giovedì, Aprile 25, 2024
-mensile-Editoriali

Cetto La Qualunque in salsa calabropadana

La privatizzazione della responsabilità partorisce tanti piccoli Zambetti che agiscono indisturbati e si garantiscono l’autopreservazione

Dunque alla fine anche nella celeste (e per niente celestiale) Lombardia un politico decide di comprare i voti dalla ‘ndrangheta come in quelle sto­rie mi­nuscole a cui ci ostiniamo ad abituarci appena sotto Roma.

Mica un politico qualsiasi questa vol­ta: l’assessore alla casa Domenico Zam­betti decide di acquistare 4000 preferen­ze al modico prezzo di 200.000 euro (a propo­sito, un pessimo affare, caro Zam­betti!) per garantirsi un posto in Giunta che ov­viamente arriva. Domenico Zam­betti, as­sessore alla casa della Giunta Formigoni quater con lo slogan “la for­za della com­petenza”.

Sembra Cetto La Qualunque in salsa ca­labropadana e invece è l’ultima scena del­lo sgretolamento del formigonismo nella sua petulante multiformità di rivo­li che abbeverano lobby da diciassette anni.

Non importa che fossimo in molti a gri­dare da anni che la ‘ndrangheta fosse l’interlocutore privilegiato delle campa­gne elettorali in Lombardia, forse non conta che quattro scassaminchia ripetes­sero petulanti che non si voleva vedere ciò che era successo e sta succedendo e suc­cederà ancora per un bel po’.

Ora l’allar­me rosso dell’antimafia fat­ta tutta e solo di sdegno ha suonato a tutto volume e an­che le casalinghe più lontane si sono sve­gliate di soprassalto per gridare allo scan­dalo e alla vergo­gna. E come sempre è scivolato via il punto, il centro del di­scorso, il cuore per una chiave di lettura collettiva dav­vero.

Il sistema culturale e politico Lom­bardo è la culla migliore per le mafie per una storia che arriva da lontano e ha un nome preciso: il federalismo della responsabili­tà.

Una Lombardia in cui la retorica le­ghista e formigoniana ha inculcato il di­ritto ad occuparsi della propria sfera personale con egoismo iperprotettivo occupandosi solo dopo del benessere e dei diritti degli altri: in Lombardia si sta tranquilli se il proprio paesotto appare tranquillo, se il proprio quartiere scorre tranquillo e se il proprio condominio in­fonde tranquillità.

Come se questi ultimi vent’anni aves­sero eroso lentamente il dovere della solida­rietà lasciandolo all’angolo, anzi, peggio, considerandolo un vezzo demo­cratico che non ci possiamo permettere in nome della Santa Sicurezza: essere solidali in Lom­bardia – ci dicono- è un atto irresponsabile che mette a rischio la sicurezza della no­stra famiglia e dei nostri figli.

Non è un caso che il reato di associa­zione a delinquere e di mafia (il 416 e il 416 bis c.p.) sia formalmente un reato di egoi­smo che pascola tra le fratture della infra­strutture solidali che vengono a mancare: un sentiero in penombra dove si incontra­no i politici spericolati, gli imprenditori poco etici e ovviamente i soldati delle mafie per convergere in­sieme a loro.

La privatizzazione della responsabili­tà partorisce tanti piccoli Zambetti che pos­sono agire indisturbati nei coni d’ombra per garantirsi l’autopreserva­zione tra i quadri dirigenziali a disposi­zione per co­dardi, servi e faccendieri.

Cosa succede quindi in Lombardia? Succede che qualcuno ha esagerato ed è cascato tra le maglie di una legge che con­sente pochissimi margini di mano­vra nel voto di scambio. Ma intorno, tutto intor­no, ci sono gli altri che sono stati bravi ad essere inopportuni senza cadere nel reato. E questi sono il male peggiore.

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