martedì, Marzo 19, 2024
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“Scusi, lei è favorevole o contrario?” Amici e nemici della libertà di stampa

Carlo Ruta è un ricer­catore, e un blogger, a cui è stato chiuso d’autorità il sito. Lui si è opposto. Dopo una lunga battaglia, alla fine la Cassazione gli ha dato ragione. Vedia­mo, in questa emble­matica storia, chi è stato per la libertà e chi contro

Sulla chiusura forzata del sito di Carlo Ruta si sviluppò a suo tempo un dibatti­to, che oggi è interessante rive­dere, sul mestiere di giornalista, sulle garanzie per chi lo esercita e in gene­rale sui limiti della libertà di stampa. Alcuni presero – all’inizio isolati – po­sizione a favore della libertà del gior­nalista, in questo caso Carlo Ruta. Al­tri giustificarono l’operato di chi inve­ce, invocando una opinabile interpre­tazione della legge, chiuse d’autorità una voce che risultava oggettivamente molto scomoda per i poteri locali.

FAVOREVOLI/

“TRE COSE PROPRIO DA GIORNALISTA”

La Catena di San Libero, una delle pri­me e-zine italiane, intervenne da subi­to contro l’imbavagliamento del lavoro giornalistico di Carlo Ruta

Catena di S.L., 14 marzo 2005 n. 275

“Ancora giù in Sicilia”. I nostri lettori hanno il privilegio, rispetto a quelli di al­tri giornali, di conoscere la storia di Car­lo Ruta, un giornalista siciliano (della Si­cilia più profonda: Ragusa) che, su un miserabile sito di provincia, ha fatto tre cose proprio da giornalista.

1) Ha riaperto le indagini sull’assassi­nio di Giovanni Spampinato, il locale corrispondente de L’Ora che proprio a Ragusa venne assassinato per quel che scriveva, molti anni fa, mentre stava in­dagando sui rapporti fra mafia e estrema destra terrorista. A ucciderlo fu un fasci­sta, di una delle principali famiglie della Ragusa-bene. Gl’inquirenti indagarono poco e male, le complicità e i legami ri­masero inesplorati. Il caso fu però ripre­so da Luciano Mirone (dei Siciliani) nel suo libro “Gli insabbiati” e, più di recen­te, da Ruta. Scatenando reazioni violen­tissime nel ceto notabilare – che è sempre lo stesso – della lontanissima e tranquilla città siciliana.

2) Ha aperto un’inchiesta sui collega­menti e le amicizie di alcune grosse ban­che del ragusano. Non solo siciliane ma anche nominalmente “continentali”. E’ stato – giustamente – querelato: l’istituto della querela serve proprio a stabilire, davanti alla legge e in un giudizio impar­ziale, chi ha torto e chi ha ragione in que­sti casi. Il processo però è è cominciato in modo abbastana eccentrico: a richiesta dell’avvocato delle banche – dunque una delle parti che teoricamente dovrebbero essere uguali – il sito di Ruta è stato senz’altro sequestrato e il suo contenuto distrutto, prima di una qualsiasi sentenza in qualsiasi direzione. Un provvedimento “strano”, senz’altro molto inusuale e co­munque passato inosservato a causa della lontananza e al fatto che Ruta non è Enzo Biagi nè Santoro.

3) Ha accumulano nel sito alcune mi­gliaia di documenti – giudiziari e giorna­listici – sulla storia della mafia siciliana. Questi documenti sono stati tranquilla­mente distrutti, insieme al resto, con la chiusura del sito. Pazientemente, gli ami­ci di Ruta ne hanno ricollazionato la maggior parte, e li hanno riofferti a un pubblico su un nuovo sito. La partita si è dunque riaperta. Una partita pericolosa, per l’establishment locale, dal momento che i materiali di Ruta sono difficilmente contestabili e hanno ricevuto l’approva­zione, oltretutto, di storici e giornalisti storici della sinistra siciliana: Fidora, di­rettore de L’Ora, Casarrubea, storico del caso Giuliano, e altri amcora. “A dispetto di tutto, le inchieste aperte sulle banche, le istituzioni forti, i potentati, gl’insoluti giudiziari dell’isola, verranno continuate e portate a termine senza dover rinunzia­re a una virgola. Si insisterà a lavorare con la disposizione consueta con il dovu­to rispetto per le persone, la verità, le cose”.

