domenica, Novembre 10, 2024
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Dalle città all’Europa (attraverso i campi…)

“L’antimafia non serve a niente!”. Chi lo dice, e perché…

Non funziona proprio più, l’Europa ufficiale. Chiacchiere, banche e sacrifici ineguali. Sta facendo più danno, all’idea di Europa, di qualunque altra cosa.

Eppure di Europa abbiamo più bisogno che mai. La Francia non è più una nazione, è – nell’epoca delle Cine e delle Indie – semplicemente una città-stato. E così l’Italia, la Germania, l’Inghilterra. O uniti o niente. E uniti non vuol dire solo euro, ma proprio uno stato comune. Ma solo a pensare a uno stato del genere (le banche europee più i loro vari bocconiani) vien voglia di tornare a delle comunità palafitticole “federate” fra loro (e in effetti molti fino a pochi mesi fa questa voglia l’avevano, complice lo scarso livello culturale).

Eppure un’Europa che funziona esiste. Un’Europa bella, giovane e produttiva, e soprattutto non ostile ai poveri europei. E’ l’Europa di Erasmus. La conoscete.

“Ma cosa c’entra Erasmus? Mica questa è politica. Mica comanda”.

La politica, viceversa, bisogna cercarla proprio lì. Dove i giovani fanno cose, le fanno con civiltà e credendoci, e le fanno insieme, la politica è là. Chiamatela movimento antimafia oppure – se siete vecchi – sesantotto. E’ lei che muove il mondo. Perché non farci un pensiero?

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Sono Erasmus, in questo senso, anche i nostri ragazzi dei campi confiscati. Da paesi diversi, con un’obiettivo comune. Non mutrìa di politici, ma allegria e lavoro. Mentre gl’intellettuali chiacchierano (Saviano ad esempio consigliava di vendere i beni confiscati) e i politici sono paralizzati dai privilegi di casta, loro fanno sul serio e costruiscono le cose.

Ricordate “il partito di Falcone e dei ragazzini”? Ne sentite parlare spesso, da queste parti. Non c’è partito più serio di quello dell’antimafia, qui. Perché l’antimafia è politica, è la sola politica reale.

E’ cresciuto moltissimo, questo partito, in questi trent’anni. E’ cresciuto ignorato, perché nessuno ha voglia – e cultura – di studiarlo. Però, se un ragazzo di Trento sta zappando in un campo di Corleone (o se una donna si incazza se le dicono “zitta”, o se al bar sport Abdul tifa con Gennaro, o se le due che si baciano sono due ragazze) vuol dire che qualcosa è successo, oltre alla politica “ufficiale”.

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Certo: con difficoltà, e lentamente. Ma in modo molto più solido, e in definitiva più realistico, rispetto alla politica ufficiale. Pensa un po’: in Sicilia (dove forse si vota) arriva un ragazzo e dice: “Bene, uno è in galera e l’altro ci si avvicina. Facciamo un governo nostro, di noi Erasmus. Un governo antimafia, ovviamente. Con Rita alla cultura, Crocetta ai lavori pubblici, Fava alla trasparenza… Tutti con noi, apertamente, ma da soldati stavolta, disciplinati e uniti, non da generali”.

Non è successo, stavolta. Ma se fra qualche anno succedesse?

Orlando, De Magistris, Pisapia sono l’interlocutore naturale di Erasmus. E di quel 57 per cento d’italiani che l’anno scorso ha votato contro il nucleare, l’acqua privata, l’impunità di Berlusconi. Non perché sono politici (e men che mai di partito) Ma perché rappresentano – e Orlando proprio nel segno dell’antimafia – tre Città. Si parte dalle città, per arrivare in Europa.

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Ma queste, naturalmente, sono chiacchiere… “L’antimafia inutile! I cosiddetti militanti antimafia! L’antimafia non serve a niente!” starnazzano a gran voce i corvi.

Non è una novità: una volta scrivevano sul Giornale di Sicilia, attaccando secndo i secoli Falcone o Garibaldi; o sull’Uomo Qualunque, per attaccare i partigiani esaltati e gl’inutilissimi Pertini e Parri.

Qualche volta, però, a muoverli non è la Storia ma la cronaca, prosaicamente. Capita per esempio che da qui a qualche giorno si discuta il ricorso di un magistrato, potente e discusissimo, non riuscito a Catania a restar potente. E che quelli che lo smascherarono subiscano, per tal ragione, il reiterato starnazzamento dei corvi, con gran battito d’ali (peraltro inadatte al volo) e tentativi di beccate.

Fra i loro corveschi bersagli vi sono cronisti buoni e valorosi (Giuseppe Giustolisi, ad esempio, o l’incrollabile Pino Finocchiaro) che da dieci o vent’anni rischiano la carriera e qualcosa di più per fare il loro mestiere come va fatto: cosa che qui non si perdona.

Altri gracchi non cadono solo su noi poveri cronisti, ma su uomini di noi molto migliori, sui Maestri che condussero le lotte antimafia nella città di Catania. I corvi li insultano rabbiosamente anche da morti.

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