, a fronte delle 5.677 del 2019.

35 E cioè 3.871 beni immobili complessivi.

36 Sul punto, l’A.N.B.S.C. ha comunicato a questa Commissione i dati sulle destinazioni riferiti al quinquennio 2016 – 2020.

37 Si tratta di 2.473 unità immobiliari sulle 2.692 complessive.

38 I dati contenuti nella presente sezione, eccetto indicazione contraria, sono tratti dalla Relazione sull’attività svolta dall’A.N.B.S.C., anno 2019, pp. 34 ss., qui consultabile:

https://www.benisequestraticonfiscati.it/dox/Relazioni/RELAZIONE 2019/A.N.B.S.C._RELAZIONE_WEB.pdf

39 Si tratta del 69,5% del totale.

40 Si tratta di 780 aziende.

41 Più precisamente, 1.024 risultano essere inattive, 399 cancellate, 78 in corso di accertamenti e le rimanenti 432 in liquidazione.

42 L’iter di gestione di un’azienda sequestrata inizia con la preliminare valutazione ad opera dell’amministratore giudiziario, seguita dall’eventuale avallo del Tribunale competente, circa la “sussistenza di concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa dell’attività tenuto conto del grado di caratterizzazione della stessa con il proposto e i suoi familiari, della natura dell’attività esercitata, delle modalità e dell’ambiente in cui è svolta, della forza lavoro occupata e di quella necessaria per il regolare esercizio dell’impresa, della capacità produttiva e del mercato di riferimento nonché degli oneri correlati al processo di legalizzazione dell’azienda” (art. 41, co. 1, lett. c) cod. ant.). Nel caso di giudizio negativo il Tribunale procederà con la messa in stato di liquidazione dell’impresa, oppure, nell’evenienza contraria, si elaborerà un programma di ripristino della compagine, che sarà soggetto all’approvazione dell’A.G. L’amministratore giudiziario provvederà comunque agli atti di ordinaria amministrazione funzionali all’attività economica dell’azienda, con la possibilità, previa autorizzazione del giudice delegato, di affittare l’azienda, o anche solo un ramo, oppure concederla in comodato agli enti, alle associazioni e agli altri soggetti indicati all’art. 48, co. 3, lett. c) cod. ant., alle cooperative previste dall’articolo 48, co. 8, lett. a) cod. ant., o agli imprenditori attivi nel medesimo settore o settori affini di cui all’art. 41-quater cod. ant.. Una volta sopraggiunta la confisca definitiva, si procederà alla destinazione dei beni aziendali, momento conclusivo dell’intera procedura. A mente dell’art. 48, co. 8 cod. ant., essi sono mantenuti al patrimonio dello Stato e destinati, con provvedimento dell’Agenzia che ne disciplina le modalità operative: a) all’affitto, quando vi siano fondate prospettive di continuazione o di ripresa dell’attività produttiva, a titolo oneroso, a società e ad imprese pubbliche o private, ovvero in comodato, senza oneri a carico dello Stato, a cooperative di lavoratori dipendenti dell’impresa confiscata. Nella scelta dell’affittuario o del comodatario sono privilegiate le soluzioni che garantiscono il mantenimento dei livelli occupazionali. I beni non possono essere destinati all’affitto e al comodato alle cooperative di lavoratori dipendenti dell’impresa confiscata se taluno dei relativi soci è parente, coniuge, affine o convivente con il destinatario della confisca, ovvero nel caso in cui nei suoi confronti sia stato adottato taluno dei provvedimenti indicati nell’articolo 15, commi 1 e 2, della legge 19 marzo 1990, n. 55; b) alla vendita, per un corrispettivo non inferiore a quello determinato dalla stima eseguita dall’Agenzia, a soggetti che ne abbiano fatto richiesta, qualora vi sia una maggiore utilità per l’interesse pubblico o qualora la vendita medesima sia finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso. Nel caso di vendita disposta alla scadenza del contratto di affitto dei beni, l’affittuario può esercitare il diritto di prelazione entro trenta giorni dalla comunicazione della vendita del bene da parte dell’Agenzia; c) alla liquidazione, qualora vi sia una maggiore utilità per l’interesse pubblico o qualora la liquidazione medesima sia finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso, con le medesime modalità di cui alla lettera b)”. Tuttavia i beni aziendali, quando si tratti di immobili facenti capo a società immobiliari, possono essere altresì trasferiti, in via prioritaria, “al patrimonio del comune ove il bene è sito, ovvero al patrimonio della provincia o della regione, qualora tale destinazione non pregiudichi la prosecuzione dell’attività d’impresa o i diritti dei creditori dell’impresa stessa. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell’interno e della giustizia, sono determinate le modalità attuative della disposizione di cui al precedente periodo in modo da assicurare un utilizzo efficiente dei suddetti beni senza pregiudizio per le finalità cui sono destinati i relativi proventi e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Il trasferimento di cui al primo periodo è disposto, conformemente al decreto di cui al secondo periodo, con apposita delibera dell’Agenzia” (art. 48, co. 8-bis cod. ant.). In alternativa, “le aziende sono mantenute al patrimonio dello Stato e destinate, senza che ne derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, con provvedimento dell’Agenzia che ne disciplina le modalità operative, al trasferimento per finalità istituzionali agli enti o alle associazioni individuati, quali assegnatari in concessione, dal comma 3, lettera c), con le modalità ivi previste, qualora si ravvisi un prevalente interesse pubblico, anche con riferimento all’opportunità della prosecuzione dell’attività da parte dei soggetti indicati” (art. 48, co. 8-ter cod. ant.).

