venerdì, Ottobre 4, 2024
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Gaetano Porcasi pittore antimafia

Murales su tela per raccontare una Sicilia epica e dolorosa

Ha fatto i suoi studi presso l’Accade­mia di Belle Arti di Palermo, ha lavorat­o in Sardegna, poi in Si­cilia, adesso insegna presso il Liceo Scientifi­co di Partinico. Da una decina d’anni a que­sta parte ha scelto di di­pingere la sto­ria, soffermandosi in particolare su tut­te le vittime di ma­fia.

Ha cominciato con la strage di Portella della Ginestra, alla quale ha dedicato una decina di quadri, si è poi spostato sugli esponenti delle forze dell’ordine, sui ma­gistrati, sui giornalisti, sui sindacalisti uc­cisi, sulle vittime della società civile, sulle esperienze antimafia, sul ruolo della chie­sa. Il suo amore per la Sicilia lo ha portato a coglierne i molteplici aspetti, i volti, i luoghi, i mestieri, gli uomini, le donne, i bambini, gli intellettuali.

Adesso sta lavorando sulle stragi in Ita­lia e nel mondo, partendo dall’Unità d’Ita­lia e della tragica mattanza operata dai Piemontesi nel Mezzogiorno, conti­nuando con i Fasci Siciliani, con le stra­gi naziste, quelle neofasciste di Piaz­za Fontana, dell’Italicus, della stazione di Bologna, per arrivare alla strage di Dui­sburg.

I suoi quadri passano in rasse­gna i 150 anni di storia dall’Unità cer­cando di recu­perare angoli di memoria dimenticati e frammenti di storia dove la violenza subi­ta dalle vittime, il loro sangue, la loro morte, diventano quasi una sorta di seme e di strumento per atti­vare una inte­riore palingenesi, un mo­mento di riscatto in cui l’evento raffigu­rato suggerisce la vo­lontà di andare avanti e di non fermar­si nella dimensione immediata del dolo­re.

L’arte è agire, fare, produrre. E ciò che l’artista produce può provocare un’emo­zione, generare un coinvolgimento inte­riore, ma può anche contenere un mes­saggio, indicare un valore, un principio, una via. In tal senso l’arte diventa etica, contenuto morale, stimolo pedagogico, momento educativo.

I quadri di Gaetano Porcasi suggerisco­no un percorso tragico, scandi­to dai nu­meri civici che indicano gli anni in cui è successo l’avvenimento raffigura­to e trac­ciano una lunga via di dolore che attraver­sa la Sicilia: sotto traccia s’intra­vedere l’intenso e sotterraneo lavoro con cui gli uomini che si dedicano alla lotta contro la mafia giornalmente costruisco­no una via alternativa dalla quale si sno­da faticosam­ente il percorso della libera­zione dal pote­re e dalla violenza ma­fiosa.

Si tratta di un racconto storico che si sof­ferma su momenti drammatici e su per­sone che hanno messo in gioco la pro­pria vita per dare un contributo alla batta­glia, sempre attuale in ogni parte d’Italia, con­tro il malaffare, contro la prepotenza , contro la violenza e contro le collusioni politico-mafiose, avendo come obiettivo la prospettiva di un cambiamento o di un rinnovamento radicale, con la certezza di avere fatto sino in fondo il proprio lavoro e il proprio dovere.

Progettare il futuro guardando all’ere­dità del passato, conservare la me­moria per costruire il presente, individua­re va­lori di riferimento e trovare nella pro­pria interiorità la forza per non subire e per saper lottare. Questo è il forte mes­saggio contenuto nelle tele di Porcasi.

Non c’è la perfezione stilistica, il tocco del “maestro” che riesce a dare compiu­tezza formale ai particolari attraverso una completa padronanza della tecnica e del disegno. Non c’è la ricerca di significati nasco­sti all’interno della realtà, di dimen­sioni subliminari, di esplorazioni nei mi­steri dell’inconscio, di transfert in­terni all’immagine, come veicolo verso mete ignote della soggettività.

Non c’è l’astra­zione dalla realtà verso formalizza­zioni geometriche che dissol­vono il reale sche­matizzandolo in simbo­li di cui non sem­pre si intravede la pregnan­za di un signific­ato. Non c’è la deforma­zione del reale alla ricerca della demoli­zione dell’armo­nia della forma e dell’equilibrio della classicità, verso im­magini perdute in una fissità quasi infan­tile. Non c’è il surrealismo, l’astratti­smo, il simbolismo, la metafisica, non ci sono particolari eccessi, sforzi di creativi­tà fan­tastica o scoperte di dimensioni ma­giche. Non c’è Dalì, Matisse, Klimt, Liga­bue, Botero, De Chirico, Kandinski, Munk o qualche altro mostro dell’arte contempo­ranea. Stenteremmo a trovare una classifi­cazione della pittura di Gaeta­no Porcasi in una scuola o in una corren­te. Qualche ri­chiamo con il realismo di Gut­tuso o con l’iperealismo dell’arte rus­sa di regi­me, o ancora, alla pittura mes­sicana contempor­anea si ferma là, per­ché egli non pretende di trasfigurare l’immagine in di­mensioni personali o servirsi di essa per comunicare specifici messaggi politici.

