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“Come va il mondo?”

Non vogliamo muri

Auschwitz 2019. Notte di gennaio. Alice passeggiava tra quei sentieri di quel luogo dove si consumò lo sterminio “legalizzato” del regime nazista. Il silenzio venne rotto da passi sul selciato. Alice non ebbe paura ma andò avanti.

“Chi siete?”, chiese ad alcune ombre umane che le andarono incontro. Donne che al petto portavano un triangolo rosso, o giallo o rosa. Qualcun’altra una stella di David.

“Siamo le ombre di quelle donne che qui hanno vissuto e che poi vennero uccise passando per un camino, e le nostre ceneri vagano ancora nel vento – disse una di loro -. Siamo venute da te per chiederti una cosa: come va il mondo oggi?”.

Alice sgomenta rispose: “In Europa e in Occidente c’è una democrazia incompleta. Dopo il 1945, finita quella guerra, altre ce ne sono state. Tante le motivazioni, quelle di sempre: sete di potere e conquista, bramosia di denaro. Il tutto sempre in nome di un dio tirato a destra e a manca”.

La donna con il triangolo rosa chiese: “Ma si odia ancora il diverso?”

“Purtroppo sì. È in corso un altro olocausto”.

La donna con la stella di David, con il volto emaciato e triste, disse: “Non può essere! Cosa dici?”.

Alice abbassò gli occhi come se si vergognasse, e rispose “Fame, guerre, povertà e disastri ambientali fanno fuggire uomini, donne e bambini dalle loro terre di origini. Dall’America Latina, dall’Asia, moltissimi dall’Africa. Fuggono e cadono nelle mani dei trafficanti: vengono rinchiusi nei campi di concentramento in Libia, con la complicità dell’Europa unita che non li vuole. Quelli che riescono a imbarcarsi su mezzi di fortuna non tutti arrivano in Europa e molti sono in fondo al mar Mediterraneo”.

Intervenne la zingara: “Ma allora l’umanità non ha capito la lezione? Ha perso la memoria di ciò che è accaduto?”.

Incalzò una ebrea romana: “Anche gli italiani hanno dimenticato?”.

“Non proprio. Il 27 gennaio di ogni anno ci sono celebrazioni istituzionali e non solo. Tutti parlano dello sterminio ma pochi ricordano che non furono solo i nazisti a compiere quel massacro. Nessuno racconta che anche i fascisti furono complici: in pochi ricordano che anche in Italia ci furono campi di concentramento, come il campo di Fossoli e la risiera di San Saba con camere a gas e forni crematori. Prefetti e questori fascisti ordinarono di prelevare gli ebrei dalle loro case per essere mandati ai campi di sterminio”.

Quelle ombre diventarono donne in carne e ossa e, come le corife di una tragedia greca, dissero “E allora tutto si è perduto: ciò che è stato, ciò che è e ciò che sarà”.

Alice si unì al loro pianto ma trovò la forza di parlare: “No no, c’è chi resiste e lotta. Chi disobbedisce nel ricordo di quei sei milioni di morti con la fermezza di chi sa che ciò non deve accadere più”.

30 gennaio 2019.

Ad un solo miglio dalla costa siracusana, in mare aperto, c’è una nave.

Il suo nome è Sea Watch e per il governo “parafascista” italiano, ha una colpa.

Quella di aver salvato 47 persone da naufragio e morte sicura.

Uomini, donne e minori che sono fuggiti dai loro paesi e dai campi di concentramento libici.

Campi dove si ripete lo sterminio.

Ma questa volta, come tante altre volte, non siamo disposti a girare la testa altrove.

Vogliamo guardare questa realtà in faccia.

Non ci limitiamo a guardare, ma agiamo!

Con i presidi, di fronte a quel mare, con le proteste pacifiche.

Per sottolineare che la razza umana è solo una.

Per dire che non vogliamo muri, che siano di rossi mattoni o di pietra nera né fatti da barriere di filo spinato.

Solo agendo così, riusciremo a far sbarcare quegli essere umani tenuti ingiustamente da politici e governo, sempre in campagna elettorale.

È solo così che quelle donne, fatte di cenere, potranno finalmente posarsi sulla terra senza vagare più nel vento.

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