lunedì, Ottobre 14, 2024
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I senza-voce della storia

Mons. Oscar Arnulfo Romero e Marielle Franco, combattenti a fianco agli ultimi

Siamo nel tempo pasquale, momento tragico e meraviglioso per il mondo cristiano, desidero ricordare il martirio a cui sono stati sottoposti due persone meravigliose che hanno sfidato e messo in gioco la loro vita a favore degli ultimi, degli sfruttati, degli scartati del mondo. Due figure importanti tra i tanti: Mons. Oscar Arnulfo Romero (24 marzo 1980) e Marielle Franco (14 marzo 2018).

mons e marielle

Oscar Arnulfo Romero era nato il 15 agosto 1917, in una famiglia modesta di sette figli, a Ciudad Barros (El Salvador). Entrato in seminario a tredici anni, fu inviato a Roma nel 1937, per studiare all’Università Gregoriana, dove si licenziò in teologia nel 1943. Nel frattempo, il 24 aprile 1942, era stato ordinato sacerdote. Rientrato in patria, per oltre vent’anni si dedicò soprattutto all’attività pastorale come parroco. Il 24 maggio 1967 fu consacrato vescovo e, tre anni più tardi, lo troviamo vescovo ausiliare di mons. Luis Chávez y Gonzales, testimone coraggioso di una Chiesa schierata in difesa dei poveri e degli oppressi. Sarà chiamato a succedergli il 22 febbraio 1977. Era un momento drammatico per la situazione sociale, politica ed economica di El Salvador, ma il Palazzo guardava senza troppa preoccupazione al nuovo arcivescovo, sapendolo uomo di studi, di una religiosità tradizionale e tendenzialmente conservatore. Tuttavia, a pochi giorni dopo il suo insediamento, di fronte al cadavere di Rutilio Grande, un suo prete assassinato per l’impegno profuso a favore dei poveri, Romero sentì chiaramente la chiamata di Cristo a prestare la sua voce ai senza-voce della storia, denunciando il clima di sopraffazione e di violenza che regnava nel Paese e segnalando le responsabilità dei potenti; sapendo essere nel contempo una presenza amica e solidale in mezzo alla gente sofferente e strumento di dialogo e di riconciliazione tra le parti in lotta. Fu ciò che fece instancabilmente durante gli anni del suo ministero episcopale. Finché glielo lasciarono fare. Ripetutamente minacciato di morte, Romero, la domenica 23 marzo 1980, pronunciò la sua ultima omelia in cattedrale, durante la quale, rivolgendosi agli uomini dell’esercito, disse: “Fratelli, siete del nostro stesso popolo, perché uccidete i vostri fratelli campesinos? Davanti all’ordine di uccidere deve prevalere la legge di Dio che dice: non uccidere. Nessun soldato è obbligato a obbedire a un ordine che va contro la legge di Dio. […] In nome di Dio, dunque, e in nome di questo popolo sofferente, i cui lamenti salgono fino al cielo ogni giorno più clamorosi, vi supplico, vi scongiuro, vi ordino in nome di Dio: cessi la repressione!”. Furono queste parole che probabilmente decisero la sua condanna a morte. Il giorno seguente Oscar Romero venne assassinato al termine dell’omelia, durante la celebrazione della messa nella piccola cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza, a San Salvador. Era il 24 marzo 1980. Riconosciuto martire per la fede, sarà beatificato il prossimo mese di maggio.

L’assassinio della consigliera comunale di Rio de Janeiro, Marielle Franco e del suo autista Anderson Gomez dello scorso 14 marzo ha sollevato una profonda indignazione popolare, in Brasile e nel mondo. Ciò ha impedito la manovra dei media nazionali volta puntualmente a far annegare l’esecuzione della consigliera comunale di Rio de Janeiro, nel generico pantano dell’insicurezza. Alcuni giorni prima dell’assassinio della femminista, una sua consulente era stata avvicinata da un uomo che le aveva chiesto in tono minaccioso se lavorasse con la consigliera Franco, quella che aveva denunciato il comportamento del battaglione della Polizia Militare di Río de Janeiro nel quartiere di Acarí, considerato il più letale dello Stato. L’esecuzione di Marielle, così come la totale consegna degli enormi problemi della sicurezza della città Río de Janeiro nelle mani dei militari, è allo stesso tempo un laboratorio, che serve a misurare la reazione popolare alla repressione, e una minaccia per intimidire chi resiste alle nuove politiche dopo il Golpe Istituzionale del 2016 che ha vista la destituzione della presidente eletta Dilma Rousseff.

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