giovedì, Dicembre 12, 2024
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Il monopolio delle discariche private nelle audizioni dell’ex dirigente regionale Lupo e dell’assessore Contrafatto

Dopo aver ascoltato il dottor Nicolò Marino, ex assessore all’energia e ai servizi di pubblica utilità della Regione siciliana, sempre nell’ambito dell’approfondimento che la Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti sta conducendo relativamente alla Regione siciliana, è stato il turno dell’attuale assessore all’energia e ai servizi di pubblica utilità della Regione siciliana, Vania Contrafatto e dell’ex dirigente generale del dipartimento della regione siciliana delle acque e dei rifiuti Marco Lupo a raccontare la gestione dei rifiuti in Sicilia negli ultimi anni.

L’assessore Contrafatto è in carica solo da pochi mesi e insieme al nuovo direttore Armenio, sta lavorando per far recuperare alla Sicilia il tempo perduto. Tuttavia degna di nota appare la dichiarazione del neo assessore sulla certificazione antimafia della Tirrenoambiente

«Tornando, invece, alla questione discariche – ha riferito la Contrafatto ai commissari – a seguito dell’attività ispettiva che fu lanciata dall’assessore Marino dopo le conclusioni a cui pervenne la Commissione ispettiva, sono stati, in via di autotutela amministrativa, ripercorsi tutti i passaggi amministrativi che portarono alle autorizzazioni, ora ritirando, ora sospendendo quelle che erano state poste in essere contro la legge. Ove sono state individuate situazioni penalmente rilevanti, ne è stata data comunicazione alle procure competenti.

  Come saprete bene, per la discarica che insisteva in territorio di Messina, quella di Mazzarrà Sant’Andrea, è pendente un procedimento penale per inquinamento ambientale, quindi la discarica è attualmente sequestrata dalla procura di Barcellona Pozzo di Gotto. Poiché, però, il sequestro aveva avuto come oggetto solo la discarica e non anche il trattamento meccanico-biologico, su quello, invece, sono in corso le attività di revisione.

  Noi abbiamo scritto all’azienda chiedendo anche, nuovamente, i certificati antimafia e ci è stato risposto in maniera piccata. La lettera con la quale ci hanno risposto in settimana l’abbiamo portata e la depositeremo agli atti affinché possiate vedere con quale tracotanza i responsabili abbiano risposto, ritenendosi offesi perché noi ci siamo permessi di chiedere nuovamente il certificato antimafia e contestando sia la nostra idoneità a chiederlo, sia, soprattutto, il fatto che fosse passato il tempo. Essi ci hanno anche minacciato di adire le vie legali proprio perché noi avremmo fatto la «terribile» richiesta di avere questo certificato. Questa discarica attualmente non è in uso».

Marco Lupo invece, avendo lavorato a stretto contatto con Nicolò Marino, ha fornito alla Commissione ulteriori dettagli destinati a fare chiarezza sulla gestione siciliana dei rifiuti degli ultimi anni.

Al momento del suo insediamento come direttore generale era in atto l’emergenza e la regione si era dotata due anni prima di una nuova legge che regolamentava il settore, la legge n. 9 del 2010, che riorganizzava il settore prevedendo il passaggio dalle attuali ATO, che erano 27, alle nuove società per la regolamentazione del servizio di gestione dei rifiuti che in acronimo si chiamano SRR.

  «Dopo due anni e mezzo dall’emanazione di questa legge e dalla dichiarazione dell’emergenza, a fine 2012, non ho timore di essere smentito – ha dichiarato Lupo – affermando che non era stato fatto nulla di concreto né per l’attuazione della legge, né per la realizzazione degli obiettivi previsti nella dichiarazione di emergenza».

Nessun impianto pubblico era stato realizzato, né ne era stata avviata la realizzazione, nessuna SRR era stata costituita, nessun piano d’ambito predisposto da parte di queste SRR, anzi è avvenuto l’esatto opposto.

