mercoledì, Dicembre 6, 2023

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Urla contro i fascisti, avvocato deferito all’ordine

Waterloo. Dopo l’ultimo disperato attacco l’esercito francese è distrutto”. Gli inglesi intimano la resa al generale Jean Jacques Etienne di Cambronne che resosi conto della disfatta, risponde soltanto: “Merde!”. Duecentoquattro anni dopo succede a Catania che la Digos della Questura deferisce all’Ordine un avvocato colpevole di aver urlato verso un banchetto di propaganda del partito neofascista Forza Nuova, la stessa parola pronunciata da Cambronne.

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La propaganda di paura che fa male alla città

San Berillo e la propaganda di odio che fa male alla città. Cento uomini e un elicottero per mettere a segno nemmeno un arresto. Gli indagati oggetto di misura di prevenzione erano già stati arrestati nei giorni precedenti. Una sproporzionata operazione di polizia con l’unico obiettivo di spettacolarizzare come fenomeno criminale la disperazione dei miserabili di San Berillo.

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Supereroine

Bellissimi alle manifestazioni, con i loro cartelli di cartone, con le scritte sulla faccia. Non sono reduci, non lo vogliono essere. Non hanno il mito di chi ha lottato prima di loro, sono protagonisti del loro tempo. Sanno di dover combattere una battaglia enorme e sanno pure che non può essere persa. Lontanissima da loro l’immagine del romantico rivoluzionario votato alla sconfitta, del regicida solitario, del Don Chisciotte consapevole della propria inefficacia,. Questi ragazzi assomigliano di più a quei supereroi della Marvel che nonostante tutto riescono a salvare l’umanità e il pianeta dai cattivi. Supereroine, perché questo movimento è guidato ovunque da donne. Una rivoluzione nella rivoluzione, finalmente.

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La città senza asili nido

Nel resto d’Italia si parla di gratuità degli asili nido, di investimenti straordinari sulla prima infanzia, di diritto all’istruzione sin dai primi mesi di vita. A Catania invece gli asili nido pubblici quest’anno non aprono. Nemmeno uno. Bambini a casa, lavoratrici sul lastrico, licenziate da un giorno all’altro e famiglie nel panico per conciliare lavoro e figli.

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Effetto Karoshi

Il lavoro in Giappone è valutato secondo la quantità e non secondo la qualità. Le promozioni non dipendono dai meriti, ma dall’età e dagli anni di servizio. In media si lavora dodici ore al giorno, di solito tutte di seguito. Un mare di sacrificio e di conformismo. La morte per troppo lavoro in Giappone ha un nome preciso: “karoshi”.

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