lunedì, Aprile 29, 2024
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Emanuele, le pecore e i mafiosi

“Vado a fare il pastore, voglio stare nella natura”.

“Guai a te se racconti gli intrallazzi che facciamo qui”

Emanuele, tornando da Catania, s’è ritrovato davanti casa quattro corpi di pecore morte sparate, con la testa di una deposta ostentatamente sulla soglia.

Emanuele racconta immediatamente l’accaduto su facebook, e la notizia fa il giro del web in sole ventiquattro ore.

Emanuele Feltri, trentatré anni, nato e cresciuto a Catania, sin da ragazzo è impegnato nel sociale, una personalità forte e carismatica, che non si ferma davanti a nessun ostacolo. A Catania curava la sua attività di mercatino vintage, sfruttando la sua esperienza acquisita a Londra e in Belgio. Un’attività che gli aveva permesso di poter acquistare una casa e di condurre una vita normale. Ma c’è una fase nella vita di Emanuele che lo porta a prendere una decisione radicale, una fase in cui matura e comprende il bisogno di voler ritornare alla “terra”, essendo anche un perito agrario, inizia a valutare varie zone, dove poter acquistare un terreno. Iniziando da Vendicari (in provincia di Siracusa), passando dai Nebrodi (in provincia di Messina), Emanuele giunge per la prima volta sulle sponde del Fiume, momento in cui scelse la Valle del Simeto come casa.

Nel 2011 acquista un terreno di cinque ettari, in contrada Sciddicuni (Paternò -CT-), su una collina che si affaccia sull’Oasi avifaunistica di Ponte Barca.

Emanuele lascia la città e la sua vita di sempre, riprende in mano un terreno abbandonato da quindici anni: organizza l’orto biologico, rinvigorisce l’agrumeto, ristruttura la tenuta e sistema la casa, nel frattempo prende in custodia cinque pecore che, come insegnano le antiche tecniche dell’agricoltura, fa pascolare nel suo terreno, essendo impegnato nella coltivazione biologica evita l’utilizzo di diserbanti e benzina.

Dopo il suo trasferimento Emanuele comprende la situazione di degrado, comprende quel grande valore che la terra ha ed i suoi equilibri, spezzati ormai dalla situazione di abbandono e di sciacallaggio.

Inizia la sua lotta contro le micro e macro discariche abusive a cielo aperto, in zone che dovrebbero essere denominate sito di interesse comunitario.

Emanuele perlustra il territorio adiacente alla sua proprietà, scopre una discarica di rifiuti di ogni genere, nascosta fra quelle colline che sembrano non avere vita.

Inizia un’altra ricerca: capire chi porta tutta quella spazzatura nella valle e perché?

Emanuele è una voce scomoda nella vallata, una presenza che a qualcuno dà fastidio. Ma il giovane imprenditore agricolo non si perde d’animo ed insieme ad alcune associazione ambientaliste impegnate nel territorio, come ViviSimeto, iniziano a smaltire i rifiuti presenti, riuscendo a smaltirne una grande quantità, nonostante ciò le attività di discarica abusiva continuano. «Nell’intera Oasi avifaunistica di Ponte Barca – dice Emanuele – hanno scaricato più di duecentocinquanta copertoni, oltre i vari rifiuti di ogni genere e la discarica di prodotti chimici nel Simeto».

Per arginare il fenomeno di questa discarica selvaggia, il giovane fa installare una barra di ferro con un lucchetto, in maniera tale da scoraggiare il passaggio ai non residenti, ma questo non basta a bloccare il degrado che sempre di più attanaglia questa zona poco abitata e quasi per nulla controllata dell’Oasi di Ponte Barca.