«Per quanto attiene l’impiantistica – continua Lupo –, nel 2010-2011 la regione aveva abbandonato l’idea di realizzare i termovalorizzatori, anche perché le gare dei quattro famosi dei termovalorizzatori sapete penso tutti come sono andate, e tra il 2010 e il 2012, cioè prima del mio insediamento, non facendosi termovalorizzatori la regione ha autorizzato circa 11 milioni di metri cubi di discariche fondamentalmente a quattro soggetti privati, cioè 3 milioni di metri cubi a Oikos a Catania, 3 milioni di metri cubi a Sicula Trasporti a Catania/Siracusa perché è al confine, 2 milioni di metri cubi a Messina Tirrenoambiente e 3 milioni di metri cubi a Catanzaro Costruzioni ad Agrigento.

  Quattro soggetti privati hanno quindi ricevuto autorizzazioni per circa 11 milioni di metri cubi di discariche, quindi l’attenzione era molto concentrata sui termovalorizzatori, ma nel frattempo la vera problematica erano questi volumi autorizzati, e nessuna iniziativa era stata adottata per il trattamento della frazione umida prima del conferimento in discarica, la biostabilizzazione dei rifiuti, tenuto conto che soltanto una discarica, quella di Sicula Trasporti, è dotata di un impianto di biostabilizzazione.

  In tutto il resto della regione si è ritenuto di interpretare, secondo me erroneamente, una circolare che consentiva in un periodo transitorio, in attesa di realizzare l’impianto di biostabilizzazione, di limitarsi alla tritovagliatura con la possibilità di autorizzare una nuova discarica da 3 milioni di metri cubi, quindi in quel modo l’adeguamento non sarebbe avvenuto mai».

La direttiva europea era chiara, no al “tal quale” in discarica, eppure non è mai stata applicata cercando di aggirarla con delle “interpretazioni” fino a quando l’Europa ha detto basta aprendo la procedura di infrazione.

Tornando alle autorizzazioni alle megadiscariche private, esse furono rilasciata tra il 2010 e il 2012 sotto il governo Lombardo. Con l’arrivo di Marino però si decide di cambiare l’iter.

«…con l’assessore Marino – continua l’ex direttore generale –, che è stato il mio primo assessore di lunga prospettiva, abbiamo cercato di agire su più fronti, intanto sul fronte della verifica degli iter amministrativi che avevano condotto al rilascio di queste autorizzazioni da parte dell’Assessorato ambiente, perché da noi sia la VIA [valutazione impatto ambientale, ndr] che l’AIA [autorizzazione integrata ambientale, ndr] erano di competenza dell’Assessorato ambiente.

  Con l’assessore Marino abbiamo invece presentato una norma attraverso il Governo, poi approvata dal Parlamento, in cui la valutazione di impatto ambientale rimaneva di competenza dell’Assessorato ambiente, mentre l’AIA diventava competenza del mio dipartimento. Questa norma è entrata in vigore a gennaio del 2013».

La commissione

«…con un decreto dell’assessore regionale e mio, a doppia firma del direttore e dell’assessore, abbiamo istituito una Commissione per la verifica degli iter amministrativi, cominciando proprio dalle quattro discariche prima citate, perché avevano una volumetria rilevante, da cui dipendeva la possibilità di conferire di circa 380 comuni, quindi erano quelle più importanti.

  Nella Commissione di verifica sono stati inseriti dei componenti di grande competenza ambientale: una funzionaria della provincia di Palermo, la dottoressa Di Franco della provincia di Palermo, la dottoressa Abita dell’ARPA (l’ARPA ha una struttura centrale e delle sezioni provinciali), una funzionaria del dipartimento, la dottoressa Fais, e alcuni componenti inseriti dal dottor Marino, che lavoravano nel suo Gabinetto e aveva portato con lui quando si era insediato, in particolare il dottore Buceri, un funzionario di polizia che lavorava con lui alla procura di Caltanissetta quando lui faceva il magistrato.

La discarica Oikos

  Dall’esame di queste autorizzazioni è emerso di tutto. È difficile riassumere tutte le questioni, ma posso dire che per quanto riguarda la discarica di Catania, di Motta Sant’Anastasia gestita dalla ditta Oikos, ricevuta la relazione io ho adottato tre provvedimenti. Loro avevano una discarica esaurita, la discarica in contrada Tiritì, per la quale ho fatto un provvedimento di chiusura per gravi motivi ambientali; avevano l’autorizzazione alla realizzazione di un bioreattore, per cui non ho neanche avviato il procedimento di revoca perché la realizzazione dell’impianto non era ancora iniziata.

