venerdì, Aprile 26, 2024
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Il coraggio di dire la verità

Gaetano Saffioti s’è preso una soddisfazio­ne. Rischiosa, questo sì: ma lui è un calabre­se vero e non ha paura

Il 16 settembre è apparsa in tv una noti­zia che un dirigente d’azienda di un qual­siasi TG definirebbe “minore”, re­legandola al settimo-ottavo posto nell’ordine delle notizie, quasi a chiusu­ra del programma. 

Il 16 settembre Gaetano Saffioti, calabre­se, titolare di un’impresa di costruzioni e demolizioni ha avuto il coraggio di fare ciò che tutti i suoi colleghi della zona ave­vano categoricamente rifiutato di fare: presentarsi all’asta per la demolizione di Villa Pesce, una villa abusiva nel cuore della piana di Gioia Tauro.

La villa apparteneva al clan dei Pesce, un cognome che da quelle parti fa tremare i polsi e abbassare gli occhi, nonostante gran parte dei componenti di quella fami­glia sia da tempo in carcere. Nel 2003 l’allora sindaco di Rosarno, Peppino La­vorato, decise di fare la guerra al clan ed istruì le pratiche per la demolizione rice­vendo minacce a suon di colpi di AK47.

Nel 2011 un altro sindaco coraggioso, Elisabetta Tripodi, finì sotto scorta per aver dato esecuzione di sgombero alla madre del boss, residente nella casa abusi­va. Nel 2011 la prima asta. Un deserto. E così anche la seconda, la terza, la quarta..una fiera della paura, un inno alla codardia. Per ben tre anni, dal 2011 al 2014.

Il 16 settembre 2014 Gaetano Saffioti ha cambiato la storia di Rosarno. È basta­ta una telefonata del prefetto, la risposta di Gaetano è stata immediata, veemente: “ Lo faccio gratis”. Ma non è tutto. Gaetano Saffioti ha il dente avvelenato, lui gli ‘ndranghetisti non li ha mai mandati giù. 

E un giorno si ribellò 

Erano gli anni ’80: l’attività di Gaetano andava a gonfie vele, in Calabria si co­struiva praticamente ogni giorno e la Saf­fioti Srl fatturava una trentina di miliardi di lire all’anno. Ma più lui guadagnava più doveva pagare alle ‘ndrine. Gli face­vano pagare tutto, il pedaggio per traspor­tare la merce, il pizzo sugli appalti, il cal­cestruzzo da comprare solo dove dicevano loro e al prezzo che dicevano loro.

Gaetano un giorno si ribellò. Prese a re­gistrare ogni incontro, ogni pagamento, ogni minaccia, e portò tutto in questura. Grazie agli sforzi di Gaetano, nel 2002 l’antimafia ha dato il via all’operazione Tallone d’Achille, mettendo in carcere 48 “uomini d’onore” delle famiglie Bellocco, Gallico e Piromalli. 

Vivono sotto scorta 

Ora Gaetano e la sua famiglia vivono sotto scorta, reietti, evitati dagli amici oc­casionali e dai vicini; il figlio di Gaetano non troverà mai una fidanzata calabrese.

“E’ u’figghiu di Saffioti”, diranno. La sua fa­miglia non può andare fuori a man­giarsi una pizza perché le pizzerie e i ri­storanti non vogliono avere rogne. E così via. Quasi tutti gli operai di Gaetano l’hanno abbandonato, chi per viltà, chi per paura, e il fatturato è crollato drastica­mente a 500 mila euro l’anno.

Gaetano non ha mollato, ha rifiutato i soldi dello stato perché lui non è un penti­to e non vuole essere trattato come tale. I

In Calabria non costruisce più e alle aste ar­riva sempre secondo, ma in compenso la­vora all’estero, a Parigi, in Germania, a Dubai. 

Eppure stavolta sorride 

Gaetano è un uomo tutto d’un pezzo, un uomo vero, come pochi a questo mondo. Ha masticato fango e calce, mandando giù bocconi amarissimi e condannando sé stesso e la propria famiglia ad una vita d’inferno.

Nulla potrà ripagarlo degli anni persi, delle offese e delle ingiurie, dei morsi alle nocche e dei pugni contro il muro; quelle sono ferite che non si rimarginano. Ma possiamo immaginarcelo sorridente, Gae­tano Saffioti, almeno una volta, a bordo della sua ruspa, intento a ridurre in mace­rie la casa di uno di loro, l’ex quartier ge­nerale dei Pesce. Non è una rivincita o una soddisfazione, Gaetano lo sa bene. Eppure stavolta sorride. Sì, Gaetano sorri­de.

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