sabato, Novembre 2, 2024
-mensile-Interviste

Parla la Milano onesta: resistere e continuare a combattere

Dopo un quindicennio di potere in­contrastato in Lombardia, Roberto Formi­goni è arrivato al capolinea ma non cade: tratta da posizioni di forza la sua successione, i nuovi equilibri di po­tere della Regione, sceglie la data del voto e ha un peso determinante nella forma­zione delle alleanze nell’area poli­tica del centrodestra. 
Nell’ultimo anno la sua giunta ha per­so un pezzo dopo l’altro sotto i colpi del­le in­chieste giudiziarie e lui stesso è in­dagato per i suoi rapporti con l’imprendi­tore e amico Daccò, ma nes­suno osa dare la spallata finale.
Non l’opposizione che per quindici anni non ha fatto opposizione e che oggi – dopo lo scandalo dell’assessore alla Casa fini­to in manette per voto di scam­bio con la ‘ndrangheta – finge di fare la voce gros­sa chiedendone le di­missioni, ché tanto non costa nulla.
Non i suoi so­dali del Pdl che nel siste­ma di potere formi­goniano si sono trova­ti come i topi nel formaggio e ora – nono­stante tutto – sono costretti ad andare sino in fondo anche a costo di andare a fondo; non la Lega che in tutti questi anni si è preoc­cupata solo di trattare sul prezzo e che ora che si vorrebbe smar­care, non può.
La posta in gioco è alta: la Lombardia è una delle regioni più ricche d’Europa e gli interessi nella Sanità, nelle infrastrutt­ure e nel cosidetto pri­vato-sociale valgono mol­ti miliardi di euro. Formigon­i in questo quindicennio ha go­vernato con abilità, fa­cendo in modo che tutti avessero la loro fetta di torta: appalt­i, poltrone, posti di sottogoverno, fa­vori. Un gioco a includere e forse non è un caso se la sinistra in tutti questi anni non ha mai provato a proporsi come rea­le alternativa e non ha mai espresso veri candidati, capaci di contender­e davvero la guida della Regio­ne alla destra.
Ora il governatore è accerchiato e le in­chieste hanno iniziato a toccare anche la Compagnia delle Opere, il braccio econo­mico di quella che a Milano da de­cenni viene scherzosamente (ma non tanto) chiamata Comunione & Fattura­zione, ma a sinistra come a destra si re­spira un’aria pesante, che sa di ricatto. Finita l’era For­migoni, la Lombardia po­trà finalmente uscire dalla palude affari­stico-criminale in cui è sprofonda­ta?
Questa domanda l’abbiamo girata a Ba­silio Rizzo, decano e presidente del consi­glio comunale di Milano, fiero op­positore di un certo modo di fare politi­ca anche a sinistra, attento osservatore di ciò che si muove in profondità, sotto la superficie della politica lombarda.

“Anche se dovessimo vincere le elezion­i, temo che in Regione succederà come a Milano: Formigoni non ci sarà più ma l’armatura del suo sistema di po­tere non sarà facile da smantellare. C’è paura di confrontarsi con questo si­stema di pote­re e anziché provare a scar­dinarlo è stata fat­ta la sccelta, più facile, di ve­nirci a pat­ti. 
L’esperienza di oggi mi fa dire che lo spoil system non è una cretinata: in Co­mune, all’urbanistica, abbiamo un asses­sore di grande capaci­tà, ma l’assessor­ato è ancora per quattro quinti cielli­no. E i diri­genti che erano veri e pro­pri termina­li del­la Compagnia delle Opere in Co­mune e sono andati via perché la cosa era talmen­te palese che non pote­vano re­stare, ce li siamo ri­trovati pari pari nel­la società Expo, in posizioni al­trettanto im­portanti.
L’Expo è stato a mio modo di ve­dere il momento nel quale si è dimos­trato che ci si arrendeva al pote­re formig­oniano anco­ra prima di prova­re a combat­terlo: con la scusa che non pote­vamo fare a meno di loro altri­menti avremmo perso l’Expo, ab­biamo finito con l’accettare tutto”.

Perché, riusciremo a farlo l’Expo?