Il suo impegno lo porta a subire furti di arance, di olive e di attrezzi da lavoro, rendendo la vita in contrada Sciddicuni quasi impossibile, ma Emanuele non si arrende e continua la sua lotta. Una battaglia che dura da due anni, fino ad arrivare all’atto più ignobile, quando il 30 giugno, di ritorno a casa, fa la macabra scoperta, quattro pecore morte ammazzate da un colpo di pistola sparse sul piazzale interno della proprietà, ed una di queste con la testa mozzata e posta di fronte l’uscio di casa.

Una testa di pecora mozzata ha un’inequivocabile matrice mafiosa e un significato intimidatorio, vuol dire che sei veramente in brutte acque. L’oggetto utilizzato rappresenta la vittima. Secondo la cultura mafiosa questo è un atto estremamente plateale, in quanto la “devono vedere tutti” (la testa), l’effetto di questo gesto non può che essere devastante. Come una bomba ad orologeria legata alle tue mani.

Se hai mancato ad un ordine costituito del territorio, devi subito tornare sulla retta via. Ma la retta via Emanuele non l’ha mai lasciata, infatti denuncia subito l’accaduto ai Carabinieri di Paternò, che si recano sul posto per effettuare i rilievi.

In una terra dove questi segnali sono solo presagi di morte, Emanuele trova la forza per non abbandonare la sua terra: «Cercherò di utilizzare -dichiara Feltri- questa notizia per veicolare un messaggio ben preciso, portando all’attenzione di tutti i problemi che affliggono l’Oasi del Simeto. »

Emanuele lancia un messaggio forte e chiaro: «Sciddicuni esiste e resiste per ricordare che non bisogna essere super eroi per portare avanti i propri ideali, per testimoniare che a volte il coraggio sta proprio nel condurre la propria vita quotidiana con coerenza e senza compromessi. Quando ci renderemo conto che ci stanno togliendo tutto, anche la possibilità di vivere in pace nella nostra terra, forse inizieremo a voler essere i reali protagonisti del nostro futuro».

Il 7 luglio si è svolta la manifestazione “Difendiamo la Valle del Simeto”, con l’obiettivo di mostrare le meraviglie che l’Oasi di Ponte Barca ospita (l’Airone bianco e cinerino, la rara nidificazione della Cicogna ecc) e di esprimere solidarierà al giovane pastore minacciato. Da da Ponte Barca, sulla riva destra del Fiume Simeto a casa di Emanuele in contrada Sciddicuni. Affa fine c’è stata un’assemblea cittadina, con i membri di molte associazioni del territorio, ambientaliste e non, con la presenza anche Libera, famosa per la rivalorizzazione dei beni confiscati alla mafia.

Salvo Ferlito, rappresentante dell’associazione ViviSimeto: «Bisogna convertire cinquant’anni di abbandono del territorio agricolo, che un tempo era il sostegno per il nostro fabbisogno. Emanuele da esempio di una nuova iniziativa di vita, perchè la presenza evita la discarica».

Tutto questo ha fatto sì che si attivassero iniziative volte a risolvere i primi problemi dell’Oasi avifaunistica di Ponte Barca, iniziative che si aggiungono alle attività dalle associazioni ambientaliste già attive sul territorio.

Un messaggio che è arrivato anche agli autori del primo atto intimidatorio, in quanto solo due giorni dopo la manifestazione “Difendiamo la Valle del Simeto”, un’altra pecora, l’ultima rimasta dal precedente massacro, è stata rinvenuta morta da Emanuele, squartata, poco distante dalla sua abitazione, con l’aggravante che durante il massacro si trovava in casa.

Giorni di gran fermento: «Ho incontrato anche il prefetto di Catania, -racconta Emanuele- il quale si è impegnato a garantire la mia sicurezza. Ho incontrato il Colonnello dei Carabinieri di Catania, in presenza del Comandante Provenzano dei Carabinieri di Paternò, il quale hanno raccolto un ulteriore integrativa deposizione e mi hanno garantito una visibile presenza dei pattugliamenti dei carabinieri nella zona, interessata anche da diversi fenomeni di criminalità».

