venerdì, Aprile 19, 2024
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Divieto di mare

Da San Giovanni a Po­sillipo: spiagge proibite

Quando si dice che il mare non bagna Napoli bisognerebbe aggiungere che questo avviene per cause precise, scelte urbanistiche stratificate nel tempo, inerzie assortite, in certi casi abusi ac­certati con responsabili in carne e ossa. Il litorale di San Giovanni a Teduccio è l’emblema di questo tribolato rapporto. Tra i cittadini e il mare si frappongono ostacoli di ogni tipo – attività portuali e cantieri navali, strade ferrate, scarichi fognari, depuratori, centrali elettriche – eppure, con il primo caldo, si ritrovano tutti là, a saggiare il bagnasciuga con aria incerta, cercando il coraggio per immergersi nell’acqua non proprio cri­stallina.

A San Giovanni ci sono due spiagge, la sabbia è nera, vulcanica. In mezzo, un vecchio depuratore delle acque, attivato dopo il colera del ’73, che serve ormai solo i quartieri dell’area orientale. È un impianto obsoleto, in dismissione da anni, ma ancora non sono attivi gli allacciamen­ti per deviarne le acque verso il depurato­re di Napoli Est, situato a Ponticelli.

In una qualsiasi mattina di giugno, la spiaggia di vico primo Marina, a sinistra del depuratore, la troverete animata e pie­na di gente, costellata di ombrelloni, con bambini che fanno il bagno, donne sedute sugli scogli con le gambe a mollo, uomini che chiacchierano e riparano le reti davan­ti ai box delle associazioni di pescatori. Poche centinaia di metri più in là, alla de­stra del depuratore, l’altra spiaggia, detta del Municipio, è quasi deserta: radi gli ombrelloni, nemmeno un bambino, solo uomini e donne che prendono il sole in un quadrilatero di spiaggia pulita, di cui evi­dentemente qualcuno si prende cura.

Nonostante la calura asfissiante nessuno si bagna. Eppure il mare è lo stesso, spor­co da entrambe le parti, non balneabile. Sulle mappe la costa fino a Portici è trafit­ta da pallini ros­si: divieto assoluto. La dif­ferenza, bi­sogna dedurne, sta nel fatto che su un lato della spiaggia del Municipio sfo­cia l’alveo Pollena, gettando a mare le acque nere di tutto l’entroterra, cir­ca die­cimila metri cubi d’acqua all’ora. Nei pressi della bocca della conduttura, il ru­more è così forte da coprire le voci.

L’altra spiaggia, invece, dà le spalle al depuratore. Basta averlo fuori di vista, in­somma, per trovare la voglia di bagnarsi. A vico Marina il comune ha costruito qualche anno fa una “passeggiata” sulla sommità del muro di cinta della ferrovia: una striscia di cemento parallela ai binari che permette di attraversare da un capo all’altro la spiaggia e godersi la vista sul golfo. Nel tempo sono spuntate le pedane di un bar e di un ristorante, qualche doc­cia qua e là, addirittura una pergola sotto la quale gli anziani giocano a carte. All’orizzonte, il profilo di una nave porta­container che attende immobile il via libe­ra per entrare a scaricare nel porto.

Il litorale di San Giovanni è lungo tre chilometri e mezzo, ma un chilometro ab­bondante se lo prendono le attività portua­li. Nonostante questo, è la parte di arenile più estesa della città. Fino a pochi anni fa c’era una terza spiaggetta, nei pressi della centrale elettrica di Vigliena, frequentata nonostante divieti e recinzioni. La gente restava a riva solo in certi giorni, quando le correnti portavano il tanfo e la melma degli scarichi a mare. In quell’area ha aperto il cantiere di Porto Fiorito, un ap­prodo turistico da ottocento posti barca, con il recupero della ex fabbrica Corradini di proprietà comunale. I privati dovevano mettere una parte dei soldi in cambio del comodato d’uso delle aree.

Una storia co­minciata nel ’99, la posa della prima pie­tra solo nel 2011, con la solita foto di gruppo: politici e imprendi­tori che annun­ciano orgogliosi posti di lavoro e prospe­rità; poi le prime scadenze mancate, il cantiere fermo, le bonifiche di terreni e fondali mai comin­ciate, i lavoratori che salgono sui tetti per scongiurare i licenziamenti. Oggi le voci sempre più pessimiste sul futuro del progetto.

Pare che ogni napoletano disponga di un quadrato di 33 centimetri per lato di spiaggia. Tra catrame, scarichi e cancelli per molti è impossibile anche solo arrivar­ci.

Nel mese di giugno il comitato “Una spiaggia per tutti” ha indetto una campa­gna per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle condizioni in cui versano gli esigui arenili cittadini e spingere le istituzioni a rimuovere gli ostacoli che ne impediscono la fruizione. L’iniziativa si articola in quattro appuntamenti, uno per ogni sabato del mese.

Il primo c’è stato il blitz con famiglie e bambini sull’arenile demaniale a lato di palazzo Donn’Annna, che da vent’anni l’imprenditore Romeo ha trasformato nel suo giardino privato. Poi a lido Mappatel­la è stata chiesta la riapertura di tutte le discese a mare privatizzate a Posillipo, forse le uniche in città ad affacciarsi su un’acqua realmente pulita, eppure del tut­to inaccessibili ai comuni mortali. Il 21 è stata la volta del litorale di San Giovanni, proprio sulla spiaggia di vico Marina. In­fine il 28 la campagna si concluderà in zona Bagnoli-Coroglio, dove l’acciaieria non c’è più da vent’anni fa ma il mare e le spiagge non sono meno inquinate e inac­cessibili di allora.

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