sabato, Ottobre 5, 2024
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Catania – Una domenica al Midulla

Piccoli e grandi cittadini inaugurano il centro

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“Date un’occhiata! Qua faremo tante attività gratis!” così vengono accolte una madre con la sua bambina, rapite per un attimo dai cartelloni colorati che campeggiano sul Midulla. San Cristoforo di domenica è più selvaggio che mai: banconi e bancarelle e monnezza invadono marciapiedi e strade. Un brusìo di voci, colori e odori. In quest’atmosfera ieri, dalle undici del mattino alle sette di sera, si è tenuta una festa per inaugurare il Midulla riconsegnato alla città. Non l’ennesima autocelebrazione di un’amministrazione che inaugura per mettersi medaglie al petto, ma un’inaugurazione dal basso dove semplici cittadini hanno festeggiato la riapertura del centro polifunzionale, facendo le attività più disparate e coinvolgendo la gente del quartiere. “Questa prima settimana è stata dura: ci sono un sacco di lavori da fare, anche se di primo acchito non sembrava. Ma grazie alla collaborazione di tutti, è iniziata quest’avventura” dice uno dei presenti.

Fuori nella stradina un nugolo di bambini: alcuni sono stati a fare la spesa al mercato rionale di via Belfiore e quando passano da via Zuccarelli si intrattengono a parlare con quelli del Midulla. Un’altra occupante ha gli occhi stanchi ma non le manca l’energia “Abbiamo già iniziato diversi laboratori con i bambini – e si dirige nel corridoio che porta alla palestra – questo è uno dei nostri primissimi lavori fatti insieme” e ci mostra tanti disegni colorati con diversi materiali “È inutile aspettare di rimettere in sesto l’edificio, che ne ha comunque bisogno, abbiamo deciso di vivere subito questo posto!” e si rimette all’opera al tavolo insieme ai bambini tra fogli, immagini e colori.

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Entrando dall’ingresso principale, sulla parete sinistra, un grande riquadro bianco con dei bigliettini appesi: questo è lo spazio dove ognuno può postare la propria proposta: un laboratorio di musicoterapia, un corso di italiano per immigrati, un diario del Midulla… “A occhio e croce ci vorranno almeno centomila euro per renderlo funzionale – dice pensieroso un altro – hanno rubato i quadri elettrici, tutto il ferro che hanno potuto recuperare, distrutto l’impianto della luce e quello dell’acqua…”. E in effetti già da fuori sono visibili i segni del degrado: sui portoni dell’ingresso i vetri sono rotti e uno è stato persino incendiato.

Qualche abitante del quartiere ricorda il recente passato di questa opera pubblica “Due anni e mezzo fa, la presidente del Consiglio comunale Raciti insieme ad altri funzionari hanno fatto un sopralluogo per verificarne le condizioni. Dopodiché il Comune decise di affidarlo ai Servizi sociali ma in realtà nessuno si trasferì perché quelli dicevano: a San Cristoforo non ci veniamo, è troppo pericoloso. Fatto sta che però nel frattempo sparivano scrivanie, scaffalature, computer… Abbiamo cercato di capire cosa stava succedendo, e ci dicevano che se ne stava occupando qualche ufficio… Ma in realtà non si è saputo più nulla!”. Il compare vicino, sorridendo allusivo, aggiunge “Probabile che li abbiano fatti sparire loro stessi!”.

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Uno dei presenti parlando dell’occupazione ammette “Era una cosa che pensavamo da tempo, la stavamo valutando, per cercare di gestirla bene una volta che avremmo occupato. Al corteo del cinque gennaio per Giuseppe Fava quando abbiamo visto quante persone, quanti giovani marciavano con noi, abbiamo avuto la giusta spinta emotiva e ci siamo detti: Al diavolo! Qui c’è la città che crede ancora che insieme si possono fare tante cose. Forza! Occupiamo e restituiamo a Catania e ai suoi cittadini e cittadine ciò che il Comune ha lasciato al degrado. Ci appartiene e sapremo valorizzare questo spazio dimostrando che uniti si può fare”. Non è un caso che queste parole provengano da chi da anni vive i quartieri popolari da sempre oppressi dal sistema politico mafioso. Una cosa importante è stata fatta, e altre ancora si possono fare e si faranno, ma a una condizione: che quella società civile che vive e opera “oltre il confine” dei quartieri si unisca all’occupazione nel nome della giustizia sociale.

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