giovedì, Aprile 25, 2024
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Lo Stato indulgente

“Cresce l’illegalità: ade­guare la normativa per contrastarla, o dimi­nuirne, o eliminarne, la punibilità?” 

In attuazione della legge 28\4\2014 n. 67 è in corso di emanazione il decreto le­gislativo che introduce l’art. 131 bis C.p., secondo cui verrebbe esclusa la punibilità dei reati per i quali è prevista la pena de­tentiva non superiore a 5 anni o quella pe­cuniaria solo o congiun­ta alla prima, ove il fatto sia di partico­lare tenuità: ciò qua­lora sia compatibile con le modalità della condotta (ad esempio, non con l’intensità del dolo), il danno sia esiguo, e l’autore del reato non ne abbia commesso altri, an­che se di specie diversa. 

Lo scopo di tale riforma sarebbe quello di sgravare il lavoro dei magistrati, in modo che possano dedicarsi al trattamen­to degli altri reati più gravi.

Ma, se ex art. 21 della Costituzione lo scrivente può manifestare liberamente il proprio pensiero, c’è da chiedersi: in che misura tale sgravio avverrebbe, dovendosi comunque nei casi in esame accertare pri­ma la sussistenza in sé del reato e poi gli elementi di non punibilità, e ciò in ogni stato e grado del giudizio?

E non esiste una contraddizione per il fatto che non viene eliminato il reato, ma la sua punibi­lità, tant’è vero che è ammis­sibile il risar­cimento del danno in sede ci­vile?

Quindi, se il fatto non è punibile, anzi­ché far conseguire l’insussistenza del rea­to la riforma condurrebbe contraddittoria­mente ad un reato non punibile, analoga­mente a quello commesso da un infermo di mente? Non è quindi, in concreto, una sorta d’indulto generalizzato e perpetuo? 

“Reati non punibili” 

Ed è inoltre significativo che, se i fatti costituirebbero reati non punibili per la te­nuità dell’offesa, quest’aspetto non inte­grerebbe per i reati contro il patrimonio o per motivi di lucro proprio l’attenuante della speciale tenuità di cui all’art. 62 n. 4 C.p.. che ora, unitamente alle modalità non ostative ed all’assenza di precedenti, verrebbe trasformata in causa di non puni­bilità?

A parte tutto ciò. potrebbe non condivi­dersi tale innovazione in quanto, nel con­testo di un progressivo dilagare dell’ille­galità, anziché adeguare gli organici della magistratura alle esigenze di giustizia, realizzare nuovi istituti penitenziari per ovviare al sovraffollamento delle carceri, ed aumentare le pene per i reati più fre­quenti o più gravi, si riducono tali esigen­ze per sopperire all’insufficienza degli or­ganici e delle carceri, il che comportereb­be una sempre maggiore decadenza della legalità.

Il provvedimento in esame si aggiunge quindi alle periodiche emanazioni di am­nistie ed indulti, alla riduzione delle pene per il rito abbreviato ed il patteggiamento, nonché, da ultimo, persino per il voto di scambio politico-mafioso (pena ridotta da 7-12 anni a 4-10 anni), pur essendo stato riscoperto solo nel Dicembre 2013, cioè dopo oltre 20 anni dall’introduzione dell’art. 416 ter C.p., che la mafia assicura voti non solo in cambio di denaro, ma an­che di qualsiasi altra utilità.

E va aggiunto che la legge 2014\67 pre­vede addirittura la detenzione domiciliare per tutti i reati puniti con l’arresto, o, fino a 3 anni, con la reclusione., nonché la de­penalizzazione di una serie di reati puniti con la sola pena pecuniaria. Inoltre, si sta programmando la depenalizzazione di al­cuni reati tributari. 

“O forse si tratta di poesia?” 

Quindi, laddove in uno Stato definito di Diritto dovrebbe essere assicurata la lega­lità adeguando la normativa per contrasta­re più efficacemente il sempre crescente dilagare dell’illegalità, avviene invece una eliminazione o diminuendone della puni­bilità: dove andremo a finire? E che inci­denza avranno tali riforme sul crescente fenomeno dell’astensionismo da parte de­gli elettori delusi? Oppure forse chi scrive vaneggia nella Poesia del Diritto?

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