* * *

La notte fra il 4 e il 5 marzo, sotto casa di Ruta, gli viene rubata l’automobile (di non grande valore: i ladri evidentemente erano d bocca buona) contenente alcune centinaia di copie di “Morte a Ragusa”, il libro sul caso Spampinato, che erano at­tese per l’indomani dalla distribuzione.

Io considero quest’episodio assoluta­mente esplicito: ai miei tempi, nelle pro­vincie più tradizionalmente ma­fiose, si sarebbe chiamato “un avverti­mento”.

Delle due grandi inchieste di Ruta una, quelle sulle banche, ha un carattere clas­sicamente giornalistico e come tale do­vrebbe essere difesa, al di là delle opinio­ni politiche, da chiunque abbia minima­mente a cuore la libertà d’infor­mazione. L’altra, quella sul caso Spampi­nato, non solo ha un carattere giornalisti­co “fred­do” ma anche, con ogni eviden­za, un ca­rattere “politico” e – scusate la de­sueta parola – antifascista.

Di che si tratta, infatti? Dell’assassinio di un giovane compagno, redattore del giornale del Pci, perpetrato da estremisti fascisti nel quadro di un establishment baronale e di una mafia diffusa. Certo, non un argomento simpatico per i partiti di destra che oggi in Sicilia godono di un potere non da poco. Ma come mai i parti­ti della sinistra (specie quelli ex-Pci: Ds, Rifondazione, Comunisti italiani) non sentono il bisogno *morale* di interveni­re sulla vicenda? Stavolta non c’è la “scu­sante” del caso Catania, in cui venivano “qualunquisticamente” inchiestati destra e sinistra. Stavolta tutte le vittime – vive e morte – sono incontestabilmente di sini­stra, e tutti i violenti sono esplicitamente di destra. Cos’è, anche Ruta “fa di tutt’erba un fascio”? E’ “qualunquista”? O i segretari e deputati di Ds, Rifondazione e Comunisti italiani sono ormai tanto pri­vi di sensibilità civile, hanno tanto getta­to via la loro memoria storica, da non percepire nemmeno la drammaticità umana e politica di un simile caso?

* * *

Io non faccio più appello al sindacato dei giornalisti, che in Sicilia non esiste (per documenti e moduli ci si rivolge di­rettamente all’addetto stampa di Cuffa­ro) e che a Roma e Milano è ben lontano da queste povere e periferiche cose. Non faccio appello alla libertà di stampa, che in Italia vale ormai quanto vale, nè alla coscienza civile e democratica – come si diceva una volta – di chi sta nelle istitu­zioni. No, faccio appello esclusivamente all’interesse di partito più egoistico (visto che altro ormai non intendono) dei segre­tari regionali di Ds, Rifondazione Comu­nista e Comunisti italiani e ai rispettivi deputati e senatori. S’incontrino, pensino per un momento a ciò da cui discendono – a Licausi, a Miraglia, ai sindacalisti an­timafiosi – e facciano il loro dovere in questa incredibile storia sostenuta finora dal solo Carlo Ruta.

* * *

(Appendice. Elenco dei giornalisti as­sassinati in Sicilia dal dopoguerra in poi: Alfano Giuseppe, Cristina Cosimo, Di Mauro Mauro, Fava Giuseppe, Francese Mario, Impastato Giuseppe, Rostagno Mauro, Spampinato Giovanni. L’elenco è tratto dall’unico libro finora apparso sull’argomento, “Gli insabbiati” di Lucia­no Mirone – ovviamente anche lui disoc­cupato e senza redazione).

Bookmark: www.leinchieste.com

Info: carlo.ruta@tin.it

Solidarietà: c.c.p. 52625597 intestato a Edi.­bi.si., via Ungaretti 46, Poz­zallo.

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