martedì, Dicembre 10, 2024
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Tra i cantieri “per non fare morire di caldo”

Con la Fillea CGIL tra gli operai per fermare i lavori e tutelare la salute nelle ore più calde.


In tempi recenti, non si è mai lavorato così tanto nell’edilizia qui a Catania. Girano il doppio dei soldi. Ma non possiamo permettere che queste risorse vadano ai soliti noti: affaristi, speculatori, mafiosi. Abbiamo il compito di sorvegliare sulla qualità dello sviluppo urbanistico e abbiamo il dovere di tutelare i lavoratori, i loro diritti, i loro salari, la loro sicurezza”. Vincenzo Cubito è il Segretario del sindacato degli edili di Catania. Quando pronuncia queste parole è davanti all’ex cementificio di Catania, per denunciare l’ennesimo caso di speculazione edilizia. Le ripete al Giardino di Scidà, bene confiscato alla mafia affidato ai Siciliani giovani, nel giorno di Paolo Borsellino.

La Fillea Cgil ha la sua sede alla camera del lavoro. Tre stanze, strapiene di carte e computer, una scrivania ad ogni angolo. La segreteria è tutta composta da ragazzi. I telefoni suonano di continuo: pratiche, richieste, vertenze. Ma ora l’emergenza è il caldo nei cantieri.

Le regole ci sarebbero ma i controlli mancano. Il sindacato fa quello che dovrebbero fare le istituzioni. Così i sindacalisti della Fillea diventano ispettori, nella speranza che le istituzioni intervengano davvero. Li abbiamo seguiti.

Da quando è scattata l’allerta meteo, partiamo da qui alle 7 del mattino. Ognuno di noi ha un’area di competenza. Andiamo nei cantieri per parlare con i lavoratori, per controllare se nel cantiere sono state predisposte le misure per tutelare la salute di chi lavora”.

Nessun lavoratore esposto al sole deve rimanere isolato. Nei lavori per il raddoppio ferroviario, per esempio, ci sono casi nei quali un lavoratore potrebbe essere distante anche chilometri dal primo collega. Questo non può avvenire. Nessuno sarebbe in grado di dare l’allarme e intervenire in caso di collasso”. “Serve l’acqua da bere ma anche da buttarsi addosso. Per abbassare la temperatura”. “Devono essere previste delle turnazioni tra i lavori al coperto e quelli all’aria aperta. In modo da alternare momenti di esposizione al sole con momenti al riparo”. “Ma ciò che oggi è più importante, ma anche più difficile da ottenere dai datori di lavoro, è la rimodulazione dell’orario di lavoro. Con l’anticipo dell’ingresso in cantiere all’alba”. “La legge sarebbe dalla nostra parte. L’INPS consente alle aziende di usufruire della cassa integrazione in caso di giorni di caldo, con temperature che superano i 35 gradi. Ma è rarissimo che lo facciano”.

Funziona così.

Oggi siamo partiti alle 7. Io sono andato alla zona industriale, in cinque cantieri. Alcuni giorni sono di più, altri di meno. Dipende da quanto tempo si passa in un cantiere, se ci sono problemi, discussioni, oppure no. All’inizio si passa dai vigilanti. Ti presenti come sindacato. Ti intimano di non entrare e allora dici di dover parlare con un responsabile. Prime tarantelle, pressioni, persuasioni. Alla fine si presenta il capo cantiere. E lì inizia la battaglia per fare rispettare le norme sulla sicurezza e chiedere una rimodulazione dei lavori, la cassa integrazione”.


“Oggi uno mi ha detto, nel pieno disprezzo della legge, che si sarebbero fermati solo sopra i 40 gradi. Ce n’erano 43. Non si sono fermati. Gli ho fatto presente che stavano infrangendo la legge. Ha detto che avevano tempi stretti per consegnare i lavori. Gli ho risposto che il prezzo non poteva essere la vita dei lavoratori. Indispettito mi ha detto che ci avrebbe riflettuto. Era in una baracca con il climatizzatore acceso, il telecomando diceva 16 gradi”.

Abbiamo insistito, con forza. In quel cantiere non si lavorerà nelle ore più calde, per ogni ora ci saranno dieci minuti di pausa in un locale climatizzato e si lavorerà a turno nelle zone coperte e meno calde”.

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