martedì, Dicembre 10, 2024
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Il coraggio di lottare

Per quanto possa sembrare strano, anche l’antimafia ha una “politica”. Ecco un esempio

Caro Salvatore (o Antonio o Vincenzo o Roberto, o come diavolo ti chiami), come vedi, io non so nemmeno il tuo nome (forse ci saremo visti qualche volta, in un treno di pendolari o in una discoteca, ma naturalmente senza farci caso) e non so nemmeno che tipo sei, se tipo “ragazzino perbene” oppure tipo punk (a me personalmente piacerebbe di più così, ma questo è solo una cosa mia personale).

Non so neppure che cosa stai facendo in questo momento, forse hai trovato il giornale per caso e siccome ora c’è una lezione noiosa te lo leggi sottobanco tanto per passare il tempo; o forse sei sull’autobus o forse da qualche parte con i tuoi amici (neanche tu sai granché di me: bene, sono un giornalista dei Siciliani, ho qualche anno più di te ma non molti, sono triste perché mi hanno ammazzato un amico, ho anche la paranoia che lo facciano pure a me e ne ho paura perché non sono particolarmente coraggioso. Non sono affatto un grande giornalista anzi sono alle prese con problemi molto più grandi di me).

L’importante comunque è che tu capisca che io in questo momento non sto parlando al Ragazzo Impegnato, non sto facendo il discorso “simbolico” per dire che in realtà faccio appello a tutti quelli che ecc. ecc. No, io sto parlando proprio a te personalmente, perché ho bisogno di aiuto e non mi fido delle persone importanti.

Ho bisogno invece della gente “comune”, quella come te (e come me). Parliamoci chiaro: io non credo affatto che tu sia particolarmente interessato a tutte queste cose. L’altra volta, anzi, quando c’è stata l’assemblea Contro-La-Mafia (ci sarà stata anche nella tua scuola) tu per un po’ sei stato ad ascoltare tutto quello che dicevano i professori e i tuoi compagni più “politici” poi, semplicemente, ti sei annoiato e te ne sei andato.

Siccome era una bella giornata, spero che tu te ne sia anche andato in villa con la tua ragazza. Tutto questo mi va benissimo. Io non credo molto alle parole, e credo che ognuno debba fare ciò che sente e non quello che dicono gli altri.

Però. vedi, c’è un trucco. Gli altri – cioè le persone importanti, i professori, i “politici” – partono da un punto di vista, e cioè che loro sanno tutto mentre tu non sai un cazzo. E che quindi debbono essere loro a dirti cosa fare. Tanto, tu sei “qualunquista”, uno che se ne frega delle Cose Serie, che pensa solo a farsi la canna e ad andare in discoteca (i giornalisti come me, invece, sono “i ragazzi di Fava”, bravi ragazzi certo, ma un po’ troppo incazzati e un po’ coglioni…).

Invece non è così. Tu sai un sacco di cose, solo che non le dici nel loro linguaggio, o non lo dici affatto. Però le sai.

Per esempio sai che la tua vita non è affatto una bella vita, che ti annoi: questo non è affatto qualunquismo, è la tua vita. Non c’è bisogno di parole difficili per dirlo. E sai pure che non ti va di continuare così e che intanto devi continuare lo stesso perché non c’è altro da fare.

Sai che, nonostante tutte le belle parole, nessuno ti può aiutare a far qualcosa perché in realtà a nessuno gliene frega veramente molto di te: Sai anche altre cose, per esempio che fra un paio d’anni resterai disoccupato come il novanta per cento dei tuoi amici, che fra i tuoi amici ce n’è sicuramente qualcuno che si buca, che tu ancora sei fra i più fortunati perché sei – probabilmente – uno studente e non uno scippatore o un marchettaro (e se lo sei, il discorso vale anche per te).

