sabato, Ottobre 12, 2024
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Breve la lunga via da Catania alle Langhe

“Vedendo i miei stu­denti di ora ripenso ai miei anni di liceo in Sicilia, con le riunioni del collettivo studente­sco alla redazione dei Siciliani”

«Prof., questo è stato il mio primo vero viaggio d’istruzione» mi dice Ste­fano. Questa frase è impressa, vivida, nella mia memoria a distanza di quasi tre anni.

Forse perché mi è parsa la conferma che lasciare Catania per andare a inse­gnare filosofia e storia in provincia di Cuneo, nelle Langhe, dopotutto ha avuto un senso. Stefano è uno dei trenta ragazzi delle scuole di Alba che ha partecipato al «Treno della memoria», il viaggio orga­nizzato da «Terra del fuoco», associazio­ne della rete di Libera che ogni anno por­ta migliaia di studenti a visitare il lager di Auschwitz-Birkenau

È un viaggio, quello ad Auschwitz, ri­volto verso il futuro, non verso un passa­to lontano. Dopo aver conosciuto da vici­no l’orrore della deportazione e dello sterminio, tanti scelgono di impegnarsi, di attivarsi per costruire una società mi­gliore.

Sono quattro anni che con amici e col­leghi organizziamo il «Treno», all’inizio con enormi difficoltà, scontrandoci con l’ostilità di coloro che consideravano inutile, poco significativa, quest’espe­rienza, e con il problema di trovare i fon­di per finanziare l’iniziativa.

Ma nel corso di questi anni i ragazzi che hanno partecipato sono stati la mi­gliore pubblicità per il progetto. Al loro ritorno molti hanno iniziato o consolida­to per­corsi di impegno e cittadinanza at­tiva.

Come Francesca che è stata ad Ausch­witz nel febbraio del 2012 e pochi mesi dopo, il 25 aprile, ha tenuto il discorso alla manifestazione per l’anniversario della Liberazione. Ogni anno vado alla fiaccolata di commemorazione sulle Lan­ghe, a Treiso, avamposto partigiano du­rante la Resistenza. Quell’anno non rie­sco ad esserci e Francesca mi invia il suo discorso per email.

«Dal Treno della Memoria non si scen­de mai: storia, memoria, impegno e re­sponsabilità devono diventare le parole chiave della vita di tutti noi giovani. I partigiani ci passano il testimone, tocca a noi giovani portare avanti gli ideali di giustizia, libertà, uguaglianza, legalità e pace impegnandoci quotidianamente a essere cittadini consapevoli».

Oggi Francesca è responsabile, insie­me ad altri ragazzi e ragazze, del presidio albese di Libera intitolato a Mauro Ro­stagno.

Valentina è la prima persona della rete di Libera che ho conosciuto in Piemonte, quando, sette anni fa, sono venuto a vi­vere qui. È tra le responsabili del presi­dio provinciale di Cuneo. Nel mio primo anno di insegnamento avevo cercato di affrontare il tema della mafia con una quinta del liceo scientifico, imbattendo­mi nelle risposte dei ragazzi che mi dice­vano di non riuscire a capire il problema.

Vedevano la mafia come una questione distante che riguarda noi che veniamo dal sud e non tocca loro, non coinvolge le loro vite e le loro città. Il processo “Minotauro” sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Piemonte non era cono­sciuto e della mafia al Nord nelle scuole non si sapeva granché. Valentina mi fa conoscere la storia della “Cascina Cac­cia” a San Sebastiano da Po, in provincia di Torino. La cascina era di proprietà del­la famiglia mafiosa dei Belfiore.

Nel 1992 Domenico Belfiore è stato condannato come mandante dell’omici­dio di Bruno Caccia, Procuratore capo di Torino, ucciso sotto casa nove anni pri­ma, nel 1983. Nel 2005 il bene è stato confiscato alla criminalità organizzata e affidato al gruppo Abele e due anni dopo, con la collaborazione di Acmos e di Li­bera, ha iniziato le sue attività come pre­sidio a difesa della legalità. Grazie a Va­lentina capisco che è importante non es­sere da soli a parlare di mafia agli stu­denti.

E allora, negli anni successivi, con Da­niele e Daniela, due amici insegnanti, iniziamo a lavorare a un progetto che coinvolge gli studenti di tre diverse scuo­le superiori di Alba su identità, razzismo e sfruttamento degli immigrati da parte delle associazioni criminali. Il 2010 è l’anno degli scontri di Rosarno dove la responsabilità della ‘ndrangheta emerge chiaramente. Gli studenti iniziano a mo­strare sensibilità e interesse.

Quell’esperienza cementa una rete di contatti, di insegnanti e di formatori di Libera determinati a lavorare insieme nelle scuole. Come sempre le persone in­contrate sono preziose: scambiamo idee, punti di vista, gettiamo le basi per inizia­tive future.

Chiara, Martina e Noemi sono mie stu­dentesse del Liceo artistico di Alba. Due estati fa hanno partecipato ad un campo di volontariato di Libera a Mesagne, la cittadina pugliese da cui proveniva Me­lissa Bassi.

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