venerdì, Aprile 26, 2024
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Quando Milano educa alla mafia

Canzoni e film che inneggiano alla mafia nelle biblioteche rionali e all’Università Statale

Si poteva pensare che certe cose succedessero solo in Germania, paese ancora con la testa fra le nuvole convinto della sua verginità mafiosa. Dove a promuovere la cultura italiana in un liceo di Schwerte, nel Nord Reno Westfalia, per mesi è stato il figlio di Bernardo Provenzano. Dove all’università di Bochum per parlare di ‘ndrangheta furono invitati Antonio Pelle e Francesco Sbano. Due relatori così discussi che l’opposizione socialdemocratica al Parlamento Regionale fece la seguente interpellanza: “Non ci sono esperti di mafia nel Nord Reno Vestfalia oppure come altro si spiega il fatto che un ristoratore di Duisburg, originario di San Luca e più volte citato nel rapporto della  polizia  federale tedesca (BKA), e un ambiguo produttore di musica della mafia, tengano lezione agli studenti dell’università di Bochum sulla natura e le caratteristiche della mafia?”
Succede poi che, cercando un libro sul catalogo delle biblioteche rionali a Milano, non in Germania, ci si imbatta nel famoso cd “La Musica della Mafia” di Francesco Sbano. Primo volume di una trilogia di sedicenti canzoni popolari che inneggiano  alla ‘Ndrangheta. Trilogia che contiene anche la canzone “Ammazzaru lu Generali” canzone che esalta l’uccisione del generale Carlo Alberto dalla Chiesa e il cui figlio, Nando dalla Chiesa, docente di Sociologia della Criminalità Organizzata, è stato recentemente nominato Presidente del Comitato Antimafia a Milano.
Stesse canzoni che sono state allegate anche nel libro “Malacarne” a insaputa di celebri personaggi dell’Antimafia che hanno prestato gratuitamente dei testi da inserire in quello che credevano solo un’opera fotografica. Inutile dire che la parte musicale del libro era a cura di Francesco Sbano. Tra gli aggirati anche lo studioso Antonio Nicaso, il magistrato Nicola Gratteri, Rita Borsellino e Roberto Saviano che mercoledì 18 gennaio riceverà proprio a Milano la cittadinanza onoraria.
Certo, non si può imputare al governo di una città appena insediato delle responsabilità sulla presenza di materiale di apologia alla mafia nelle biblioteche comunali; si spera però che si provveda alla sua rimozione e ad una maggiore attenzione nei criteri di acquisto o di accettazione, o anche semplicemente nella catalogazione del materiale, perché usare come categoria di classificazione “musica popolare – Calabria” per le musiche della mafia è semplicemente offensivo.
Rientrano nel discorso anche le università pubbliche, come la Statale di Milano, la cui biblioteca del dipartimento di studi sociali e politici ospita il documentario “Uomini d’Onore” sempre di Francesco Sbano. Un film in cui la ‘ndrangheta viene descritta in modo romantico, stile Robin Hood, unica soluzione e alternativa contro lo Stato malvagio e assente. Dove sedicenti ‘ndranghetisti  vengono intervistati su dei cavalli, incappucciati, come se fossero rivoluzionari sud-americani.
C’è da chiedersi se l’educazione o la cultura pubblica, perché non si tratta di librerie o videoteche private che entro i limiti di legge vendono quello che gli pare, debbano avere a Milano sul tema della criminalità organizzata anche Francesco Sbano come interprete. Una persona che racconta di avere la fiducia di boss mafiosi tanto d’aver accompagnato nella Locride un gruppo di giornalisti stranieri, una gita turistica spacciata per inchiesta, dove gli inviati hanno potuto fare foto e interviste ai boss della ‘ndrangheta canterini. Giornalisti che poi sono tornati in patria a raccontare che la ‘ndrangheta è uno stile di vita o che l’Antimafia in Italia è un circo ambulante.
Penso sia ora di iniziare ad alzare anche le difese culturali verso il fenomeno della criminalità organizzata che, senza tacito consenso e omertà, avrebbe vita breve. Non si tratta di censura verso la cultura, è che proprio questa non è cultura bensì propaganda. Dove la musica popolare della Calabria  viene strumentalizzata e collegata alla ‘ndrangheta, quando in realtà i valori della cultura e della musica calabrese sono ben altri. Il fenomeno testimonia l’assoluta impreparazione  della società milanese.

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