Sai un sacco di cose serie, insomma, ma tu stesso non ti accorgi nemmeno di saperle (non solo gli altri ti considerano un “qualunquista”: sono riusciti a convincere anche te che lo sei), e perciò non contano niente, non pesano. E perciò quelli che sanno parlare continuano a comandare loro, indisturbati: tanto, tu non conti…

Questo è il trucco. Se tu ti rendessi conto di quanto sia importante – e, ma in una maniera del tutto nuova, anche “politico” – anche andare in villa con la ragazza, cercare di fare quello che ti piace, vivere la tua vita come vorresti tu, tutto quanto cambierebbe.

C’è stato un onorevole che, poche ore dopo che hanno ammazzato quel mio amico, è venuto fuori con aria arrogante – “la mafia non c’è, ha detto in sostanza, fatevi gli affari vostri!” – a minacciarci.

Bene, quell’onorevole in realtà è un debole, è un isolato, perché non ha nessunissima idea della vita reale, della gente vera: al massimo, può fare qualche danno ora, per il potere che ha.

Noi invece – tu ed io – siamo molto forti e gli possiamo ridere in faccia perché la vita (la vita di ogni giorno, quella normale, la nostra) la conosciamo, ci siamo dentro, sappiamo che cos’è; ci mancano solo le parole, ma le troveremo (e non saranno mai grandi parole, grandi ideali, faccende da politici: ma parole comuni, normali, quelle della vita di ogni giorno).

Allora, adesso ti faccio la mia proposta. Lasciamo perdere se hai la cravatta o l’orecchino (io, ripeto, preferirei l’orecchino: ma è questione di gusti, ognuno ha i suoi). Queste sono cose secondarie. La cosa importante è che tu vuoi vivere la tua vita, e che ti sei scocciato di quella che ti danno. Come me. Allora dammi una mano. Parole non me ne servono, mi servono poche cose da fare.

Poche, ma da farle sul serio, perché noi due – tu, ed io – siamo gente seria, non politicanti. Andare in villa con la ragazza è una cosa seria, e anche fare questo giornale è una cosa seria. Solo i bei discorsi non sono una cosa seria.

 

Un volantino di SicilianiGiovani / settembre 1984

LA “POLITICA” DI SICILIANI GIOVANI

Siciliani/giovani ha una “politica” molto semplice e chiara, e cioè: primo, schierarsi apertamente contro la mafia; secondo, affrontare liberamente tutti i problemi dei giovani: Quanto alla politica ufficiale, quella dei partiti, non siamo né favorevoli né contrari. Semplicemente, non è il nostro campo; chi vuole affrontarlo, può farlo a titolo personale (del resto ci sembra che in questo momento la lotta alla mafia e per una migliore condizione di vita dei giovani siano la cosa fondamentale, senza cui tutto il resto è poesia.

– Ma allora a che serve Siciliani/giovani?

A dare la parola alla gente, a fare parlare i ragazzi in prima persona, direttamente e senza bisogno di nessuno. E quindi a farli contare nella società. Noi non siamo qualunquisti, non diciamo che tutto è uguale e che non vale la pena di far niente. Però non siamo nemmeno ideologici, vogliamo imparare dalla realtà e dalla gente e non dai professionisti della politica.

– E che cosa c’entrano “I Siciliani”?

“I Siciliani” da soli possono riuscire a denunciare la mafia, ma non a creare una mentalità antimafiosa. Non si tratta solo di distruggere la mafia, ma anche di costruire qualcos’altro.

Questo qualcos’altro non lo possiamo inventare a freddo, ma deve venire dalla gente, e specialmente dai giovani, liberamente e senza prediche inutili. Si tratta di sviluppare al massimo grado la creatività di ciascuno, perché ciascuno è in grado di contribuire e d’altra parte nessuno oggi è in grado di costruire qualcosa di buono da solo. Si tratta in sostanza di capire come si può fare a vivere meglio, non nelle grandi teorie, ma nella realtà di ogni giorno.