Si è costituito un Coordinamento per la difesa della Valle del Simeto, che già settimane prima dell’atto intimidatorio aveva provveduto, attraverso una conferenza di servizi, a chiudere al transito delle macchine, con una staccionata, la riva sinistra del Fiume Simeto. A questa conferenza di servizi ha preso parte anche il Dott. Carlo Amico, responsabile dell’Unità Operativa, Ripartizione Faunistico – Venatoria della provincia di Catania, ente preposto alla salvaguardia del territorio e al rispetto delle sue regole.

Lo stesso Coordinamento si è impegnato nella stesura di un appello dove vengono elencate delle richieste volte alla tutela dell’Oasi avi-faunistica di Ponte Barca e dell’intera Valle del Simeto da parte dell’ente preposto. Quest’appello è stato presentato durante l’assemblea cittadina svoltasi presso il Palazzo Alessi di Paternò il 18 luglio, dove si sono raccolte anche diverse testimonianze da parte di altri imprenditori vittime di mafia e che come Emanuele si rifiutano di lasciare la propria terra.

Nel 2009 venne istituita dalla Regione Sicilia “L’Oasi di Protezione Faunistica di Ponte Barca”. L’idea e la volontà, espresse congiuntamente da parte del Comune di Paternò e della Provincia di sostenere l’istituzione dell’Oasi di Ponte Barca, rese più forte ed urgente la richiesta di molte Associazioni ambientaliste di istituire un Parco fluviale, per il quale il sito di Ponte Barca sarebbe potuto diventare una delle aree a maggiore valenza ambientale, per la sua ricchezza naturalistica e per la facile accessibilità da parte di turisti, appassionati birdwatchers e scolaresche.

Ma nel territorio manca ogni forma di tutela e di tabella che dovrebbero vietare la caccia nell’Oasi di Ponte Barca, a tal proposito abbiamo sentito il responsabile dell’ufficio di Ripartizione Faunistico – Venatoria, il Dott. Carlo Amico: «Non riceviamo fondi dalla Regione per la manutenzione dei territori di competenza.».

Subito dopo l’istituzione dell’Oasi si è provveduto alla realizzazione di tabelle destinate ai percorsi guidati e ai divieti di caccia, che ad oggi sono conservati al Consorzio di Bonifica di Catania, ma anche le attività di coordinamento ed i piani di vigilanza non sono mai stati attuati nel territorio di Ponte Barca. Nessun ente regionale sembra avere responsabilità sul territorio, lasciando così che contrada Sciddicuni e l’intera Valle del Simeto diventino terra di nessuno.

Emanuele, voce della Valle del Simeto, non ha avuto e non ha paura di puntare il dito contro quest’individui criminali che utilizzano la politica del terrore per far abbandonare le proprie attività, o le proprie case, mantiene un atteggiamento combattivo nei confronti della cultura mafiosa che in questa terra, fino ad oggi, ha dettato legge, che di questa terra ha abusato. Il giovane imprenditore agricolo dichiara con ferma lucidità: «Io non sto sfidando le eco mafie, sono le eco mafie che stanno sfidando me».

«Idee – dice Mimmo Fontana, presidente regionale di Legambiente Sicilia – che puntano ad uno sviluppo agricolo ambientalmente ed economicamente sostenibile capace di riportare i giovani in campagna ripopolando territori che evidentemente qualcuno preferisce rimangano in stato d’abbandono».

La battaglia di civiltà di Emanuele è un esempio per tutti coloro che credono e lavorano per dare ai giovani siciliani un futuro di legalità e prosperità.

Quest’anno Legambiete consegna il premio nazionale “Ambiente e Legalità” (primo in Sicilia) ad Emanuele Feltri, quale riconoscimento per l’attività d’imprenditore che ha scelto di puntare su uno sviluppo sostenibile dell’agricoltura e di resistere contro ogni forma di violenza e intimidazione criminale.

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