43 I dati che verranno riportati sono aggiornati a gennaio 2021.

44 Rispettivamente, 9 sono state definitivamente vendute e 2 concesse in affitto.

45 Di cui 643 in fase giudiziaria e 137 colpite da provvedimento di confisca definitiva.

46 Il prefetto Postiglione venne audito dalla Commissione Antimafia dell’Ars della scorsa legislatura l’11 febbraio 2015, due giorni dopo che Repubblica aveva dato notizia dell’indagine per mafia nei confronti di Antonello Montante. Vale la pena annotare che non una sola domanda gli fu posta – dal Presidente e dai Commissari – sull’opportunità o meno che Montante restasse nel direttivo dell’A.N.B.S.C..

Audizione qui consultabile:

http://w3.ars.sicilia.it/DocumentiEsterni/Avvisi_Commissioni/00000015/Resoconto%20stenografico%20seduta%2068%20POSTIGLIONE.pdf

47 Cfr. “Postiglione: “Dimissioni Montante? Sono sue valutazioni” (LiveSicilia, 11 febbraio 2015), qui consultabile:

https://livesicilia.it/2015/02/11/postiglione-dimissioni-montante-sono-sue-valutazioni/

48 La nota era firmata da: Ivanhoe Lo Bello (vicepresidente nazionale di Confindustria); Rosario Amarù (vicepresidente nazionale Piccola Industria); Giuseppe Catanzaro (vicepresidente vicario di Confindustria Sicilia); Nino Salerno (vicepresidente di Confindustria Sicilia); Domenico Bonaccorsi (presidente Confindustria Catania); Giorgio Cappello (presidente Comitato Regionale P.I.); Silvio Ontario (presidente Comitato Regionale G.I.); Salvo Ferlito (presidente Ance Sicilia); Ornella Laneri (presidente Confindustria Sicilia Alberghi e Turismo); I presidenti delle territoriali: Marco Venturi (Confindustria Centro Sicilia); Alfredo Schipani (Confindustria Messina); Alessandro Albanese (Confindustria Palermo); Enzo Taverniti (Confindustria Ragusa); Ivo Blandina (Confindustria Siracusa); Gregory Bongiorno (Confindustria Trapani); Gianluca Gemelli (componente consiglio direttivo di Confindustria Sicilia); Salvatore Navarra (componente consiglio direttivo di Confindustria Sicilia); Giuseppe Todaro (componente consiglio direttivo di Confindustria Sicilia); Carmelo Turco (componente consiglio direttivo di Confindustria Sicilia).