– Ma è un giornale o un’organizzazione?

Non lo sappiamo ancora, probabilmente può diventare l’uno e l’altra. Ma attenzione: un giornale di tipo nuovo, e cioè assolutamente libero e fatto dalla base; e un’organizzazione di tipo nuovo, senza ideologie fisse e soprattutto senza professionisti, ideologie e leaderini. Tutta da inventare.

– E come si può fare a mettere in piedi questa organizzazione?

Non ne abbiamo la più pallida idea. A questo dobbiamo pensarci tutti, strada facendo. Finora abbiamo i gruppi di lavoro su argomenti concreti e il collegamento fra gente di varie scuole.

Questo non è venuto fuori perché qualcuno l’ha detto, ma semplicemente perché erano il modo più semplice di affrontare le cose da fare.

Anche quando si tratterà di organizzarsi in maniera più ampia, bisognerà continuare a seguire questo metodo, e cioé: prima i problemi concreti: a secondo dei problemi, il tipo di organizzazione, senza troppe teorie.

– Si è parlato pure di manifestazioni.

Una manifestazione seria si potrebbe fare, in tutta la Sicilia, per il cinque gennaio: purché non sia una semplice manifestazione ma un modo di ricordare a tutti “tutti” i nostri problemi, da quelli della mafia a quelli della vita quotidiana. Ma anche in questo caso, andiamoci per gradi: prima bisogna che si sia d’accordo tutti e che si discuta fra tutti per tutto il tempo che ci vuole. Non bisogna imporre mai niente “dall’alto” a nessuno.

– Ma come facciamo a essere certi di non venire strumentalizzati?

Per quanto riguarda noi Siciliani, non abbiamo interessi elettorali, quindi il problema si pone solo fino a un certo punto. Quello che vogliamo fare lo diciamo apertamente e chiaramente, e non crediamo che possa far paura a nessuno che abbia un minimo di buonsenso.

La parola “Siciliani” appartiene a tutti, comunque la pensino su tutto il resto, purché siano d’accordo che bisogna eliminare la mafia. “Siciliani” non è un generale che comanda, è semplicemente una bandiera. Dove portarla, dipende da tutti noi.

– E gli altri?

Per gli altri, non possiamo farci niente. Ognuno ha il diritto di parlare, e noi non possiamo censurare nessuno. Sta a noi ragionarci sopra, scegliere fra le varie proposte e, in caso di contrasti, decidere in assemblea. C’è solo da ricordarci che, in ogni caso, le cose importanti non sono le grandi parole ma i fatti concreti, anche se si notano poco.

 

Un volantino di SicilianiGiovani / estate 1986

PERCHE’ NON VOGLIAMO VIVERE CON LA MAFIA

Siamo qui perché non crediamo in questa Sicilia di mafia e di raccomandazioni, la Sicilia dei cavalieri del lavoro e dei politici corrotti. Per noi giovani questa Sicilia significa il ricatto del posto di lavoro, oggi sempre più pesante, la mancanza di spazi dove vederci e dove comunicare e conoscere le nostre iniziative musicali, teatrali, di cultura.

Opporsi diventa essenziale. Bisogna costruire qualcosa di diverso. Creare nuovi posti di lavoro con i beni sequestrati ai mafiosi in base alla legge La Torre e con i 12.000 miliardi di “residui passivi” attualmente inutilizzati nelle casse della regione siciliana; creare degli spazi e dei luoghi d’incontro liberamente gestiti dai giovani.

Giuseppe Fava è stato ucciso da chi non vuole cambiare la realtà, per dominarla col suo potere mafioso, con i soldi accumulati illegalmente, e manipolando l’informazione.

Giuseppe Fava è stato ucciso, ma noi siamo qui per fare pesare la sua assenza e perché domani sia come se lui fosse ancora vivo. Perché come lui ce ne siano altri mille. E a tutti, non potranno sparare.

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