mercoledì, Dicembre 11, 2024
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I ragazzi abbandonati e lo Stato che non c’è

Quindici anni a Catania

MAURIZIO, VITA VIETATA

Maurizio ha quindici anni, è un ragazzino esile ma molto agi­le e vivace. Non va più a scuola perché è riuscito a prendersi la ter­za media grazie alla benevolenza dei suoi insegnanti, non ha più vo­luto continuare perché “non è portato per lo studio”. A scuo­la si sentiva emarginato e spesso si assentava per lunghi periodi. Non riusciva a seguire le lezioni come gli altri, allora faceva di tutto per mettersi in mostra, per attirare l’attenzione su di sé. Ma questo atteggiamento aggravava la sua situazione, e spesso tor­nava a casa con delle note o sospensioni.

Dopo la licenza media ha cercato qualche lavoro ma, si sa, di que­sti tempi non c’è lavoro per nessuno. Figuriamoci per lui che non ha un mestiere.

La situazione della famiglia è molto precaria. Suo padre è di­soccupato e solo sua madre riesce a lavorare saltuaria­mente la­vando le scale di qualche condominio. Spesso non sanno come fare la spesa e a stento riescono a pagare l’affitto di casa.

Maurizio ha tanti desideri, i desideri della sua età. Gli piace­rebbe avere dei vestiti griffati, uno scooter per farsi guardare dal­le ragazze. Andare a prendere un panino dal “panina­ro” e diver­tirsi con i suoi amici. Ma non ha soldi.

Così passa le giornate sbrigando qualche commissione per la famiglia, poi tutto il giorno a girovagare per il quartiere, magari con qualche amico. La strada è il suo mon­do. Ed è lì sulla strada che ha l’opportunità di perdersi in storie di illegalità.

Quanti ragazzi nei nostri quartieri hanno una storia simile a quel­la di Maurizio! Molti riescono in qualche modo ad uscirne fuori, per altri invece è l’inizio di una lunga carriera.

Purtroppo per quanto riguarda la prevenzione si fa ben poco. Ep­pure l’ex Presidente del Tribunale dei minori Gianbattista Sci­dà già negli anni ottanta aveva fatto giungere grida di allar­me de­nunciando l’alta percentuale di criminalità minorile nella no­stra città, facendo emergere così il “caso Catania”, raccontan­do il di­sagio dei ceti svantaggiati e facendo emergere le responsabi­lità dello Stato nell’aver abbandonato i quartieri periferici.

Da allora sono passati trent’anni, poco è cambiato. Il grido del Presidente Scidà è caduto nel silenzio delle istituzioni. I quartieri periferici sono ancora trascurati, il disagio minorile è quanto mai presente ed in più c’è la crisi economica sociale che attanaglia tutte le famiglie.

M.G.

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