venerdì, Aprile 26, 2024
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I Sud, le mafie. Le donne si raccontano

Magistrate, letterate, sociologhe, ammini­stratrici, fotografe e giornaliste. Insieme per costruire una nuo­va antimafia

Alla Casa internazionale delle donne, tre giorni di dibattiti, performance tea­trali e musicali, analisi e confronto su “I Sud e le mafie e le donne” universi per troppo tempo considerati distanti e raccontati per stereotipi.

L’iniziativa, organizzata in collabora­zione con la Società Italiana delle Lettera­te, Libera e daSud, ha messo al centro l’analisi delle “trasformazioni messe in atto dalle donne nel contesto in cui vivo­no, portando al centro del convegno da un lato le testimonianze delle donne impe­gnate in prima linea contro mafie e corru­zione e dall’altro la narrazione del sé e dei tanti Sud in cui le donne vivono e opera­no, come luogo di partenza e ”re/esisten­za” alle mafie.

E ha ragionato sui tanti ”Sud” come paesaggi interiori, come luo­ghi dell’immaginario, che entrano in relazion­e con le donne, diventando da luogo dell’assenza e dello spaesamento, luogo della presenza, dell’essenza e della tra­sformazione collettiva del sé e della socie­tà.

Molte di loro sono giornaliste, impe­gnate nei Sud dell’informazione, come Angela Corica, Marilena Natale e Ester Castano. Altre sono amministratrici locali, “le sindache” Elisabetta Tripodi, prima cittadina di Rosarno, Maria Carmela Lanzetta, sindaca di Monasterace. Ma anche registe, scrittrici, studiose del femminismo, come Gisella Modica e Emma Baeri. Tre giorni in cui la storia di donne come Lea Garofalo, uccisa a Milano nel 2009 e Giusi Pesce, attuale collaboratrice di giustizia in Calabria, sono state al centro della riflessione attuale sul potere di cambiamento e rottura dei sistemi e della subcultura mafiosa che le donne hanno dentro e fuori dall’organizzazione criminale nei tanti Sud in cui vivono.

Franca Imbergamo, magistrata, ha ricor­dato alle donne che l’unico modo per ca­pire e contrastare un fenomeno così radi­cato nella nostra società come quello cri­minale, nel quale le donne hanno fatto an­che la loro parte, è abbandonare l’atteg­giamento dell’entomologo “quello di chi studia un insetto, un qualcosa che è altro da sé. L’unico modo per essere efficaci è sporcarsi le mani, scegliere la giusta di stanza dal fenomeno che vogliamo capire, trovare il coraggio di guardare interrogan­doci con maggiore franchezza, con più onestà”.

Un convegno che è un punto di ri-par­tenza, che ha permesso a molte donne im­pegnate da anni sui territori di prendere la parola, confrontare i metodi dell’analisi narrativa e sociologica, per un nuovo per­corso antimafia che parta soprattutto dalle tante donne che sui territori, dalla Cala­bria alla Lombardia, hanno scelto da che parte stare nella battaglia antimafia.

Una lotta che per molte di loro coincide con l’affermazione di sé dei propri diritti di persona, una battaglia individuale che diventa immediatamente politica. E che appartiene, dunque, immediatamente a tutti noi.

Alcuni interventi della tre giorni “I Sud, le mafie. Le donne si raccontano”

La sindaca di Rosarno, Elisabetta Tripo­di – “Chi me lo fa fare? il mio senso civi­co, la necessità di non restare alla finestra a guardare il disastro che si stava com­piendo sotto i nostri occhi”

Maria Carmela Lanzetta, sindaca di Monasterace, interviene via skype al con­vegno e racconta la sua lotta contro la ‘ndrangheta fatta solo di buona ammini­strazione, di un comune che funzioni, di un territorio che valorizzi le sue risorse culturali e storiche.

Ludovica Ioppolo, ricercatrice e socio­loga, impegnata con Libera. Al convegno porta il suo contributo di analisi dell’impegno antimafia delle donne sui territori, la loro lotta per “re/esistere” alle mafie, le storie di “Al nostro posto” il li­bro scritto a quattro mani con Martina Panzarasa, che racconta le storie di sei donne impegnate sul fronte ”antimafia”.

Alessandra Clemente, figlia di “Silvia Ruotolo”, vittima innocente della camor­ra. Attualmente è neo assessore al Comu­ne di Napoli. Alessandra è impegnata da anni nei percorsi di educazione alla legali­tà e memoria. In questi mesi ha intrapreso una nuova sfida: portare questo percorso antimafia direttamente al servizio dei gio­vani, attraverso l’azione dell’amministra­zione pubblica. “Una sfida che mi appas­siona, che mi mette anche un po’ di paura. Ma è più forte la voglia di farcela”.

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