  Per la discarica in corso di coltivazione da circa 3milioni di metri cubi ho avviato il procedimento di revoca dell’autorizzazione, che poi ho concluso a luglio del 2014 con la revoca dell’autorizzazione».

«…Qualche giorno prima della revoca, ma dopo l’avvio del procedimento il titolare della discarica è stato arrestato insieme al dipendente del dipartimento ambiente e nell’ordinanza del GIP vengono espressamente citate le conclusioni della Commissione che aveva istruito l’iter amministrativo dell’autorizzazione rilasciata».

La discarica Tirrenoambiente

Per quanto riguarda la discarica di Messina di Tirrenoambiente, anche lì la Commissione ha concluso la sua relazione e sulla base della relazione ricevuta io ho adottato un avvio di procedimento di revoca del rinnovo dell’autorizzazione per la discarica e anche una revoca dell’autorizzazione dell’impianto di biostabilizzazione.

  Nel frattempo è successo (lo racconto perché è sintomatico di come funzionano le cose in Sicilia) che il gestore della discarica che serve tutta la provincia di Messina (Messina è la provincia con il maggior numero di comuni in Sicilia, oltre 100 comuni, anche molto piccoli) comunica che aveva terminato i volumi utili per l’abbancamento e che dopo venti giorni non avrebbe più consentito l’accesso ai comuni.

  A noi risultava però che la discarica avesse avuto un’autorizzazione nel 2012 per 1,700.000 metri cubi, per cui facendo due conti spannometrici non ci quadrava. Ho quindi convocato una riunione presso il mio dipartimento e ho fatto fare dei sopralluoghi in discarica, dai quali è emerso che il progetto che era stato approvato in realtà poteva avere scritto 5 milioni, 8 milioni o 7 milioni, perché non c’era neanche un progetto che potesse definirsi tale e forse nel progetto si teneva conto di volumi già finiti.

  Emerse anche che non avevano utilizzato per l’abbancamento un’area compresa nell’autorizzazione, perché questo non era funzionale all’ampliamento che avrebbero dovuto fare, in quanto abbancando lì non avrebbero più potuto ampliare, e non avevano ancora l’autorizzazione per questo ampliamento però avevano già pensato di sbancare un’intera collina in assenza di autorizzazione.

  Queste situazioni sono state rappresentate alla procura competente, quella di Barcellona Pozzo di Gotto, che mi risulta che a novembre del 2014 abbia sequestrato anche quella discarica, che tra l’altro ha anche altri problemi.

  In più, mentre nel loro progetto (chiamiamolo così) si prevedeva di arrivare a un abbancamento fino a 118 metri sul livello del mare, erano arrivati a circa 145 metri sul livello del mare, cioè 30 metri più dei quanto previsto nelle planimetrie, e 30 metri sono un palazzo ! Purtroppo nessuno ha mai segnalato in un sopralluogo la presenza di un palazzo che non avrebbe dovuto esserci. Questo è sintomatico della situazione in Sicilia».

La discarica Catanzaro

«Anche per quanto riguarda la discarica di Siculiana, quella di Agrigento, la Commissione ha fatto la relazione e io ho avviato un procedimento di secondo grado, perché obiettivamente le criticità rilevate non erano certo paragonabili a quelle delle altre due di cui vi ho parlato. La grossa criticità che ho rilevato è che questo impianto non biostabilizzava la frazione umida però, per effetto di una circolare che avevo fatto all’atto del mio insediamento, che imponeva a ogni gestore di presentare un progetto entro una certa data pena chiusura, l’operatore aveva già presentato il progetto dell’impianto e quindi questo gli è stato prescritto anche in sede di revisione dell’autorizzazione».

Loro sbancavano una collina senza autorizzazione… la regione autorizzava

  «Ho effettuato tutte queste verifiche non essendo autorità ambientale, perché l’autorità ambientale avrebbe dovuto essere l’Assessorato ambiente e purtroppo penso che in Sicilia il vero problema sia stato questo, perché quando manca l’autorità ambientale, cioè quando manca il soggetto deputato a tutelare l’ambiente, tutto diventa più complicato.