49 Cfr. “Un piano per i beni confiscati” di Nino Amadore (Ilsole24Ore, 1° maggio 2012).

50 Cfr. “Beni confiscati, coinvolgere di più gli imprenditori” di Marco Ludovico, IlSole24Ore, 12 maggio 2012).

51 https://www.glistatigenerali.com/wp-content/uploads/2015/02/T.S.C.S.atto-costituzione.pdf

52 Cfr. “Marchio di legalità e contratto di rete le armi per il rilancio” (IlSole24Ore, 29 ottobre 2018).

53 Cfr. Lotta alla criminalità organizzata: una Holding per le aziende confiscate di Ivan Cimmarusti (IlSole24Ore, 29 ottobre 2018).

54 Cfr. “Antimafia, nasce la holding dei beni confiscati” di Ivan Cimmarusti (Il Sole 24 Ore, 19 gennaio 2019).

55 Strategia nazionale per la valorizzazione dei beni confiscati attraverso le politiche di coesione (GU Serie Generale n. 55 del 6 marzo 2019).

56 Cfr. Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, XVIII Legislatura, seduta n. 29 del 10 luglio 2019, qui consultabile:

http://www.parlamento.it/service/PDF/PDFServer/DF/347466.pdf

57 Sul punto il prefetto Frattasi nel corso della sua audizione dinanzi questa Commissione aveva dichiarato: “Naturalmente vedo con molto interesse alla procedura concorsuale che ci dovrà dare 70 unità. Abbiamo già individuato i profili professionali che vogliamo portare all’interno dell’Agenzia, profili professionali che spaziano in varie aree, quella giuridica, quella economico-finanziaria, quella tecnico-informatica e così via, quindi per individuare nell’ordine appunto delle 70 unità, le expertise che sono necessarie per dare maggiore efficacia ed efficienza all’azione dell’Agenzia”.

58 Cfr. Task force nelle prefetture: nuova governance all’Agenzia di Ivan Cimmarusti (Il Sole 24 Ore, 20 luglio 2019) e Aziende confiscate alla mafia, solo una su cinque sopravvive di Marco Ludovico (Il Sole 24 Ore, 20 luglio 2019)

59 Il portale “Aziende confiscate” è stato presentato nel novembre 2019. Così come illustrato nella presentazione contenuta all’interno del sito istituzionale), detto portale nasce da un progetto dell’Unione Italiana delle Camere di Commercio Industria e Artigianato (Unioncamere) in partnership con l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati (A.N.B.S.C.), finanziato dal Programma Operativo Nazionale “Legalità” 2014-2020 del Ministero dell’Interno. Tale iniziativa trova fondamento nel principio dell’amministrazione aperta o open government, vale a dire un modello di amministrazione che cerca di rendere procedimenti e decisioni più trasparenti e aperti alla partecipazione dei cittadini, in coerenza con l’Agenda Digitale e la Strategia per la Crescita Digitale 2014-2020.

Qui consultabile:

(https://aziendeconfiscate.camcom.gov.it/odacWeb/home

Da menzionare è inoltre l’iniziativa avviata da Frattasi nel gennaio 2020 sul versante della sperimentazione di sistemi di rating reputazionale digitalizzato per rafforzare il sistema di prevenzione antimafia. Sul punto cfr.:

https://www.adnkronos.com/antimafia-digitale-rating-reputazionale-per-rafforzare-sistema-prevenzione_UAe9MLz0s6riPGkC5rwX0?refresh_ce

61 Cfr. “Aziende confiscate a raggi x – Obiettivo: legalità e mercato di Marco Ludovico (Il Sole 24 Ore, 25 luglio 2019).

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