venerdì, Aprile 26, 2024
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Trivelle e inceneritori: sistema Mose dappertutto

Approvato il decreto “Sblocca Italia”: più commissariamenti e meno democrazia. Tri­velle e inceneritori ovunque, acqua priva­tizzata e coste invase dal cemento

Una legge che sa di primo Novecento e che gratterà il fondo del barile per svendere quel che rimane dell’ex Bel­paese. E’ una delle descrizioni più effi­caci e sintetiche del decreto “Sblocca Italia”, recentemente approvato in Par­lamento. Tanti i provvedimenti conte­stati e che andranno a influire negativa­mente su salute pubblica, ambiente, ge­stione dei beni comuni e della cosa pub­blica.

Il 12 e 13 giugno 2011 milioni di italia­ni, dopo tantissimi anni, con il loro voto resero “valida” una consultazione referen­daria esprimendosi più che nettamente per una gestione dei beni comuni (a partire dall’acqua, il bene comune per eccellen­za) pubblica, trasparente, democratica.

Tre anni e cinque mesi dopo è stata prevista la col­locazione in Borsa del 60% delle società che li gestiscono oppure una quota ridotta, a patto che privatizzino la parte eccedente fino alla cessione del 49,9%. Tenore non diverso per il demanio pub­blico e le no­stre bellissime coste, già oggi in gran par­te aggredite dalla speculazione del cemen­to e dalla ricerca privata del profitto ad ogni costo. Gli immobili de­maniali inuti­lizzati potranno essere ven­duti solo ai pri­vati.

Dal Mose all’Expo

E’ cronaca di alcuni mesi l’inchiesta, e l’esplosione del relativo “scandalo”, rela­tivo al sistema Mose (e nelle stesse setti­mane anche l’Expo ha occupato pagine e pagine di cronaca giudiziaria).

Passate le settimane del clamore e i re­lativi proclami di prammatica, si è tornati alla crudissima verità. Lo “Sblocca Italia” regalerà il più possibile sempre nuovi “si­stemi Mose”. Il sistema che non ha potuto arginare quel che è accaduto in laguna ap­proderà in tutta Italia.

Il primo laboratorio sarà l’ex Italsider di Bagnoli (e, per essa era stato inizialmente previsto il provvedimento) ma poi si estenderà a tutta la Penisola: commissa­riamenti per le bonifiche e “procedure straordinarie per interventi di rigenerazio­ne urbana ed ambientale” che – come hanno denunciato il Forum Nazionale dei Movimenti per l’Acqua Pubblica, l’Asso­ciazione A Sud e il Coordinamento Nazio­nale No Triv – esproprierà “i cittadini, le assemblee elettive locali e gli organi di controllo statali […]del diritto di pianifi­care il territorio di loro competenza, che viene affidato ad un commissario gover­nativo-podestà”.

“Grandi opere” contro l’ambiente

Il sistema delle “Grandi opere”, dove corruzione e cartelli criminali sono spesso prosperati cancellando l’interesse comu­ne, con lo “Sblocca Italia” è il “mantra” dello “sviluppo” previsto.

Un quarto dell’intera legge per il WWF indebolisce le tutele e le valutazioni am­bientali e dà mano libera ad interessi spe­culativi, tra cui “la proroga delle conces­sioni senza gara e l’allargamento dei pote­ri delle concessionarie autostradali in vio­lazione delle normative comunitarie” fino alla “elusione del nulla osta paesaggistico delle soprintendenze e del via libera agli appetiti dei privati sul patrimonio pubbli­co sulla base di semplici accordi di pro­gramma”.

Il grande business dei rifiuti

I rifiuti sono diventati negli anni uno dei business più prosperi, dalla Campania all’Abruzzo, dal Lazio alla Lombardia, di mafia, camorra e altri cartelli criminali.

Alla faccia delle direttive europee

L’Italia appare lontanissima da una ge­stione virtuosa e da Stati molto più avan­zati in materia. La Direttiva europea 98/2008 e la legislazione italiana in mate­ria preve­dono una gestione il più possibile virtuosa ed ecologicamente sostenibile del ciclo dei rifiuti, a partire da precisi obietti­vi di raccolta differenziata.

Leggiamo nel Preambolo della Direttiva “la priorità principale della gestione dei rifiuti dovrebbe essere la prevenzione ed il riutilizzo e il riciclaggio di materiali”, che “dovrebbero preferirsi alla valorizza­zione energetica dei rifiuti”.

Lo “Sblocca Italia” si allontana da tutto questo e vira decisamente verso l’incene­rimento (la “valorizzazione energetica dei rifiuti”…) dei rifiuti, arrivando addirittura a prevedere una rete nazionale di inceneri­tori.

Una vera e propria rete di inceneritori

E quindi se una Regione produce di più e ad un’altra mancano i rifiuti da inceneri­re ci saranno camion che attraverseranno lo Stivale per questa rete di “mutuo soc­corso”. Sterminata è anche sul web la let­teratura che accusa gli inceneritori di dan­neggiare la salute umana e inquinare in maniera gravissima l’aria che respiriamo quotidianamente.

Così come è incalcolabile il numero di Comuni autori di una raccolta differenzia­ta più che virtuosa e che si ritrovano pena­lizzati da impianti, consorzi e società di gestione. Chiedono aiuto da anni e, inve­ce, anche questa volta verranno messi all’angolo.

Il provvedimento più contestato dell’intero Decreto (fino ad aver portato migliaia di persone in piazza in molte mo­bilitazioni in tutta Italia, la maggiore pro­babilmente in Basilicata quando davanti alla sede della Regione è avvenuta una vera e propria rivolta popolare) è relativo alle fonti energetiche.

Lo “Sblocca Italia”, nonostante in tutta Italia non ci siano solo i “quattro comitati­ni” (come in maniera sprezzante lì definì Renzi…) ma una mobilitazione capillar­mente diffusa e che smuove la popolazio­ne in molte regioni, ha definito prioritarie le attività di “prospezione, ricerca e colti­vazione di idrocarburi e quelle di stoccag­gio sotterraneo di gas naturale a carattere strategico” accentrando a livello nazionale gli iter autorizzatori a partire dalle proce­dure di Valutazione d’Impatto Ambienta­le.

Le trivelle petrolifere vengono quindi favorite e per loro il Governo avrà anche vere e proprie corsie privilegiate e prefe­renziali. I bellissimi golfi di Napoli e Sa­lerno, Ischia, Capri, Sorrento, Amalfi e la costiera cilentana (sede di un Parco nazio­nale) – vere e proprie perle pregevolissi­me del Belpaese – vedranno quindi il ri­lancio di attività petrolifere e trivelle in bella vista.

Quarantamila in piazza a Pescara

L’Abruzzo, che dal 2007 è permanente­mente mobilitato contro questa prospetti­va (l’anno scorso a Pescara scesero in piazza oltre quarantamila persone, un nu­mero sideralmente maggiore anche delle maggiori mobilitazioni sindacali locali), Sicilia, Lombardia, Campania, Emilia Ro­magna, Marche, Basilicata, i mari Adriati­co, Ionio e il canale di Sicilia si vedranno imposti la “deriva petrolifera” e i distretti minerari.

Il Coordinamento Nazionale No Triv ha ribattezzato per queste “scelte fossili” il decreto “Sblocca Idrocarburi” denuncian­do che è la traduzione in legge dello Stato “del manifesto programmatico scritto vent’anni fa da Assomineraria” e da alcu­ni gruppi economico-finanziari.

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