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Messina. L’assalto del Terzo Livello ai Centri per migranti

L’interesse di Emilia Barrile nel procurare posti di lavoro alle persone a lei vicine, si sviluppa in una più vasta rete relazionale volta a raccogliere ogni ulteriore opportunità lavorativa cui avviare i più fedeli e meritevoli dei suoi sostenitori; rapporta sempre a Marco Ardizzone le varie possibilità che si presentano e concorda con lui chi fare assumere e presso quale azienda, e ciò nell’ottica di una strategia volta ad ottenere i massimi benefici elettorali”.

È quanto scrive il 7 ottobre 2017 la Direzione Investigativa Antimafia nell’Informativa riepilogativa delle indagini svolte nei confronti dell’ex Presidente del consiglio comunale (e candidata a sindaco alle ultime elezioni amministrative) e su alcuni pregiudicati e imprenditori a lei vicini, finiti tutti agli arresti un mese fa nell’ambito della cosiddetta operazione Terzo Livello.

Un elaborato sistema politico-affaristico e clientelare, quello architettato dalla Barrile e dal suo consigliere-consigliore Ardizzone, che vedeva il pressing a tutto campo dell’esponente politica cresciuta all’ombra del ras Francantonio Genovese (già Pd poi Forza Italia), per far conseguire un’occupazione precaria a parenti, amici e sostenitori in aziende pubbliche, cantieri navali, società di navigazione, esercizi commerciali, supermercati e cooperative del terzo settore. Nelle mire di Emilia Barrile & C., non poteva mancare ovviamente il business dell’“accoglienza” richiedenti asilo e minori stranieri non accompagnati, esploso a partire delle false emergenze sbarchi dell’ottobre 2013 e che ha visto proliferare a Messina tendopoli-lager, hotspot per la detenzione, identificazione ed espulsione, centri di prima e seconda accoglienza, strutture “formative” per migranti e quant’alto. Titolari e manager di aziende di ristorazione, imprese edili e case di cura per anziani riconvertitesi in tempi record in gestori-operatori dell’accoglienza e praticoni-  sperimentatori di  “buone pratiche”. E centinaia tra neolaureati o disoccupati senza titoli di studio specifici trovatisi d’incanto a interpretare le figure professionali richieste nei centri migranti, in contesti complessi e pessime condizioni lavorative e stipendiali.

In un lungo capitolo dell’informativa Terzo Livello, la Direzione Investigativa Antimafia si sofferma specificatamente sui rapporti intercorsi tra Emilia Barrile e Benedetto Bonaffini, comunemente denominato Benny, “noto imprenditore messinese impegnato anche nel sociale attraverso le cooperative costituite per la gestione dei migranti e dei relativi centri di accoglienza”. Bonaffini, come riportano gli inquirenti, “dalla consultazione di fonti aperte viene citato quale responsabile per Messina della Cascina Global Service di Roma che aveva la gestione della tendopoli ove erano alloggiati gli immigrati e gestiva il centro di accoglienza per minori denominato Centro Ahmed in Messina, per conto della cooperativa Senis Hospes di Senise (Potenza)”. In verità, grazie all’interlocuzione ultraprivilegiata con la Prefettura e l’amministrazione comunale di Messina (sindaco Renato Accorinti), il potente imprenditore della ristorazione pubblica e privata ha avuto modo di gestire anche il maxi-centro realizzato presso l’ex caserma “Gasparro” di Bisconte, centri di “accoglienza di secondo livello” del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) e finanche alcune attività del Centro “polifunzionale per immigrati regolari” inaugurato recentemente dal Comune grazie ai fondi PON Sicurezza del Ministero dell’interno. Ma poco importa. Importa invece quanto accertato dalla DIA sulla Barrile-Bonaffini connection in tema assunzioni e centri migranti, anche se, ad oggi, esse non sono state ritenute dai magistrati penalmente rilevanti.

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