martedì, Aprile 16, 2024
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Moschea casa comune

“Sono più le cose che ci unisco­no che quelle che ci dividono”

 È a Catania che nel 1980 si inaugura la prima moschea italiana poi in se­guito abbandonata, per arrivare al 15 dicembre 2012, data in cui viene inaugurata la più grande nel sud Italia, la “moschea della Misericordia”.

Cosa rappresenti per i fedeli la possibilità di riunirsi in un luogo familiare, un luogo che sia accogliente e sicuro, è facile da immaginare.

Oggi più di ieri l’Islam, grazie ad una maggiore facilità di migrazione per i più abbienti, ma purtroppo spesso difficoltosa e mortale per i meno (come per chi attraversa il canale di Sicilia in un barcone), si pone in uno spazio territoriale che è multiplo e non delimitato ai paesi d’origine.

Per fare in modo che il musulmano non si ritrovi privato di un solido lega­me tra la sua religione e la società che lo circonda, bisogna che l’Italia dia voce alla sua vera natura costituzionale: la laicità. Nessuno insegna a ri­cambiare il saluto islamico di un bambino musulmano, ma il bambino mu­sulmano impara da subito cos’è il segno della croce.

Raccontati dal Collettivo Scatto Sociale

Se “tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di eserci­tarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume (art. 19 della Costituzione)”, perchè in Italia ci si oppone con fervore e puntualmente alla costruzione di moschee come luoghi di culto? Per ignoranza? Paura dettata dai media che propongono slogan divisori ed intimidatori come “Moschea e Terrorismo”, “Islam e Kamikaze”?

Basterebbe abbandonarli questi slogan per scoprire invece che esiste una “normalità” musulmana. E questa normalità l’hanno voluta raccontare un gruppo di fotografi catanesi, il Collettivo Scatto Sociale, alla loro prima mostra “ISLAM: Viaggio all’interno della moschea di Catania”. La scelta del luogo come prima presentazione al pubblico è stata il GAPA, associazione che dal 1988 è socialmente attiva nel quartiere popolare di S.Cristoforo. Qui il gruppo ha partecipato al primo Corso di Fotografia Sociale e Giornali­stica organizzato da“I Siciliani giovani” e “I Cordai”. Ed è al GAPA, oltre che in altre associazioni, che il Collettivo è impegnato in attività di volontariato.

Un’integrazione semplice e naturale

All’inaugurazione eravamo in tanti ma particolarmente gradita è stata la partecipazione della comunità musulmana, felice di riconoscersi protagoni­sta nelle foto presentate. L’ Imam della comunità etnea Keith Abdelhafid ha ribadi­to che la Moschea è un luogo di incontro e di preghiera, dove tutti sono benvenuti. “Sono più le cose che ci uniscono che quelle che ci dividono”, ha detto.

Riconoscerle e dar loro vita renderebbe questo processo d’integrazio­ne molto più semplice e naturale.

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