sabato, Aprile 27, 2024
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“La mafia fa schifo”

Il nuovo regolamento sui beni confiscati a Catania

I consiglieri comunali sembrano tutti uguali. Le donne in tailleur, la messa in piega, la pochette. Gli uomini con l’abito scuro, la camicia chiara. Alcuni mimetizzano la cravatta, altri la sfoggiano col piglio dell’agente immobiliare. Il Presidente del consiglio prende la parola: Sebastiano Anastasi. Il più possente di tutti. Barba non fatta, il completo d’ordinanza un po’ spiegazzato. Persona intelligente, fedelissimo dell’ex Presidente della Regione Raffaele Lombardo. Lombardo sa che nel manuale Cencelli della politica un Presidente del Consiglio vale quanto tre assessori, quanto mezzo Sindaco, quanto un vicesindaco. Ma forse anche di più. Così al di là di tutti i calcoli quel ruolo l’ha sempre voluto, con qualsiasi amministrazione: di destra o di sinistra. Il Presidente del Consiglio comunale decide su cosa si decide. “Oggi all’Ordine del giorno il Regolamento per i beni confiscati alla mafia”.

Nel consiglio comunale di Catania si parla di mafia. Se arrivasse un forestiero si immaginerebbe questo dibattito come uno scontro tra trincee, denunce, difese, accuse di connivenza, affari puliti, affari sporchi, amicizie ingombranti, parentele scomode. Sul consiglio comunale di Catania qualche anno fa commissione regionale e commissione nazionale antimafia hanno aperto inchieste, alla mafia catanese la relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia dedice dodici pagine. Il dibattito dovrebbe essere rovente, le accuse sprezzanti, se le sedie non fossero attaccate alla struttura dell’emiciclo esse dovrebbero volare da una parte all’altra del consiglio e molte dovrebbero planare verso Sindaco, vicesindaco, assessori e affini. E invece no.

Con odiosa ipocrisia tutti i consiglieri si succedono negli interventi solo per fare i ringraziamenti: all’assessora che ha presentato il testo, alla commissione che lo ha discusso, ai gruppi consiliari che hanno contribuito a scriverlo, alle associazioni che sono state convocate per dare un contributo. Nonostante si parli di beni confiscati, di mafia non parla quasi nessuno. Solitari allarmi provengono dall’opposizione che parla degli abbandoni, delle occupazioni, della presenza mafiosa sul territorio, ma nient’altro. Gli altri pronunciano parole contro la mafia degne del più ingenuo degli alunni di prima media. Se fosse fatto un esame circa la conoscenza del testo del regolamento, come a scuola, i consiglieri simulerebbero mal di pancia, improrogabili impegni di famiglia e si farebbero venire a prendere dai genitori. Completamente impreparati, in molti non l’hanno nemmeno letto. Gli emendamenti vengono solo citati per numero e nessuno possiede i testi degli emendamenti per svelarne il contenuto: si vota a scatola chiusa, per fedeltà, per cameratismo.

L’apoteosi giunge quando prende la parola il consigliere Riccardo Pellegrino, a nome di Forza Italia, deferito alla commissione nazionale antimafia per i rapporti di parentela con esponenti del clan Mazzei e attualmente condannato in primo grado per corruzione elettorale. Lui è stato eletto a larghissima maggioranza vicepresidente del Consiglio Comunale, non ha mai fatto mistero dell’amicizia con Carmelo Mazzei: “il partito di Forza Italia che mi onoro di rappresentare ha discusso con l’assessore Viviana Lombardo di questo regolamento che è luce per questa città. Ho già parlato di questo tema dei beni confiscati in campagna elettorale e chi conosce i territori sa bene che ci sono beni occupati da questa gente che comunque è mafiosa ed ancora occupa abusivamente. Spero che questi beni possano essere dati alle associazioni per dare un cambiamento a questa città”.

Sipario.

La parola mafia non viene pronunciata più. Lo spettacolo è servito. Il regolamento è approvato all’unanimità col plauso e la soddisfazione di tutti. Poco importa se proprio in quei beni confiscati siano girati i santini elettorali degli stessi consiglieri che adesso si vantano della loro antimafiosità, poco importa degli inquisiti e dei condannati per mafia che popolano le fila dei partiti che votano favorevole e nulla importa delle misure che i loro partiti approvano su appalti e affari che continuano a favorire i clan: tutto il consiglio comunale di Catania è contro la mafia e pronto a fare la sua parte per sconfiggerla. L’impressione è che si sia davanti a quel Totò Cuffaro che da Presidente della Regione affiggeva i manifesti “La mafia fa schifo” in tutte le città, poco prima di essere arrestato per mafia.

