venerdì, Aprile 19, 2024
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Identificare ed espellere

Indagine medica su un centro per il concen­tramento (forzato) de­gli immigrati

A Trapani il Cie di contrada Milo è una polveriera pronta ad esplodere. La struttura è nuova, operativa dal 2011, aperta in tutta fretta per affrontare l’emergenza Lampedusa.

Casermoni nuovi di zecca in cui ven­gono confinati i migranti che arrivano nelle coste della Sicilia occidentale. A Lampedusa, Pantelleria, Mazara. Ha so­stituito l’infernale centro di Kinisia. Ma le condizioni non sono cambiate. E or­mai sono all’ordine del giorno i tentativi di fuga dal centro, gli atti di autolesioni­smo da parte dei rinchiusi, le rivolte. Al momento al Cie di Milo sono rinchiusi circa 130 migranti che non hanno certez­ze sul loro futuro, chiusi in un limbo in cui le pratiche per l’asilo politico vanno a passo di lumaca. In cui i diritti persona­li vengono garantiti a singhiozzo.

«Non viene rispettata la nostra religio­ne servendoci pasti a base di maiale», racconta un migrante. Un altro ragazzo tunisino qualche settimana fa ha provato la fuga, non ce l’ha fatta e ha riportato la frattura ai talloni. «Non potevo cammi­nare, non potevo fare niente ed a Milo non c’erano i servizi sanitari necessari per la mia cura», ha raccontato. Ed ha aspettato un mese prima di essere trasfe­rito in un altro centro d’accoglienza più adeguato.

Dall’altro lato anche gli agenti di sorveglianza lamentano la precarietà della struttura: «c’è un’atmosfera insostenibile e noi siamo in pochi». Hanno anche scioperato i lavoratori di Milo, che non percepivano lo stipendio da due mesi.

I Cie in Italia sono 15, e l’associazione Medici per i diritti umani (Medu) ha ef­fettuato un monitoraggio completo di tut­te le strutture. I risultati, come era preve­dibile, non sono stati confortanti.

Alberto Barbieri e Maria Rita Pega, che hanno effettuato il monitoraggio, non usano mezzi termini dicendo che a Tra­pani la situazione è esplosiva.

«Da quello che abbiamo visto i Cie si dimostrano delle strutture inefficaci nel contrasto all’immigrazione irregolare e si rivelano tutti inadeguati a garantire i di­ritti fondamentali e la dignità umana dei trattenuti. Il Cie di Milo non fa eccezione su questo».

Qui infatti la situazione è paradossale: «Abbiamo potuto toccare con mano l’insostenibilità di queste strutture nono­stante Milo stato radicalmente ristruttura­to lo scorso anno. E possiamo dire inoltre che la maggiore tensione l’abbiamo ri­scontrata nel Cie di Milo quando il gior­no precedente al nostro arrivo c’è stata una fuga di 12 trattenuti e durante la no­stra visita, durata circa tre ore, ci sono stati oltre 10 tentativi di fuga».

Cosa porta un migrante rinchiuso a Milo a tentare la fuga, o addirittura atti di autolesionismo?

«La struttura di Milo, come le altre, – racconta Barbieri – genera e alimenta violenza, esclusione e alienazione in quelle persone che non hanno commesso un reato ma che si trovano in una condi­zione di irregolarità si trovano a trascor­rere lì un periodo che può arrivare addi­rittura a 18 mesi».

Tra l’altro non ci sono attività ri­creative o servizi di questo tipo per cercare di affievolire un po’ quella condizione di esclusione nelle persone trattenute.

«Non ci sono attività ricreative. Quindi il disagio delle persone, che sono a tutti gli effetti private della libertà personale, è fortissimo. Tra l’altro siamo estrema­mente preoccupati perché il nuovo ente gestore si è aggiudicata la gestione della struttura con un ribasso a base d’asta che ha portato il budget giornaliero per tratte­nuta a 27 euro rispetto ai 38 precedenti. Quindi i servizi alla persona risultano ul­teriormente sacrificati e quindi contribui­scono a peggiorare le condizioni di vita».

Le cose che voi avete denunciato vi­sitando il Cie di Milo purtroppo non sono nuove perché sono state fatte an­che delle interrogazioni parlamentari. E’ molto difficile però alta l’attenzione su questi temi.

«Noi lavoriamo per cercare di farlo e di ottenere dei cambiamenti. In questo senso prima di visitare i Cie siciliani il mese scorso abbiamo visitato il Cie di Lamezia Terme in cui abbiamo riscontra­to delle criticità gravissime e delle condi­zioni di vivibilità particolarmente scon­certanti. In questo caso fortunatamente il Cie di Lamezia è stato chiuso. Ci augu­riamo che con la nuova legislatura ci sia un ripensamento globale sul testo unico sull’immigrazione e anche sui modi di gestire la questione dell’immigrazione ir­regolare.

Il disagio non è solo nei tratte­nuti a Milo ma anche nelle forze di sicu­rezza. Ci sono state delle denunce dagli stessi sindacati della polizia sulle condi­zioni di sicurezza della struttura. Ma il problema innanzitutto è garantire i diritti fondamentali ai migranti».

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