“Su questo ci sono pochi dubbi, an­che se certamente non ha più quasi nul­la del pro­getto originario. Dalle serre dei po­poli, dei produttori, si è ritarato tutto sul settore corporate, sulle azien­de. D’altra parte lo sapevamo tutti che sarebbe an­data a finire così, perché tutti capivano che quell’impo­stazione non avrebbe retto all’impatto dei conti. Ma malgrado il progetto sia stato snatu­rato, la mia im­pressione è che nel 2016 l’ere­dità dell’Expo sarà un bagno di san­gue dal punto di vista economico.
Noi, uni­co caso al mondo, per l’Expo ab­biamo comperato le aree dai privati e lo abbia­mo fatto a un prezzo talmente eleva­to che per rientrare saremo co­stretti a fare quello che avevamo detto di non voler fare: un’operazione specu­lativa immobi­liare. E andrà a finire così.

Insomma, in Regione è difficile im­maginare una svolta.

Se chiudo gli occhi e penso a un candi­dato non è che ne vedo uno che sul campo è stato capace di fare chissà che cosa, ma adesso ci sarà la corsa a candi­darsi perché per la prima volta in molti pensano che si possa vincere.
C’è già Ta­bacci pronto: ha la grinta per poterlo fare, ma non è che dia garanzie… è lui che ha guidato le opera­zioni sulle azien­de comunali.

Nel caso della vendita di Sea, la societ­à degli aeroporti, è stato anche sca­valcato il consiglio comunale. Un modo di agire che non ci si sarebbe aspettati dall’ammini­strazione Pisapia.

Non solo è stato scavalcato il consi­glio, è stato fatto di peggio. Non si può dire a di­cembre (e farci vo­tare) che il Comune mantiene la maggio­ranza e poi a distanza di cinque-sei mesi cambiare idea senza neanche consultarci, senza nemmeno dire “siamo disperati, ab­biamo bisogno di sol­di, non possiamo che fare così”. In realtà con la quotazione è stata scelta una strada che non farà en­trare un euro nelle casse del Comune.

Ma anche la prima decisione, quel­la di vendere il 30% al fondo F2i di Gam­berale, ha destato molti interrogat­ivi…

Secondo me c’è un disegno preciso, un tentativo dei poteri reali – non quelli le­gittimati, ma quelli che passano dalle Fondazioni, cioè da camere oscure e non palesi. Il governo si serve di questi grup­pi di potere per sottrarre risorse e con­trollo agli enti locali.
Da questo punto di vista l’operazione Sea è para­digmatica: tu per un verso deci­di di pri­vatizzare, ma in realtà cedi quote a un fondo come F2i che è “pubblic­o”, nel sen­so che è controllato dalla Cassa deposit­i e prestiti. In pratica sostit­uisci un pote­re pubblico visibile, nel quale il rapporto tra amministrato e ammin­istratori è legittima­to e trasparent­e, con un qualcosa di opaco, non controllab­ile.
Il disegno messo in atto dal governo pre­cedente e adesso portato avanti da Monti è quello di sottrare risorse e po­teri al con­trollo pubblico diretto, costi­tuendo quelle che qualcuno già chiama “piccole Iri”.
Un pubblico che in realtà non è pubblic­o, per­ché è controllato da lobby di po­tere, dove le cose si decido­no nel chiuso delle stan­ze, in assenza di con­trolli.
Il Fondo F2i è dappertutto, sta com­prando tutto: il siste­ma dei traspor­ti, le in­frastrutture. Se dopo Sea doves­simo ven­dere la Serravalle chi compre­rebbe? F2i certa­mente. E Metro­web, azienda un tem­po pubblica, a chi è an­data con i suoi chi­lometri di fibra otti­ca? A F2i.
Quindi il vero disegno che io vedo e l’attacco alle Regioni cui stiamo assistend­o in questi ultimi mesi consiste in un raf­forzamento del potere centrale del­lo stato attraverso strumenti che sono al di fuori del controllo dei cittadi­ni. Così vogliono fare con la grande Mul­tiutility del Nord, azienda nella quale vo­gliono fondere mol­te delle ex municipa­lizzate dell’energia.

Usciremo mai dalla palude?

Bisogna resistere e continuare a lotta­re.

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