giovedì, Aprile 25, 2024
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Diario dalla rete dei Siciliani giovani

Da Ravenna a Ragusa, un diario collettivo sull’informazione, il territorio, la cosa pub­blica, e i ragazzi di Fal­cone

“Posso rubare questi pennini ai bambi­ni, per scriverci sul mio quader­no?”.

Scendiamo le scale, dalla stanzetta del­la foresteria del Gapa, dove né finita la riunione della redazione catanese dei Si­ciliani Giovani, mentre lo chiedo timida­mente a Paolo e Marcella. In fila giù per le scale ci sono Vincenzo, Riccardo, Alessandro, Luciano e Giovanni. Paolo mi guarda infastidito.

“I pennini sono dei bambini” fa. E giù. Al Gapannone oggì c’é festa di fine anno delle attività del Gapa. Un centinaio di ragazzetti, di volontari, le famiglie felici che si riuniscono attorno al Gapa da due decenni.

In foresteria mentre discutiamo gli arti­coli, Vincenzo accenna a organizzare a Catania un festival dell’Informazione. Non ha detto molto, quando l’idea è già stritolata da un’osservazione.

“Dovremmo contattare i ragazzi di Ra­venna, oltre a quelli del Clandestino di Ragusa”.

– Quelli dello Zuccherificio, come lo hanno organizzato? Quali contenuti? Chi hanno invitato?

“Sarebbe utile metterci in contatto con loro, coinvolgerli in una rete più stretta, che ne dite?”.

– Guarda qui, è il dépliant del conve­gno, l’hanno intitolato il Grido della Far­falla.

La riunione di redazione

La riunione della redazione è stato il pretesto per conoscere i nuovi redattori, perché da un pezzo avevo deciso di stac­care. Passati tanti mesi, ora mi ritrovo a discutere le pagine del giornale. Il grup­po si sta formando attorno al coordina­mento di Giovanni, che da un angolo del­la stanza ascolta gli interventi e risponde e chiede. Le tante stagioni, e le tante lotte non gli hanno diminuito la resistenza.

“Alessandro, pensi di riuscire a trovare delle testimonianze da Istanbul, per il fo­tografico?”. E Alessandro ci spiega in due parole. Poi Giovanni riparte: “Vin­cenzo, sei riuscito a trovare quella fonte per il pezzo su Catania?”.

In tutti loro c’é voglia di mettersi a la­voro presto. Mentre discutiamo, mi viene in mente il vecchio gruppo di redattori, di Lavori in corso, che ormai ha preso una piega diversa. Sta lavorando a un paio di dossier. I gruppi cambiano, in questo ci sono le sconfitte e le elabora­zioni, le distinzioni, e le idee diverse. Re­stano le relazioni.

Luca da Roma, con ordinaria precarie­tà, aiuta Riccardo. Ric­cardo litiga perio­dicamente con Piero. Maurizio e Cono e le foto che mandano di tanto in tanto per il giornale. Sonia continua con i video sociali. Rosalba, e Giuseppe, e Massimi­liano, a capo della fitta traverse da cui sono venuti, e con coerenza.

Il più disgraziato e incoerente, io, nella schiavitù della distribuzione pubblicita­ria. Volantini, per intenderci. Per fare dalle venti alle quaranta euri al giorno, e prima o poi andare a fare la maradona di New York. Ma alienato molto. Quanto basta per leggere il giornale troppo velo­cemente. Per smettere di leggere un arti­colo. Per fare una telefonata. Per andare ad un incontro cittadino. Per fare la foto di una strada, o scrivere un pezzo un paio di volte. Può succedere di svoltare peri­colosamente a destra, senza accorgerse­ne. Ma peggio se c’é consapevolezza e dolore, quando ti accorgi che lottare un sistema può farti diventare irrevocabil­mente povero.

“Hai vinto un premio, andiamo!”

Un giorno poi era arrivata una telefo­nata. E’ Riccardo:

“Telefona a Norma, puoi?”.

– Perché?

“Ti hanno dato un premio per il giorna­lismo”.

– A me? Ma chi?

Ho litigato furiosamente con Riccardo quel giorno. Ma lasciamo stare. In un paio di giorni avevo raccolto i soldi per partire. Complice mio fratello:

“Ma come non vai, vuoi smetterla con questa storia del lavoro?”.

– Ma…

“I soldi non sono un problema.

– Ah si!

“Hai vinto un premio, andiamo!”.

Così comincia quella “vacanza” conces­sa da un gruppo di amici. Passare qualche giorno a Ravenna, per partecipa­re al Fe­stival sull’informazione libera, e poi a Bo­logna, a Firenze e al ritorno a Baghe­ria, vicino Palermo, per infligger­mi “un ‘ulti­missima” crisi, necessaria per ritorna­re a ragionare sulla cose di tutti.

Partendo, e “regredendo” dalla vita pri­vata a quella pubblica, mi pongo delle do­mande. Il progetto del giornale, ad esem­pio? E la mia vita, il lavoro? Come faccio a mettere insieme le cose? Il gior­nale vuol mettere in rete, i gruppi di in­formazione locali. Ma io ci credo? Quan­to è difficile quell’aderenza alla precarie­tà delle singole persone, dei singoli grup­pi, dei giornali dell’informazione diversa e ribelle?

Un pensiero su “Diario dalla rete dei Siciliani giovani

  • Bel pezzo! Diciamo, per essere più specifici che il gruppo Lavori in corso non si è diretto da nessuna parte, nesssun dossier. Si è piegato per formare un cerchio. I cerchi non si spezzano di solito, se hanno coscienza della loro forma. Evidentemente questo non ce l’ha fino in fondo. In bocca a lupo per tutto e mi dispiace di non essere dei vostri al momento.

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