sabato, Aprile 27, 2024
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Una casa contro la crisi dei diritti

La crisi non è solo eco­nomica, ma anche so­ciale e di valori. Come intervenire nelle città?

Il momento che viviamo è attraversa­to da una crisi profonda. Una crisi non solo semplicemente economica, ma an­che so­ciale e valoriale, nella cui confu­sione ven­gono messe a rischio le con­quiste sudate e pagate a caro prezzo dalle generazioni passate.

L’idea stessa di cittadinan­za ha subito uno svuotamento e uno stravolgimento preoccupanti, mentre si consumava sem­pre di più la distanza tra la classe politica e la massa elettorale. Inve­ce di reagire come accaduto altrove, nella Repubblica la costruzione di alternative e progetti si è inceppata spesso e volentieri: la fase rista­gnante della sola critica (o peggio della restrizione dentro vecchi schemi) ci ha bloccato in una prospettiva in cui sembra impossibile riprendersi quello che viene gradualmente eroso ed è certamente im­pensabile sviluppare mo­delli di gestione della politica e dell’eco­nomia nuovi e so­stenibili.

Oggi tutte le grandi discussioni dei no­stri peggiori e meglio pagati rappresentan­ti si vanno concentrando su questioni il più delle volte effimere o basate sul nulla. E quando si affrontano temi di importanza centrale, il livello è talmente basso da es­sere imbarazzante.

Gli spazi per elaborare le risposte e per definire le domande non sembrano più es­sere collocati laddove ci si aspetterebbe.

Per un periodo si è anche creduto che a trovare soluzioni e piazze di partecipazio­ne e responsabilizzazione della cittadinan­za ci avrebbe pensato la grande intelligen­za collettiva della Rete. La quale, al più si è dimostrata uno strumento, utile anche a rivelare il peggio dei cittadini.

Questo non vuol dire che manchi­no del tutto spazi di elaborazione ed edu­cazione politica: centri culturali, cen­tri so­ciali, as­sociazioni, fondazioni e movimen­ti assi­curano ancora oggi meglio degli organi­smi classici di partecipazione delle aree di questo tipo. Ma non sono proprio appan­naggio di tutti e né in genere uno spazio di mediazione tra Istituzioni e cittadini.

La Casa dei Diritti

Il Comune di Milano ha costituito un’oasi che risponde a questi bisogni. La ‘Casa dei Diritti’ è sia il luogo in cui si concretizza l’eroga­zione di servizi che quello in cui parteci­pare attivamente all’applicazione dei dirit­ti democratici, anche attraverso la propo­sta e l’organizza­zione di eventi. Il filo conduttore alla base di tutto è la lotta alle discriminazioni. ‘Housing sociale – Residenzia­lità – Tuto­ring (dipendenze ed HIV/AIDS)’, Preven­zione e contrasto alla violenza di genere’, ‘Contrasto al fenome­no della tratta’ sono i servizi a cui si può accedere. Mentre una sequela di sportelli fa fronte a tutta una serie di necessità le­gate al mondo LGBT, degli italiani di seconda generazione, dei migranti. Un centro del genere fornisce un terreno comune ai rappresentanti delle mi­noranze e gli può essere deputato il ruolo di mediazione tra esse e le Istituzioni: è un luogo dove i conflitti sociali possono essere armonizzati ed elaborati pratica­mente. Non solo: è un luogo dove si fa ri­ferimento agli ultimi, spesso esclusi da qualsiasi agenda politica, se non chiamati a interpretare il ruolo di comparse.

Due sportelli esemplari

 Ci sono poi due sportelli che potrebbero essere presi ad esempio come ricettacolo di tutte le potenzialità di un simile cen­tro.Il primo si chiama ‘Tutta la genitoriali­tà possibile’: “Con la collaborazione di VOX Osserva­torio sui Diritti, SOS Infer­tilità ONLUS ed alcuni ginecologi specia­lizzati, è uno spazio informativo, di orien­tamento e di consulenza in Italia per le coppie, finalizzato a chiarire aspetti medi­ci, legali ed operativi della procreazione assistita dopo la sentenza della Corte Co­stituzionale sulla Legge 40 e sulla fecon­dazione eterologa”.

Si pensi a quanto sia difficile per tanti genitori concepire un figlio ed essere an­che informati su come affrontare l’inferti­lità, relegata all’angolo della vergogna e repressa come un argomento da cui fuggi­re senza spiegazioni. Si pensi alle incredi­bili difficoltà di chi vuole anche semplice­mente sapere come affrontare l’evenienza di una simile circostanza.

L’altro, il ‘Registro per il deposito delle attestazioni anticipate di volontà’, rappre­senta un altro tentativo coraggioso di met­tere in luce un argomento-tabù: ‘Offre ai cittadini milanesi la possibilità di iscrizio­ne in un registro istituito per l’attestazione del deposito delle dichiarazioni anticipate di volontà sui trattamenti sanitari, in ma­teria di prelievi e trapianti di organi e tes­suti, nonché in ordine alla cremazione e alla dispersione delle ceneri e, se indivi­duati, i nominativi ed i dati anagrafici dei fiduciari che hanno il compito di collabo­rare  all’attuazione delle volontà espresse’. Ne va da sé che un luogo come questo mette anche le persone in condi­zioni di capire che cosa sia un testamento biologico, alimenta il dibattito, solleva una questione, informa. Non lascia che una conquista civile si deteriori nel disuso o nell’abbandono.

Un approccio dinamico ai diritti

Questo approccio dinamico ai diritti e a tutta la difficile attrezzatura della demo­crazia potrà apparire perlomeno non suffi­ciente, specie come luogo di educazione alla cittadinanza. Eppure svolge una fun­zione pratica, d’esempio, di stimolo. È la concessione degli spazi e il loro uso criti­co che può servire ad avvicinare interi segmenti della società completamente ab­bandonati a se stessi.

Perché non dare an­che a Ragusa questa occasione? Perché non permettere la de­clinazione locale di questo esperimento? Perché non darci questa occasione? È vel­leitario, è costoso, è inutile? Ma quanto costa, invece, non investire nei diritti?

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