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Casa nostra

“Nostra mafia”, “mafia coraggiosa”?. Ma va’ là. C’è chi contro la mafia ci lotta allegramente, senza paura, prende le ville per dare case al popolo, spazi sociali ai giovani, asili per i bambini. La grande inchiesta di Arci e Siciliani.

 Quando arriviamo non ci sono sirene. Siamo armati di penne e chitarre, megafoni e stelle filanti. Impugniamo cartelli e non sappiamo come si usano le manette.

Emilio attacca lo striscione dei Siciliani, Abubakar lo striscione dell’Arci, Giovanni soddisfatto si fuma la pipa. Damaris ed Ella, dal Belgio e dall’Inghilterra, fanno i loro primi passi in un bene confiscato. Elena e Benedetta fanno le foto, Saro spiega quali sono le ville confiscate.

Siamo qua per realizzare sogni, solo così facciamo giustizia. Vogliamo trasformare quelle pietre comprate con i soldi della droga e delle estorsioni, delle armi e degli omicidi, in asili per i bambini, spazi sociali, luoghi di gioco, di rispetto, di lotta alla sopraffazione. È questa la nostra antimafia.

di Maurizio Parisi

Nella villa una sala per fare musica, negli appartamenti un sostegno per chi è senza casa, la piscina aperta a tutti. Vogliamo fare così nei palazzi che furono degli Zuccaro, vogliamo fare così in tutti i beni confiscati.

foto di Maurizio Parisi

Non più mafia, non più violenza, non più razzismo. Ma casa nostra.

C’è una legge, in Italia, che rappresenta un baluardo di civiltà, una di quelle nate con l’idea di portare avanti verso il progresso tutti e tutte. E’ stata pensata da Pio La Torre ed è stata approvata dopo il suo omicidio. La lotta alla mafia, dice questa legge, non è fatta solo di processi e manette. La lotta alla mafia è prima di tutto lotta per i diritti di tutti e di tutte, è riuso sociale dei beni sottratti da chi ha rapinato e distrutto enormi risorse collettive.

foto di Maurizio Parisi

Questa legge ha subito attacchi silenziosi, misti all’inefficienza di una burocrazia farraginosa. L’Agenzia dei Beni confiscati, l’ente governativo deputato alla gestione dei beni sottratti alle mafia, è stata sapientemente infiltrata da affaristi criminali come Antonello Montante, l’araldo di Confindustria Sicilia che, non a caso, proponeva che quei beni fossero rivenduti alle imprese private piuttosto che diventare case, scuole e centri di aggregazione sociale.

 

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