sabato, Aprile 27, 2024
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Posteggiatori

Alessio, 35 anni, ha avuto a che fare con i posteggiatori di Catania.

“Era una domenica d’estate, in cui a Catania a stento sopravvivi al caldo. E io quella mattina mi alzai, indossai il primo costume che trovai nel cassetto ed uscii di casa, direzione Playa. La mia auto era una sauna. Il viale Kennedy era affollatissimo. Ogni anno c’è sempre più gente, e più macchine. Le aree per il parcheggio, invece, sono sempre le stesse. Su quella via pressoché nulle, e solo se sei fortunato ti becchi un posto nei parcheggi dei lidi, gestiti dai privati.

Rimasi a girare in auto per almeno venti minuti. A un tratto, un miraggio. Alla terza volta che passavo davanti al mio solito lido, un ragazzo, giovane, avrà avuto meno di trent’anni, mi si parò davanti e con il fare deciso di un vigile urbano mi fece segno di fermarmi. Aveva una maglietta bianca e un borsello appeso alla spalla. Un fisico impostato, e un’aria da prepotente. “Capo – fece – che cerca parcheggio?”. Io, oramai grondante di sudore: “Secondo te?”. Mi indicò uno spazio libero, sotto al cartello del divieto di sosta. “Avanti, si mittissi docu!”. “Ma dove, lì?”. “E certo, non lo vede che si è liberato un posto? Fu magari fortunato!”. Mi convinsi quasi subito, d’altronde per fortuna i vigili lì non si fanno mai vedere. Scesi finalmente dall’auto. Chiusi le portiere e feci per avviarmi. “Capo! Il parcheggio!”. Mi voltai. “Ma quale parcheggio? Perché quello che è, un parcheggio?”. “Picchì, a lei chi ci pari?”. Con la coda dell’occhio scorsi una macchina, nuovissima, probabilmente appena uscita dal concessionario, ma con uno specchietto rotto, come un pugno all’occhio. In un attimo mi convinsi a pagare, tirai fuori due euro dalla tasca e glieli diedi.

Attraversai la strada e finalmente entrai al lido, fermandomi al bar vicino l’ingresso. Salutai Michele, misi la mano in tasca per prendere la moneta e ordinare il mio solito caffè, ma niente. Avevo dato l’ultima al parcheggiatore lì fuori. “E che vuoi fare, qui tutti li dobbiamo pagare i guardiani” – mi consola Michele – “non ci pensare”. In quel momento vidi entrare dalla porta un vecchio amico della scuola, non lo vedevo da una vita. Ci abbracciammo felici. “Ci penso io al caffè” – disse lui – “così festeggiamo anche la mia macchina nuova. Ho giusto i due euro in tasca”. “Ah bene” – gli faccio io – “e che macchina hai comprato?!”. “Bellissima, blu metallizzato, è qui fuori, dall’altro lato della strada!”. “Ah.. beh.. complimenti! Grazie per il caffè, mi hai salvato la domenica!”.

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