venerdì, Aprile 26, 2024
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Sono un esubero

Sono Mario, ho 48 anni e sono un esubero.

Quando avevo quarantatré anni l’azienda per cui lavoravo da vent’anni è fallita. Dopo due anni dalla procedura di licenziamento collettivo, l’azienda è stata assorbita da un’altra.

Ho firmato il nuovo contratto di assunzione, ero così felice che non mi interessavano tutte quelle clausole scritte in neretto, quello che contava era il nuovo contratto.

Trascorrono due mesi, ed i dirigenti dell’azienda convocano i sindacati, e tra numeri e percentuali dimostrano un esubero di centoquaranta posti. Avviano una procedura di mobilità volontaria incentivata; in pratica la nuova azienda regalava sei mensilità di stipendio a chi volesse andar via volontariamente.

Alcuni colleghi hanno accettato la mobilità in vista della pensione, altri più giovani, hanno colto l’occasione per andare a cercare lavoro in Germania, mentre io mi dicevo: “prima o poi questa crisi dovrà finire!”. Dopo un anno, l’azienda convoca i sindacati, ancora numeri e percentuali, questa volta si avvia la procedura per la cassa integrazione.

Ho resistito, ho stretto i denti e per spiegare a mio figlio che non potevo comprargli lo zaino nuovo della scuola, gli ho fatto un discorso conclusosi così: “Capito amore di papà? Io sono un esubero…”

Dopo un anno di cassa integrazione, c’erano ancora esuberi, questa volta avrei lavorato venti ore a settimana anziché ventiquattro e l’INPS avrebbe integrato il 70% delle quattro ore.

Pensavo: “Cavolo, prima o poi finirà questa crisi aziendale, ormai conosco più ammortizzatori sociali io di un avvocato del lavoro!”.

Trascorre ancora un altro anno, questa volta passano alla riduzione oraria ed io, in preda al panico, questa volta però dovevo trovare le parole giuste per spiegare a mia moglie che quella borsa così bella, vista in una vetrina del centro, non potevamo proprio permettercela.

Alla fine di tutte queste procedure sono andati via volontariamente settanta colleghi con i quali non condividerò più le miei giornate. Ho creduto che gli esuberi fossero finiti ed invece eccoli pronti, ancora un incontro con i sindacati, altri numeri ed altre percentuali, ancora una procedura di mobilità incentivata! “Ma io non mollo, resisto a denti stretti e non me ne vado tanto, prima o poi, questa crisi finirà e smetterò di essere un esubero!”.

 

Un pensiero su “Sono un esubero

  • Ettore Ferrero...

    Cara Redazione de ” I Siciliani giovani”,
    Un grosso problema è la questione lavoro, in Italia, ma soprattutto, al Sud.
    Pensare che ai tempi dei grandi sindacalisti – es. Placido Rizzotto a Corleone (PA) – i contadini per poter avviare la pratica di assunzione dovevano rivalersi ai grandi proprietari terrieri, che a loro volta utilizzavano come trait d’union i mafiosi per risolvere le beghe contrattuali.
    Uccidendo non solo la sollevazione dei contadini, ma anche i sindacalisti che avrebbero dovuto metterli in regola e difenderli dalle ingiustizie.
    E in Italia chissà se i boss mafiosi e i loro affiliati verrebbero regolarmente assunti con regolare contratto lavorativo: il Carabiniere o il Poliziotto è uno sbirro assunto dallo Stato, mentre il mafioso che contratto non ha, in quale tipologia di categoria lavorativa và inserito?.
    Chi, dunque, lo Stato preferisce tutelare?.
    Grazie!…

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