venerdì, Aprile 26, 2024
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Affittasi diritto allo studio

Enza Cannizzaro

Studentesse e studenti  dalla Sicilia a Roma: qui, studiare da fuorisede è una cosa ma vivere da fuorisede un’altra. Andando a studiare “nel continente” si trova (di solito) una migliore didattica e formazione, ma una serie di disagi e difficoltà che in pratica vanificano tutto quanto: contratti, condizioni e costi delle abitazioni. E la nostra regione?. Continua l’inchiesta dei Siciliani giovani sulla vita e le avventure di noi fuorisede

 

Siamo a Roma, la città in cui ho scelto di vivere e studiare quando ho deciso di lasciare la Sicilia per iscrivermi alla Sapienza. Come me lo hanno fatto migliaia di altri studenti fuorisede. Ad un campione di circa 50 studenti fuori sede ho chiesto di partecipare alla nostra indagine e rispondere ad alcune domande riguardanti costi, contratti e condizioni delle loro stanze in affitto e tanto altro. Prima di conoscere le loro risposte una cosa possiamo dirla subito riguardo il costo degli affitti: per quanto la Sapienza abbia diverse sedi sparse in varie zone della città più o meno decentrate, è la vicinanza alla facoltà ad influenzare i costi degli alloggi per studenti e non la zona in sé.

Uno degli otto corsi di laurea in medicina – ad esempio – si svolge presso l’ospedale Sant’Andrea, sul Grande Raccordo anulare (uscita Cassia), praticamente fuori città. Eppure, le spese di affitto di una stanza vicino al Sant’Andrea sono le stesse di quelle offerte in abitazioni vicine alla Città Universitaria (San Lorenzo/ Piazza Bologna), dove si trova la maggior parte delle facoltà, o a centralissime sedi distaccate come Ingegneria (Colosseo) o Architettura (piazza Borghese). Beh, la parola a noi studenti.

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“Quanto costa una stanza singola o un posto letto in camera condivisa?”

A questa domanda un ragazzo o ragazza su otto risponde di condividere un posto letto in camera doppia a un prezzo medio di 350 euro al mese. “Ma questo prezzo – aggiunge – non rispecchia le condizioni della casa”. La restante parte occupa una stanza singola pagando tra i 400 e i 600 euro mensili.

Anche qui, la maggior parte afferma che il costo d’affitto non rispecchia le condizioni della casa. In entrambe le situazioni, nove ragazzi su dieci affermano che nel prezzo dell’affitto non sono inclusi i costi delle utenze. In alcuni casi anche le spese di manutenzione sono a carico degli inquilini.

 

“Che disagi ci sono nella casa in cui vivi?”

Case vecchie e mobili vetusti sono i disagi che accomunano uno studente su due. Subito dopo, le dimensioni degli appartamenti, quasi sempre con spazi molto ridotti. Uno studente su quattro lamenta il non funzionamento dei riscaldamenti, uno su cinque ha problemi di umidità e muffa sui muri. In alcuni casi studentesse e studenti protestano per la mancanza di elettrodomestici indispensabili come lavatrice e forno.

 

“E i confort?”

 In tanti hanno risposto “lavatrice”, “riscaldamenti”, “connessione internet”, considerando confort ciò che in realtà dovrebbe essere normale in un appartamento per studenti. Risposte di questo tipo presuppongono l’assenza di reali confort forniti dal locatore. Solo una piccola parte degli intervistati dichiara di avere reali condizioni confortevoli come bagno privato, parcheggio auto o giardino.

 

“Il tuo canone di locazione ha un contratto o il pagamento è in nero?”

Un ragazzo su sei risponde di non avere un contratto e di pagare il costo dell’affitto in nero. Si tratta quindi di un 16% di ragazze e ragazzi che a causa di ciò non può richiedere borse di studio e percepire così un importante sussidio economico.

 

“Quanto è vicina la tua università dalla tua abitazione e come la raggiungi?”

Circa il 70% dei ragazzi impiega in media 15 minuti per raggiungere l’università dalla propria abitazione: di questi, un ragazzo su cinque usa la macchina, un ragazzo su due viaggia in autobus. Il restante 30% dei ragazzi impiega circa 30/40 minuti a causa del cambio di tre mezzi pubblici diversi o dell’eccessiva lontananza in auto. Il problema della lontananza riguarda tutti gli studenti di medicina del Sant’Andrea, essendo la sede decentrata e sprovvista di abitazioni. In questo caso alla lontananza si aggiunge la beffa del parcheggio, essendo l’auto l’unico mezzo idoneo a questo polo accademico frequentato da più di 1000 studenti e che non ha previsto aree di parcheggio per un flusso di questo tipo.

 

“Quali mezzi utilizzi per i viaggi da e per la tua regione di residenza e quanto è costoso il rientro? “

Gli studenti fuorisede provenienti da regioni confinanti con il Lazio viaggiano in treno o in auto ad un costo di poche decine di euro (la spesa non supera mai le 50 euro). Ovviamente, fra  gli studenti più svantaggiati ci sono quelli che, come me, provengono dalla Sicilia. Per tornare in Sicilia

si può scegliere tra un’ora di volo (prezzi da 40 a 400 euro a tratta), 12 ore di treno (prezzi da 40 a 150 euro a tratta) o 14 ore di nave. Queste sono tratte dirette, ma ci si può affidare ad altre opzioni che richiedono più cambi e che hanno un costo simile alle opzioni precedenti. Per gli studenti isolani sardi, il mezzo più utilizzato è l’aereo in quanto godono di agevolazioni per la continuità territoriale.

 

Quali aiuti ricevi dalla regione di provenienza per sostenere le spese da fuorisede?

 Il 100% dei ragazzi afferma di non ricevere alcun tipo di aiuto economico dalla propria regione. Paradossalmente sono la Sapienza e la regione Lazio ad erogare contributi economici in forma di borse di studio e di collaborazione o esenzione delle tasse.

Unica eccezione nel 2020, in seguito allo scoppio dell’epidemia di Coronavirus e all’arrivo del lockdown, la Regione Siciliana ha stanziato sette milioni di euro destinandone quattro a “studenti iscritti in atenei al di fuori della Sicilia, anche all’estero”: per loro 800 euro se hanno mantenuto la permanenza in quelle sedi a partire dal 31 gennaio. I restanti tre milioni erano destinati a studenti residenti in Sicilia ma fuori sede “che hanno richiesto il contributo alloggio all’Ersu (Ente Regionale per il Diritto allo Studio Universitario) e siano risultati idonei ma non assegnatari del beneficio”. Stando alle dichiarazioni dell’ex presidente della Regione Siciliana Musumeci doveva essere un premio Ersu per coloro che hanno rinunciato al rientro in Sicilia in un periodo così complesso come è stato quello della, da assegnare già ad aprile 2020. Ma in realtà a settembre 2020 questi contributi una tantum non erano stati ancora erogati e si è dovuto aspettare fino al 2021 inoltrato.

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Complotto complotto: e se abbandonare al loro destino i fuorisede fosse un’abile strategia delle Regioni (in primis la siciliana) per impedire la fuga dei cervelli? Della serie “rimanete in Sicilia, paese di vita facile edi studenti in paradiso?” O forse i nostri politici pensano che andare a studiare fuori sia un capriccio?

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