giovedì, Dicembre 12, 2024
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Coop e l’isola abbandonata

“In 14 anni di lavoro in Sicilia ho visto passare e scappare più di dieci dirigenti tra presidenti e amministratori delegati…”

Sono mille i posti di lavoro a rischio in tutta l’isola per la cessione di tutti i punti vendita già preannunciata da Coop Alleanza 3.0., ma quali sono i veri motivi del fallimento di Coop in Sicilia?

Lo abbiamo chiesto a Maurizio Alongi, R.S.A. Filcams Cgil dell’ipercoop Corolla di Milazzo e a Mirko Pensabene, R.S.A. Uiltucs Uil dell’ipercoop Katanè di Gravina di Catania.

-Maurizio, tu lavori per Coop dal 2005 e, dopo essere stato in formazione a Parma, Mantova, Gradisca d’Isonzo, Gorizia e Pordenone, hai partecipato all’apertura di tutti gli ipermercati in Sicilia, ma la Coop in Sicilia è mai arrivata e, soprattutto, perché sta scappando?

M. “La Coop in Sicilia è arrivata e all’inizio è riuscita davvero a distinguersi da tutti gli altri marchi per i suoi valori etici e per la trasparenza con cui si relazionava con i suoi dipendenti. Ad un tratto qualcosa nella gestione è cambiata e il dialogo con i lavoratori è venuto meno. Ricordo un periodo in cui la gestione del personale era affidata a un dirigente proveniente da Carrefur che lodava i responsabili di reparto per il numero di contestazioni disciplinari che riuscivano a portare avanti nei confronti dei lavoratori… uno degli errori di Coop in Sicilia è stato proprio quello di destinare a ruoli di comando uomini provenienti da altre aziende che nulla avevano a che vedere con la storia e i valori di Coop. Inoltre, a parer mio, Coop ha commesso degli errori in quasi tutti i suoi investimenti economici, puntando sul format degli ipermercati quando già nel resto d’Italia ci si accorgeva che le grandi superfici di vendita non erano in grado di competere commercialmente con i category killer del settore no food. I nostri reparti non alimentari infatti sono stati i primi a registrare grosse perdite di fatturato. Gli investimenti poi sono diventati “scellerati” quando Coop ha avviato le operazioni di fusione con Coop 25 Aprile e Coop 1 Maggio, che hanno portato con sé tutti i debiti pregressi tanto da essere rivendute quasi in toto qualche anno dopo. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata, infine, l’acquisizione dei punti vendita ex Aligrup, operazione al di sopra delle forze economiche di Coop che, di fatto, non è mai riuscita del tutto né a fare ripartire i negozi acquisiti né a garantire condizioni dignitose di lavoro a quei lavoratori e a quelle lavoratrici subentrati in Coop e subito cassintegrati dalla stessa”.

-Maurizio tu eri un responsabile in Coop, perché ad un certo punto della tua carriera hai chiesto di essere demansionato?

M. “Perché Coop, ai tempi in cui io ero un responsabile di reparto, ci sottoponeva a ritmi di lavoro infernali che prevedevano più di 10 ore di lavoro al giorno in cambio di un forfettizzato mensile di 200 euro che si andava ad aggiungere alla paga base”.

-Ci sono altri motivi riconducibili al fallimento dei punti vendita siciliani?

M. “Sicuramente la pessima gestione dei punti vendita, frutto degli innumerevoli cambi di strategie e di politiche aziendali, in 14 anni di lavoro in Sicilia ho visto passare e scappare più di dieci dirigenti tra presidenti e amministratori delegati”.

-Qual è il tuo auspicio per questa procedura di cessione?

M. “Io spero vivamente che Coop faccia un passo indietro e resti in Sicilia, mi sembra un atto dovuto nei confronti di tutti i lavoratori che hanno continuato a credere in questa azienda andando incontro a mille sacrifici pur di far rimanere Coop sul territorio”.

-Mirko, tu lavori da 11 anni nel punto vendita Katanè che in fase di apertura è riuscito a registrare incassi record, poi cos’è accaduto?

M. “Quando Coop è arrivata in Sicilia la gestione dei punti vendita era ben diversa da quella odierna sia dal punto di vista umano sia dal punto di vista commerciale, col passare degli anni è andata via via peggiorando in primis perché i ruoli di potere sono stati assegnati a chi non aveva competenze nel settore, come ad esempio Gianluca Faraone (prima presidente di Coop Sicilia e oggi direttore di rete della Sicilia) e, in secondo luogo, perché chi non aveva competenze si è accerchiato di responsabili che dicevano sempre “si” senza mai mettere in dubbio alcuna decisione; inoltre purtroppo, le professionalità sono sempre state “mortificate” anziché valorizzate con spostamenti di reparto “punitivi” che hanno visto macellai trasformati in pescivendoli e magazzinieri trasformati in salumieri dall’oggi al domani”.

-Negli ultimi anni Coop ha utilizzato diversi ammortizzatori sociali, a cosa sono serviti?

M. “A poco perché sono stati utilizzati malissimo così come la flessibilità oraria. Anche nei periodi festivi e durante la quarantena, in cui si registrava un forte aumento degli incassi, il punto vendita in cui lavoro ha ridotto al minimo l’utilizzo delle ore dei lavoratori, arrecando un danno al servizio alla clientela che di conseguenza ha preferito acquistare altrove. Tutto ciò mi fa pensare ad una manovra pilotata atta ad accumulare ore e ore di esubero per poi motivare le perdite e la cessione dei punti vendita”.

-L’azienda che vorrebbe acquisire i punti vendita è GDS. Quali sono le richieste che ha avanzato durante il primo incontro con Coop e con i sindacati?

M. “Sono richieste inaccettabili. 36 mesi di ammortizzatori sociali, blocco degli scatti di anzianità, blocco della maturazione di parte dei ROL (permessi retribuiti) e flessibilità oraria. Ma la cosa più grave è che nel loro piano industriale hanno dichiarato di voler ammortizzare gli esuberi redistribuendoli in piccoli punti vendita a Castelvetrano, Trapani, Marsala, Sciacca, Enna, Gela, Taormina, Cefalù, Messina e Siracusa; peccato che la maggior parte degli esuberi dichiarati siano sul territorio catanese ed è impensabile che questi lavoratori possano essere trasferiti così lontano da casa con uno stipendio da part time”.

-Come ti auguri che vada a finire questa vicenda?

M. “Mi auguro che Coop trovi un acquirente serio in grado di garantire tutti i livelli occupazionali senza sottoporre ai dipendenti ulteriori rinunce in termini di diritti”.

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