venerdì, Aprile 26, 2024
-rete-CronacaEditorialiPeriferieSocietàStorie

Se si muove il popolo di Dio

Un umile frate laico, Biagio Conte, è riuscito a salvare il destino di un uomo che i potenti avevano destinato alla deportazione. Una storia di coraggio e solidarietà. Non isolata

La chiesa cattolica in Italia – e qui non si parla di opere di carità – non ha mai brillato di disobbedienza, nel suo insieme nella sua relazione con il potere. Luce in questo mare grigio sono stati pochi su molti.

Don Mazzolari e Don Milani, padre Turoldo e padre Ernesto Balducci, don Enzo Mazzi e don Giovanni Franzoni sono quelle luci che hanno fatto brillare politicamente il Vangelo.

Altri sono stati più fortunati nella loro azione pastorale, più voluti bene e messi in condizione di svolgere il loro ministero come ad esempio Don Tonino Bello.

Altri sono stati semplicemente dimenticati, abbandonati, isolati con una ordinario fuoco attorno la loro azione; pensò ad esempio a don Roberto Sardelli, prete delle baracche romane negli anni settanta, e intellettuale e teologo isolatissimo non solo dalla gerarchia, ma anche dalla chiesa locale attorno e dalla società civile che lo ha onorato – troppo poco – solo dopo la morte. Oppure a Catania padre Concetto Greco, prete operaio e teologo della liberazione, morto una decina di anni fa nel suo quartiere, ai margini della città.

La Chiesa cattolica in Italia non è una grande storia e non splende – guardandola come storia collettiva del suo popolo –. E quando si scrive questo non ci dimentica di quei frammenti di chiesa; essi tuttavia non colmano il vuoto tra la testimonianza delle singole esperienze e il comportamento formale, istituzionale attorno ad esse.

Don Pino Puglisi e Don Peppe Diana, uno di seguito all’altro nel loro martirio solitario. Il primo messo poi su altari altissimi e il secondo lasciato ancora oggi ai margini della riconoscenza. Essi sono esattamente un tratteggio della vita di molti altri preti, o di altri cattolici che hanno attraversato i malanni del nostro paese, pagando il debito della relazione tra chiesa e stato in Italia.

E oggi? Che cosa è cambiato in questi sei anni con Francesco? È cambiato questo rapporto tra Chiesa e Stato? Si è fatta più trasparente la modalità di annuncio del Vangelo?

Quando, passando da un canale all’altro osserviamo le immagini dell’otto per mille alla Chiesa cattolica leggiamo la difficoltà di evangelizzare senza un minimo di narcisismo. Questa Chiesa cattolica nel nostro paese, che nonostante le tante testimonianze nelle chiese locali, resta legata a delle forme stereotipe, forme che troppo spesso si distinguono integralisticamente dalla vita della gente nel paese.

Le testimonianze di oggi non ci convincono del Vangelo, semmai attestano una narrazione televisiva anche quando la costruzione della parola annunciata dovrebbe riportarci alla sostanza del suo annuncio.

Quel giovane prete che va in mare, solidale con chi ha bisogno di essere salvato è forse l’esempio più pulito di questa difficoltà di essere chiesa senza lo specchio di un benedicente applauso della gente; ma questo giovane uomo, così serenamente compagno dei volontari del mare non dovrebbe essere un semplice volontario, testimone di un’azione partecipata da tanti?

Il Cardinale polacco, che va ad attaccare la luce alle famiglie del palazzo romano, non può che farci simpatia; ma anche lui così non ha fatto semplicemente la sua esistenza di cristiano?

C’è invece un semplice frate – Biagio Conte – che a Palermo, da decenni con una narrazione di evangelica pazzia ha messo insieme qualcosa come mille e duecento poveri, italiani e stranieri, e ha chiesto alla sua chiesa e alla sua città una solidarietà.

Lo ha fatto per decenni camminando, soccorrendo, prendendo freddo, restando tante volte schiacciato dalla stanchezza.

Quindici giorni fa ha deciso di ribellarsi quando uno dei suoi ragazzi avrebbe dovuto lasciare l’Italia, uno come tanti che avrebbe dovuto espatriare. Non ha più mangiato finché il Tar di Palermo non ha annullato la sentenza; che è quel che infine è avvenuto, mentre un migliaio di poveri – quelli della sua comunità – lo hanno accompagnato in questo sciopero.

Questo fermarsi di tutta una comunità di poveri a Palermo, questo grido dovremmo imparare ad ascoltare. Tutti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *