sabato, Luglio 27, 2024
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Mafia-Stato La trattativa continua ora

Per la cronaca, il direttore Paolo Maria Quattrone è morto suicida nel luglio del 2010 dopo essere stato rinviato a giudizio per abuso d’ufficio, nell’ambito di un’inchiesta sui lavori di ammodernamento del carcere di Cosenza. A difenderne la memoria sono scesi in campo i familiari che in una lettera aperta hanno definito come ridicole, oltraggiose e vergognose le parole di Cattafi. “Il dottor Quattrone è sempre stato un leale e integerrimo uomo di Stato, di Giustizia e di Cultura”, hanno spiegato. “Dalla ‘ndrangheta ha ricevuto numerose intimidazioni e attentati. Il più grave, una bomba esplosa nella sua camera da letto, quando dirigeva il carcere di Reggio Calabria. L’allora capo del Dap, Nicolò Amato, per salvargli la vita lo trasferì a Sollicciano”.

Nicolò Amato ha ricoperto l’incarico al Dap fino al 4 giugno 1993 quando fu sostituito da Adalberto Capriotti. Originario di Messina, animatore negli anni ’50 dell’associazione “universitaria” Corda Fratres insieme a Franco Antonio Cassata (odierno Procuratore generale della città dello stretto) e Francesco Paolo Fulci (poi ambasciatore a Washington e alla Nato e, negli anni delle stragi mafiose, direttore del Cesis, il comitato esecutivo dei servizi segreti), Amato ha poi intrapreso l’attività di avvocato. Tra i suoi assistiti, secondo Massimo Ciancimino, il padre don Vito “su consiglio del generale Mario Mori”.

Adesso Nicolò Amato sostiene che fu proprio Francesco Di Maggio a non volere avuto il rinnovo del 41bis contro i mafiosi nel novembre del ’93. “Amato nulla ha saputo (o voluto o potuto) dire, però, su un documento, da lui redatto nel marzo 1993, nel quale veniva sollecitata la messa in mora della normativa sul carcere duro per i mafiosi”, rilevano l’avvocato Fabio Repici e Marco Bertelli in una documentata inchiesta giornalistica. “Quella nota dell’ex capo del Dap faceva riferimento ad orientamenti già emersi il 12 febbraio 1993, lo stesso giorno dell’insediamento di Conso al posto di Martelli in via Arenula, nel corso di una seduta del comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica (…) Nei verbali di quel comitato, risulta che fu lo stesso Nicolò Amato a sollecitare un alleggerimento del 41bis”. E i giochi in quei tragici giorni delle stragi si fanno ancora più torbidi.

Nelle carte della Procura palermitana sulla trattativa Stato-mafia si ripete, troppo spesso, il nome del senatore Marcello Dell’Utri, una condanna in appello per concorso esterno in associazione mafiosa annullata con rinvio dalla Cassazione. Dell’Utri, per gli inquirenti, potrebbe essere stato uno dei maggiori “intermediari” con Cosa nostra che cercava d’imporre gli obiettivi del papello minacciando altro sangue dopo Capaci e via d’Amelio.

Nel biennio 92-93, secondo alcuni collaboratori di giustizia, il manager di Publitalia sarebbe stato un visitatore abitudinario del messinese. Maurizio Avola ha riferito di avere accompagnato nel 1992 a Barcellona Pozzo di Gotto il boss Marcello D’Agata per un appuntamento con Dell’Utri. Nel corso di un interrogatorio davanti ai Pm di Catania e Caltanissetta, Avola ha pure accennato ad un incontro avvenuto – sempre a Barcellona – tra Marcello Dell’Utri e i boss catanesi Aldo Ercolano, Nino Pulvirenti e Benedetto Santapaola.

Gli inquirenti hanno accertato che nel periodo compreso tra il 1990 e il 1993, Marcello Dell’Utri ha realizzato ben 58 viaggi aerei tra Roma e la Sicilia, di cui ben 34 da e per Catania nel solo 1992. Nella loro requisitoria al processo contro il braccio destro di Silvio Berlusconi, i pubblici ministeri di Palermo riportano che, quando Santapaola era ospite dei clan barcellonesi, Rosario Cattafi si teneva in contatto con l’utenza in uso a Giuseppe Gullotti. “E non deve sfuggire che lo stesso Cattafi è stato identificato come soggetto più volte chiamato da persone appartenenti al circuito del Dell’Utri, cioè da persone entrate con lui in contatto telefonico od esistenti nelle sue agende”, specificano i pm. Sempre e ancora Cattafi. E l’inferno di Barcellona Pozzo di Gotto.

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