  Pur avviando un procedimento di revoca, ad esempio, non essendo io l’autorità ambientale ho revocato autorizzazioni quando l’Assessorato ambiente diceva che invece era tutto a posto. Vi posso citare una nota di fine giugno in cui l’Assessorato ambiente dice che per l’autorizzazione di Oikos conferma il giudizio positivo, io revoco l’autorizzazione e poi arrestano il funzionario e il anche il gestore della discarica [nel corso dell’operazione Terra mia della procura di Palermo, ndr].

  In tutta questa attività purtroppo non c’è stato un apporto costruttivo da parte dell’Assessorato ambiente e mi rendo conto che questi provvedimenti di chiusura hanno determinato anche la situazione che si è venuta a determinare in questi mesi, perché sono venute a mancare due discariche importanti, quella di Mazzarrà Salt’Andrea e quella di Messina che comunque avrebbe chiuso perché aveva terminato i volumi.

  Funzionava così: loro sbancavano una collina senza autorizzazione, poi dichiaravano di chiudere e quindi in qualche modo si doveva autorizzare l’ampliamento. La filosofia adottata era questa».

In chiusura di audizione il presidente Bratti ha chiesto a Marco Lupo ulteriori chiarimenti sulle autorizzazioni, i procedimenti di revoca e i controlli che avrebbe dovuto effettuare l’Arpa Sicilia.

 «Questi ampliamenti per 11 milioni di tonnellate – ha chiesto Bratti – sono stati autorizzati prima del 2012 e quindi si presume (poi abbiamo visto che non è così) che per essere autorizzati sia stata presentata una serie di domande, ma voi dopo avete fatto un’istruttoria su quelle richieste di autorizzazione e, a parte alcune ispezioni eseguite, dalle carte vi siete accorti che non c’erano delle corrispondenze e quindi siete intervenuti per la revoca perché l’autorizzazione precedente era stata costruita senza le basi, non avete revocato perché era successo qualcosa.

  Sono due cose diverse verificare se quanto fatto prima non è a posto e revocarla o invece considerarla a posto con quella di prima però ritenere che non la stia gestendo in modo consono e quindi revocarla.

  È vero che questa cosa è in capo all’Assessore all’ambiente, ma credo che l’ARPA Sicilia abbia qualche ufficiale di polizia giudiziaria tra i suoi dipendenti, quindi mi chiedevo come sia passata una discarica con un sopralzo di 30 metri e, visto che le agenzie ambientali devono effettuare un minimo di controlli di routine, come non si siano mai accorti di questa situazione».

 La risposta di Lupo.

«La questione se i provvedimenti di revoca sono per problematiche ex post o ex ante: sono per vizi nell’iter autorizzativo, quindi diciamo ex ante, tranne il caso di Tirrenoambiente in cui, verificando l’iter amministrativo, siamo andati a fare un sopralluogo evidenziando dei problemi anche nell’ex post, perché c’era una sopraelevazione. La relazione della Commissione avrebbe comunque richiesto la revoca dell’autorizzazione.

  «La Commissione ha visto tutti gli iter autorizzativi e ha rilevato molti vizi sulle vasche che però ormai erano chiuse, in post-gestione in qualche caso conclusa. Chiaramente ho fatto un procedimento di secondo grado solo sulla discarica in esercizio, in cui la Commissione rilevava tre criteri criticità: 1) non era è stato coinvolto il dipartimento urbanistico, che però dagli atti risultava convocato e non presente 2) il sindaco del Comune di Montallegro era contrario, ma poi nel procedimento di secondo grado esprime parere favorevole, 3) la biostabilizzazione, e lì già era in atto un procedimento.

  ARPA in Sicilia è fortemente sottodimensionata, perché ha circa 300 dipendenti e sono pochi, perché l’ARPA Lazio, dove io attualmente lavoro, che è già sottodimensionata, ne ha circa 500. Le ARPA sono divise per sezioni provinciali, se uno trova persone che lavorano capaci e competenti va tutto bene, ma purtroppo non sempre è così. In ARPA Palermo il dottor Librici e il dottor Abate sono bravissimi, ARPA Caltanissetta perlomeno per la mia esperienza no, ARPA Messina neppure».

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