sabato, Ottobre 5, 2024
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Maledetta casa

“Ci sarà un’escalation dei casi di violenza. Lo sappiamo già, ne siamo sicure al cento per cento”

L’82% della violenza maschile contro le donne avviene all’interno delle mura domestiche. Dentro quelle case che in queste settimane si è obbligati a non lasciare per prevenire la diffusione del coronavirus. La Presidente del Centro Antiviolenza Thamaia denuncia: “Non c’è neanche il tempo di chiamare i numeri di emergenza, gli spazi sono sempre condivisi con l’aggressore”. C’è un’emergenza nell’emergenza, che colpisce le donne.

Si può sempre contattare il numero d’emergenza 112 o il numero 1522. Il Centro Antiviolenza Thamaia è aperto ai contatti telefonici al numero 0957223990 il lunedì, mercoledì e venerdì dalle 9,00 alle 13,00 e il giovedì dalle 12,00 alle 16,00. A questo link tutte le informazioni sui ricevimenti dei centri antiviolenza italiani https://www.direcontrolaviolenza.it/emergenza-coronavirus-apertura-centri-d-i-re/

Gli unici dati a disposizione della rete dei centri antiviolenza italiani sulla violenza contro le donne in tempi di isolamento domiciliare, arrivano dalla Cina. Non appena si è interrotto il periodo di quarantena, durato diverse settimane, le denunce ai centri antiviolenza sono raddoppiate. Ce lo racconta Anna Agosta, Presidente del Centro Antiviolenza Thamaia.

“Ci sarà un’escalation dei casi di violenza. Lo sappiamo già, ne siamo sicure al cento per cento”. La descrizione è lucida ma preoccupata. “L’isolamento delle donne è caratteristico nelle dinamiche di violenza, ora l’isolamento è obbligatorio. Prima esistevano momenti di pace, di libertà, legati al lavoro della persona maltrattante e violenta, all’uscita di casa, alle uscite per la spesa. Adesso il restare a casa obbliga a condividere sempre lo spazio con l’aggressore”. “C’è un calo enorme delle telefonate ai centri antiviolenza, monitorato nazionalmente. Perché non c’è più nemmeno l’occasione per chiedere aiuto”.

Fuori di casa il virus, dentro la violenza. Gli appelli continui a non uscire, la polizia che ti ferma e ti chiede spiegazioni. Lo slogan continuo dell’emergenza che fa passare “tutto il resto per secondario”. Col rischio di continuare a subire e di morire in quella casa tutt’altro che sicura. Per migliaia di donne l’isolamento domiciliare è un incubo senza fine.

“Noi ci siamo, continuiamo a esserci, per tutte”. “Abbiamo dovuto sospendere l’accoglienza per motivi di sicurezza sanitaria, siamo state costrette ad annullare tanti appuntamenti. Ma i turni al centro antiviolenza non si fermano, non possiamo fermarli in un momento così difficile. Va una sola operatrice, che rimane lì per cinque ore da sola. Ma si continua”. Il numero di telefono resta attivo per tutte le donne che hanno bisogno di contattare il centro antiviolenza.

“Certo abbiamo dovuto cambiare il nostro approccio. Non c’è più la vicinanza, il rapporto tra noi donne. È tutto telefonico e questo porta a un senso di distanza incredibile, per certi versi inaccettabile. Ma queste difficoltà non ci impediscono di continuare”. “Al nord esistono anche problemi legati alle case rifugio per donne vittime di violenza, anche in quelle strutture bisogna prevenire la diffusione del virus e alcuni enti locali hanno predisposto strutture ad hoc per il periodo di quarantena prima dell’ingresso. Qui case rifugio purtroppo ancora non ne esistono”.

I centri antiviolenza della rete D.i.re (Donne in rete contro la violenza) hanno scritto alla Ministra delle pari opportunità Elena Bonetti per chiedere sostegno. “C’è bisogno che le Istituzioni agiscano in modo che le donne sappiano con certezza che possono sempre trovare supporto se hanno bisogno di sottrarsi alla violenza, mentre molte purtroppo credono che i centri antiviolenza siano chiusi”.

Le donne devono sapere che non sono sole, anche in questa situazione. “Noi chiediamo alle istituzioni di essere pronte e di garantire interventi immediati in caso di chiamate ai numeri d’emergenza”. “In caso di violenza il consiglio è di chiudersi in una stanza e chiamare subito il 112. Le forze dell’ordine potranno eseguire l’arresto in flagranza”.

C’è un’immagine dell’Italia chiusa in casa che si vorrebbe fare assomigliare alle famiglie delle pubblicità Mulino Bianco, tutti buoni intorno al focolare. Poi ci sono delle maledette case dove il virus è già entrato da anni.

“Bisogna ricordarsi che non c’è solo la violenza fisica. In queste settimane di isolamento domiciliare sulle donne ricade tutto, o comunque la stragrande parte, del lavoro di cura, tutto il peso mentale della gestione della casa, della famiglia, dei figli. Non è un periodo facile per le donne”.

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