E poi ci siamo noi. Che con mille difficoltà e tanti mal di pancia abbiamo rifiutato l’aventino. Ci hanno chiesto di contribuire a scrivere questo regolamento e lo abbiamo fatto. Abbiamo incontrato persone che apprezziamo, trasversalmente e persone che disprezziamo, trasversalmente. In mezzo a tutto questo abbiamo portato avanti la nostra battaglia: trasformare i beni confiscati in case per chi non ha casa, usare i soldi dei mafiosi per chi vuole lavorare, assegnare più beni confiscati possibile a più associazioni possibile, creare lavoro pulito nei beni confiscati, cacciare i mafiosi dai palazzi che servono a famiglie, studenti, bisognosi. Lo abbiamo fatto indossando le stesse scarpe che mettiamo quando denunciamo i mafiosi faccia a faccia, che mettiamo per il corteo del 5 gennaio e che ci portano in giro per la Sicilia a scovare mafiosi, istituzioni colluse ma anche belle storie di brava gente. Lo abbiamo fatto con cortesia, senza nessuna presunzione di essere migliori degli altri, solo con la consapevolezza di essere profondamente diversi. Abbiamo ottenuto uno dei più avanzati e utili regolamenti sui beni confiscati di tutta Italia. Ogni nostra proposta è stata approvata. Non ci siamo tirati indietro, sulla carta abbiamo vinto. Non siamo sicuri che si siano accorti di ciò che è successo.

 

Le novità del nuovo regolamento

All’articolo 1 è previsto che i beni confiscati alla mafia possono essere utilizzati per rispondere all’emergenza abitativa e al disagio abitativo. È anche previsto che i beni possono essere messi in affitto a privati solo ed esclusivamente se non sono utilizzati per fini istituzionali e per scopi sociali a seguito di due procedure pubbliche aperte che vanno deserte.

All’articolo 2 è previsto qualsiasi tipo di utilizzo sociale dei beni confiscati: dal co-housing alla valorizzazione del patrimonio culturale, dalle attività turistiche alla tutela degli animali, dall’accoglienza ai migranti al supporto alla comunità LGBTQIA+. Questo ultimo punto approvato all’unanimità su proposta di PD e Movimento 5 stelle. È previsto anche l’uso per agricoltura sociale e sviluppo di energie rinnovabili.

L’articolo 3 bis dispone la realizzazione di una mappa dei beni confiscati e la diffusione delle informazioni sui beni in formato elettronico aperto.

L’articolo 4, in maniera totalmente innovativa, è volto alla valorizzazione dei “beni mobili” confiscati alla mafia. Si regolamenta una procedura per acquisire al patrimonio dell’ente tutti i beni mobili (automezzi, strumenti da lavoro, mobilio etc.) in modo da essere utilizzati dal comune o da associazioni. Si dispone anche la creazione di una banca dati dei beni mobili confiscati.

L’articolo 4 bis istituisce lo sportello comunale per i beni confiscati, che sarà ospitato presso un bene confiscato in via Etnea. L’articolo 4 bis istituisce l’osservatorio permanente sui beni confiscati che consentirà di realizzare un processo partecipativo, aperto a cittadini e istituzioni, nella gestione e nella cura dei beni confiscati alla mafia.

L’articolo 9 bis apre alla possibilità che i beni confiscati possano essere utilizzati anche da società partecipate del Comune, enti strumentali e aziende speciali.

L’articolo 10 apre norma l’utilizzo dei beni confiscati per fini abitativi. I beni confiscati potranno essere utilizzati per assistenza temporanea, per cohousing sociale, per creare dormitori o alloggi per senza fissa dimone, per la realizzare di case rifugio e centri di accoglienza. Inoltre i beni destinati a scopo abitativo potranno essere messi a disposizione delle direzioni che curano l’edilizia residenziale pubblica e eventuali lavori svolti dagli assegnatari per migliorare le condizioni del bene potranno essere conguagliati dal canone dovuto.

L’articolo 11 apre alla possibilità che tutte le organizzazioni no profit possano richiedere l’assegnazione di un bene confiscato, anche i sindacati, finora esclusi. Inoltre anche i gruppi informali di almeno cinque persone potranno richiedere un immobile confiscato, con l’impegno di formalizzarsi in associazione successivamente.

L’articolo 15 restringe la possibilità di concedere gli immobili confiscati in affitto a privati. Infatti solo a seguito di due gare andate deserte l’immobile potrà essere destinato alla locazione. I fondi acquisiti tramite i canoni d’affitto saranno reinvestiti in un “fondo speciale per il riutilizzo dei beni confiscati alla mafia”.

L’articolo 22 consente all’amministrazione comunale di valutare la lunghezza della concessione per finalità sociale, comunque non oltre i trent’anni. Questo al fine di consentire l’eventuale realizzazione di progetti che hanno durata più lunga.

L’articolo 28 apre alla possibilità di intitolare i beni confiscati a personalità che si sono distinte nella lotta alla mafia.

L’articolo 30 stabilisce che i beni che non sono stati utilizzati per alcun fine vengano inseriti per un anno in una lista denominata “beni confiscati disponibili”, pubblicata sul sito internet del comune. In ogni momento le associazioni potranno chiedere in concessione uno dei beni contenuto in questa lista, prima che essi vengano restituiti all’Agenzia nazionale in quanto non utilizzati.

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