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Che cosa tiene su i siciliani

Omaggio a un Maestro siciliano

“Tuffati” disse lu re. ‘U caruso guizzò lestamente giù diritto come un pesce (da donde il nome) e per qualche picca di lui non rimase che il colliè di bollicine su dall’acqua profonda. Eppoi le bollicine si ruppero e ricciuta e ridente rivenne su la testa. “Rieccovi l’anello, maestà!”. “Bene!” sorrise il re.

“Bene!” ripetè la comarca. “Adesso finalmente potrò sapere…- il re era molto curioso: artravorta avia fatto allivari solinghi e soli dui picciriddi allo scopo di spiare che lingua cristiana o babelica ne sortissi – adesso potrò sapere che cosa, contro ogni leggi di fisica, vi tiene a galla l’Isola”. “Maestà – disse un barone – ma già è ben noto. Le tre colonne cristalline: a Passero, a Lilibeo e a Peloro, coi tre ciclopi che le fecero a quei tempi”. “Sì ma allora non c’era la tecnologgia!”. Lu re fece un cenno e uno dei cortigiani porse al ragazzo un attrezzo, un coso lucido piccolo e vetroso, con un occhiuzzo in mezzo. “Ora tu metti questa cosa appress’alla colonna. Quando l’hai messa, premi qua. Eppoi o resti lassotto o risali, come vuoi”. Il ragazzo afferrò la webcam, sorrise a tutto il mondo e si cataminò di sotto: un attimo prima c’era, un attimo dopo non c’era più.

Passarono alcuni momenti, e sul dispay del sovrano si accese – come da previsione – la lucina. Eppoi, sfocate ma riconoscibili (settantadue puntipollice bianconero) le Gif cominciarono a scorrrere su tutti i monitor della Rete. “What is it?”. Una valigia di cartone: e, da fuori campo, la mano del ragazzo che la raddrizzava. “E questa?”. Un’asta di bandiera, si direbbe: con pochi filamenti attaccati ma una faucimmatteddu rugginosa ancora fissa alla punta. Eppoi riloggi fermi, pacchi di lettere e vaglia, fiaschi, marranzani, nache di legno, bummuli, barde di carretto, stellette militari, coppole, e remi di barche, e foto dei Due Amici, e cuteddi… tutta ‘na massa di paccottiglia miserabile e smancicata che invero – improvvisamente e con schifo si rese conto il re – non era ammucchiata attorno alla colonna né adiacente alla medesima, ma era semplicemente la colonna stessa. Altro che colonne ciclopiche… “Ecco che cosa li teneva a galla, i fetenti!”.

“Richiamo il ragazzo, maestà?”. “Che richiami a fare? Lascialo nella loro spazzatura”. Con uno sbuffo, re Federico s’alzò. “In Germania, in Germania! Ce ne torniamo in Europa. E io che credevo ai miti”. E s’incamminò via dal salone, con tutta la comarca dei cortigiani dietro. Nessuno pensò a spegnere i monitor, e la webcam per quanto obsoleta era di tipo buono. Così se passi da Messina e hai tempo da perdere ancora puoi buttare un’occhiata sul fondamento della Sicilia in bianco e nero, sui pesci che se lo smusano curiosi e le alghe che lo carezzano indifferenti.

Ogni tanto, entrando improvvisamente nella schermata come in un videogame postmoderno – da su, da giù, da mancina, da dritta – appare la figurina di un ragazzo che coglie amorosamente le vecchie cose e le rimette dentro alla colonna: non senza averci fischiato dentro se era un flauto, o averci mimato una mossa se un coltello. Non pare che abbia gran voglia di risalire: e menu mali, accussì almeno un altro poco restiamo a galla.

 

(13 gennaio 2003)

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