Secondo la lezione del verismo sicilia­no egli riproduce ciò che è già perfezione nella sua condizione naturale, fissa l’atti­mo nella sua irripetibilità, inondandolo di colori e di luce, si ferma sulla soglia che separa la cronaca dalla storia, ma che pos­siede, nel suo essere “fatto”, un preci­so si­gnificato che trascende il fatto stesso e lo rende valore, principio etico, mes­saggio. Il pennello si muove disinvolta­mente sulla tela e la disinvoltura non è, o non è solo, come talora succede, sinoni­mo di superfi­cialità, ma è anche possesso delle conos­cenze indispensabili della tec­nica.

Va anche detto che ci troviamo davanti a una pittura difficilmente commerciabi­le; un quadro che fa parte di un’epopea o che si lega ad altri per illu­strare una compiutezza storica, non è un prodotto singolarmente acquistabile: in un mondo in cui tutto è monetizzato o tra­sformato in valore di scambio, ciò è etica­mente un pregio, economicamente un di­fetto.

E così le rughe dei contadini, le mani ossute, il viso scavato, diventano le ru­ghe e le escrescenze degli ulivi, la ric­chezza vegetativa e le vivacità della gi­nestra di­ventano la fecondità e la dolce bellezza delle donne siciliane, il pathos della morte nasconde il germe della ri­generazione, gli alberi sono legati alla terra così come gli uomini che da essa cercano nutrimento, le agavi e i girasoli sono pro­tagonisti dello spazio nel loro contorto sviluppo che di­venta metafora della Sici­lia, nella sua di­mensione di centro della storia e ombelico del mon­do.

Si potrebbe osservare che la “solarità mediterranea” sia la caratteristica do­minante di questa pittura, certe volte arida, altre volte ricca di vegetazione e colori, che il pittore sia prigioniero del­la dimen­sione che lo circonda, che non riesca a trasferirsi oltre le immagini che gli si pre­sentano quotidianamente. In realtà si tratta di un microcosmo siste­maticamente stu­diato, dove lo spa­zio delle emozioni è im­brigliato da una ra­zionalità lineare, che, dal suo angolo particol­are, intriso di sici­lianità, si pro­ietta nella dimensione uni­versale della storia e dell’arte.

* * *

Gaetano Porcasi ha dipinto più di 600 tele. Una trentina di esse si trovano a Cor­leone, in quella che fu la casa di Ber­nardo Provenzano e di suo fratello e che, ristrut­turata dal Comune è diven­tata “Casa della Legalità: circa diecimi­la pre­senze l’anno ci danno l’idea del successo di questa ini­ziativa. Anche a Spello, nel­la ristrutturata Villa Fidelia, c’è una mo­stra permanente con una ventina di qua­dri. E’ in allesti­mento, ad Alcamo, un’altra iniziativa che prevede l’allesti­mento di un museo per­manente delle stragi. E infine è in stampa un li­bro, cu­rato dallo scrivente, che rappre­senterà una sorta di catalogo di tutte le opere dell’artista e che sarà an­che un pre­zioso strumento di lavoro per coloro che vor­ranno fare lezioni di anti­mafia.

Un pensiero su “Gaetano Porcasi pittore antimafia

  • Carmelo Bartolo Crisafulli

    Parlare dell’opera del maestro Gaetano Porcasi non è cosa facile per me che rivesto il doppio status di vittima del terrorismo e orfano di vittima della mafia, poichè osservare le sue opere, da un lato mi infonde orgoglio e gioia per la compagnia che danno, dall’altro un sussulto di dolore, a volte di rabbia, fanno affiorare alla mia mente i numerosi episodi di sangue e lutti che mi hanno visto osservatore impotente nel susseguirsi degli stessi, episodi accaduti come folgori scatenate sul territorio siciliano e non solo.
    Quando qualche settimana fa ho avuto l’onore di assistere ad una sua mostra nel castello di Carini, palcoscenico di un altro tragico avvenimento, ho gustato i colori sgargianti, che nelle brochures non traspaiono, le pennellate, che io ho subito definite portatrici di messaggi, l’uso dei pennelli come fossero bisturi, la caparbietà di una tecnica pittorica che affascina, una finestra sul mondo che invita a riflettere e ricordare. Il maestro Porcasi ha deciso di realizzare un’opera che ricordi l’omicidio di mio padre,vittima innocente di mafia, questa opera farà parte di un progetto ben più ampio, che servirà non solo e non tanto a ricordare mio padre, quale servitore dello Stato avendo trascorso buona parte della sua vita nell’Arma dei Carabinieri, ma servirà e di ciò ne sono fermamente convinto, alle scolaresche che verranno coinvolte.
    Spiegheremo in una conferenza stampa il progetto che vedrà coinvolti il maestro Porcasi, il GAUSS-Group of Astrodynamics for the Use of Space Systems dell’Università La Sapienza di Roma e spero anche le scuole la Regione Sicilia e l’Arma dei Carabinieri.
    Intanto un grazie al maestro, motore di questo progetto e all’ing. PhD Chantal Cappelletti Chief Executive Officer.
    Carmelo Bartolo Crisafulli.

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