mercoledì, Aprile 24, 2024
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L’Ingegnere

“La raison tonne en son cratère…”

L’ingegnere Giuseppe D’Urso – morto a Catania il 16 giu­gno 1996 – è stato il primo a descri­vere con precisio­ne il legame organico fra mafie e massone­rie.

Ci fu maestro, a noi dei Siciliani. Nessun altro ebbe così pienamente questo onore, eccetto Giuseppe Fava e Giambat­tista Scidà. Nel 1982, presidente dell’Istituto Na­zionale di Urbanistica, fu il primo a denunciare i ca­valieri catanesi, i magistrati al loro servizio, le servitù, gli af­fari.

Nel gennaio dell’84, dopo l’assassinio di Giuseppe Fava, raccolse l’appello dei giovani e si arruolò – non c’è altra paro­la – nei Siciliani. Nell’autunno del 1984 fondò l’Associazione I Siciliani, di cui fu presidente.

Piccolo gruppo di militanti, l’Associazione si radicò ra­pidamente ed aquistò peso ed in­fluenza. Insieme col Coordinamento Antimafia di Palermo e col Centro Peppi­no Impastato, fu il primo esempio in assolu­to di politica militante, nell’Italia anni ’80, fuori dei partiti. Oltre che su di lui l’Associazione poté contare su uomini come il sa­cerdote Giuseppe Resca, il magistrato Scidà, il pro­fessor Franco Cazzola, l’operaio Giampaolo Riatti e altri anco­ra.

Nel 1990, il professore fu fra i ventiquattro fondatori della Rete, nata non come un partito ma come un movi­mento uni­tario di liberazione . Ne organizzò i primi passi dal letto in cui già era inchiodato, contribuendo come po­chi altri alle sue prime vittorie.

Gli ultimi anni, di lunga malattia, furono una feroce vendet­ta della Fortuna invidiosa.Egli la sopportò viril­mente, ragio­nando fino all’ultimo.

Io ricordo una sera, quando una dia­gnosi dei medici gli dava poche settima­ne di vita. Mi avvertì pacatamente che non avrebbe potu­to, non per sua colpa, far fronte ad al­cuni impegni orga­nizzativi predisposti. Me ne espose il motivo. Mi dette cortesemente alcune istruzioni per con­tinuare in sua as­senza. Il resto della serata fu speso in una conversazione su alcuni punti controversi del pen­siero di Benedetto Croce.

* * *

“Addio, compagno! Per buon tempo hai combattuto, e con onore/ Per la libertà del popolo…” dice un antico canto rivo­luzionario.

Giuseppe D’Urso, ingegnere, pen­satore illumini­sta e militante del popolo siciliano, ha combattuto come po­chissimi altri per il bene comune.

La sua vita è stata utile, il suo pensiero fraterno; non ha sprecato un attimo della sua forte intelligenza; ha vis­suto. I suoi figli possono essere or­gogliosi di lui, e orgo­glioso chi gli fu amico.

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