venerdì, Aprile 19, 2024
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ASP..etta e spera

Dal quindici settembre l’Asp di Catania rischia di mandare a casa quarantasette lavoratori.

“Lavoriamo per la Wami-Olomedia. A dicembre l’azienda si è aggiudicata la gara d’appalto dell’Asp di Catania, diventando il centro unico di prenotazioni per le visite. Abbiamo dovuto imparare l’utilizzo di nuovi sistemi e questo ci ha all’inizio messo in difficoltà, ma pian piano stavamo ingranando.” racconta Rachele (nome di fantasia) spostando una ciocca di capelli neri dietro l’orecchio; la voce tradisce un velo di rammarico per l’incredibile disavventura capitata a lei ed agli altri quarantasei operatori telefonici del numero verde. Si pensa che una commessa, non gestita dai privati, garantisca efficacia, trasparenza e sicurezza e forse sarà così altrove, ma in Sicilia la cosa pubblica non è mai esente da interessi personali.

“Eravamo carichi ed avevamo voglia di svolgere bene il nostro lavoro, ma i problemi sono cominciati sin da subito. Sulle duemilacinquecento/tremila chiamate giornaliere previste, il primo giorno si è arrivati a picchi di diciotto/ventimila. Quando eravamo fortunati, si aggiravano intorno alle seimila, ma sempre comunque il doppio delle telefonate.” interrompe Gustavo (nome di fantasia), agitando il pugno in aria. “La cosa più assurda è stata prenotare per medici in pensione o addirittura deceduti, perdevamo tempo su tempo perché l’Asp rettificava le agende fornite, senza darci spiegazioni, e noi poi eravamo costretti a riprendere le vecchie pratiche, garantendo questa volta la visita con qualcuno che fosse almeno ancora in vita.”- continua Gustavo sorridendo – “Ci siamo poi resi conto che tutte le strutture legate all’Asp hanno continuato ad usare il vecchio software; non solo dovevamo gestire un numero di chiamate esorbitanti, ma dovevamo lavorare anche su due sistemi, se volevamo far comparire le prenotazioni agli ospedali. Siamo passati da venticinque a quarantasette dipendenti, e nonostante questo non siamo riusciti a fare fronte a tutte le telefonate.”

“Col virus le cose non sono che peggiorate” aggiunge Gloria, seduta più in disparte. “Facciamo vari tipi di prenotazioni: urgenti, brevi, programmabili, differite ed intramoenia, le visite a pagamento. Abbiamo dovuto sospendere tutte le programmabili che rappresentano il cinquanta percento delle prenotazioni totali. Le urgenti e le brevi, invece, costituiscono il venticinque, però per evitare assembramenti nelle sale d’attesa e per sanificare gli ambienti tra una visita e l’altra, su dieci slot liberi, solo cinque, se non quattro erano disponibili.”

“Continuavano a telefonare ma non potevamo prenotare e delle volte ci siamo beccati degli insulti: la gente non lo sa, ma seguivamo solo le direttive dell’Asp.” dice Gustavo. “Il venticinque maggio Musumeci annuncia il progressivo riavvio dei servizi, ma non è mai avvenuto, solo da agosto è possibile riprenotare le differibili. Il volume delle telefonate però risaliva ed i costi per gestire il numero verde pure, ma noi non fatturavamo.”

“Come già preannunciato dall’assessore Razza, la gara d’appalto ci è stata tolta e dal quindici settembre saremo disoccupati. Vogliono internalizzare quaranta operatori formati da noi, siamo gli unici, infatti, a saper usare il nuovo software.” spiega Rachele. “Abbiamo avuto gli stipendi di marzo ed aprile solo perché il call center ha richiesto l’anticipo della fatturazione dell’ottanta percento. Ora facciamo volontariato per non far finire nei guai il nostro capo che rischia il penale, sappiamo che sta cercando di vendere delle case per garantirci la paga, ma non ci sembra giusto e così ci siamo rivolti al sindacato per evitare di perdere il posto di lavoro.”

“Vogliamo che l’Asp risponda a due semplici domande.” – chiarisce Concetto Sicali, segretario della Uilcom, – “Perché non ha pagato? E soprattutto, dal quindici settembre queste quarantasette famiglie, cosa faranno?”

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