venerdì, Dicembre 12, 2025

mafia

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Trent’anni di normalità

All’inizio dell’anno, il trenta gennaio, un po’ di associazioni sono scese in piazza: “Via i Bianco, via i Ciancio, fuori la mafia dal comune!”. Altre no. Per molta antimafia “perbene” in fondo va bene anche così. Inaugurare, commemorare, fare discorsi, questo sì. Ma in piazza, a fare opposizione e denuncia, questo no. Intanto la città muore un giorno dopo l’altro. Di mafia, parola screanzata, si parla raramente, e a voce bassa.

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Ombre sul Consiglio comunale

La signora prefetto di Catania, Maria Guia Federico, non nega che alcuni consiglieri siano imparentati con personaggi vicini a cosa nostra ma questa parentela “non ha influenzato in nessun modo le decisioni del Consiglio comunale stesso” dice, e quindi è inutile fare altre indagini. Sulla base di cosa lo sostiene? Non ci è dato saperlo.

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Una partigiana con “I Siciliani”

Tina Anselmi ci ha aiutato molto, noi de “I Siciliani”, quando lavoravamo ai rapporti fra mafia e P2 e più in generale su tutto ciò che il professor Giuseppe D’Urso – uno dei nostri maestri – definiva, già nell’85, “massomafia”. Non siamo riusciti, con le nostre povere forze, a fermare il nuovo regime che si stava impadronendo dell’Italia. Ma abbiamo fatto il possibile, e continuiamo a lottare.

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Una sera tragica a Porto Empedocle

Una sera di fine estate di trent’anni fa, un’anziana coppia gustava il gelato, comodamente seduta al tavolino di un bar di via Roma a Porto Empedocle. Quando fu atterrita (non so dire se per la prima volta nella sua storia) da una strage di mafia. I colpi della mitraglietta fecero un’altra vittima innocente dentro il bar. Il giovane Filippo Gebbia vi si trovava con la fidanzata per una bibita. Aveva trent’anni, una vita davanti, un lavoro da poco trovato e un matrimonio alle porte.

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Mafie nel Vastese

L’isola felice che esiste solo nelle menti complici

Un mese fa abbiamo sentito e letto di tutto. Abbiamo visto chi non ha mancato l’occasione per la sua campagna elettorale perenne. E anche chi, improvvisamente, si è svegliato dal “Paese delle meraviglie” ed è uscito dal bosco di Biancaneve. “No, ma veramente, la mafia qui, nel nostro territorio?! Ma come è possibile? Non me l’aspettavo!”.

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Luogo della memoria dimenticato

Bagheria è una città piena di arte e di cultura ma tristemente famosa per la sua forte componente mafiosa che ha impoverito e distrutto il tessuto sociale. Nella zona periferica a nord della città, vicino lo svincolo autostradale, sorgono gli ex magazzini dell’industria del ferro (ICRE) appartenenti ad uno dei capo mafia bagheresi N.G. che durante gli anni di piena attività di cosa nostra servivano da quartier generale e purtroppo, dalle confessioni del pentito Giuffrè, un campo di sterminio della mafia, in cui venivano condannati e giustiziati coloro che dissentivano o non pagavano il pizzo.

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