martedì, Aprile 30, 2024

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Buongiorno, sono il Virus. Come posso esserle utile?

Eppure, gli universitari si sono laureati, hanno messo su famiglia e cominciano ad avere anche qualche ruga, sparsa qua e là, sul viso incorniciato dalle cuffie: “Le cose sono cambiate o forse è meglio dire che si sono fossilizzate: grazie al call center ora si sfamano famiglie intere e si campa fino a fine mese; per molte coppie è l’unica fonte di reddito.” – continua Concetto – “Però, nonostante sia diventato per tanti, me compreso, il lavoro principale, ancora non ci sono certezze. La delocalizzazione è il cancro dei call center italiani: sottopagano all’estero e chiedono a noi di abbassare il nostro salario se vogliamo continuare a lavorare. La legge sulla delocalizzazione c’è, ma non viene rispettata.”

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Le fasi spagnole contro il virus

Se sei per strada noti due diverse reazioni al virus: “Si passa dal sentire bambini che piangono dicendo “Mamma, c’è il virus, ho paura di uscire” ai ragazzini, più lascivi che organizzano partite di calcio e, segnato un gol, non rinunciano a battersi il cinque tra loro”- dice Delfino- “ Barcellona è grandissima, accoglie tantissime etnie diverse, ma, come accade in ogni casa, ciascuno ha le proprie abitudini, modo di pensare quindi è difficile essere tutti d’accordo e agire allo stesso modo. C’è chi porta la mascherina e chi no, sono scelte personali.”

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-rete-CronacaGiornalismo

Corri, ragazzo, corri!

“Forse aspettavano tutti il 4 maggio per ordinare da McDonald’s.” dichiarano i riders di Deliverance Project su Facebook. “Fatto sta che questa era la situazione in Via Livorno, come se questi due mesi di pandemia non avessero insegnato niente. Sono stati per più di un’ora accalcati in attesa e questa attesa ovviamente non verrà pagata per la regola del cottimo: come rischiare la propria salute per niente. Eppure, sarebbe così facile bloccare le ordinazioni quando diventano troppe e tutelare la salute dei lavoratori.”

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Prove napoletane di sommovimento

La quarantena e le misure di contenimento imposte ai cittadini sono elementi che vanno a sommarsi alle profonde diseguaglianza già esistenti, seppure generalmente ignorate ed occultate. Le iniziative solidali di città come Napoli hanno avuto questo come principale merito, restituire visibilità a coloro di cui questo paese colpevolmente si dimentica. Ora, che lentamente torniamo alla quotidianità, è tempo di chiederci cosa possiamo fare affinché chi vive ai margini della società non sia condannato all’invisibilità. Oltre ad offrire tutto il supporto materiale, è tempo di pianificare ma senza essere ingenui.

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Fase due fai da te

“È prevalso il buon senso. Questo vuol dire responsabilità, soprattutto in una fase delicata come questa in cui oltre tremila persone faranno rientro in Calabria e per le quali il tampone sarà del tutto facoltativo.” – continua Chiara – “L’uso della mascherina qui è obbligatorio, malgrado la Santelli abbia affermato il contrario in diretta da Fazio, ma non sono distribuite gratuitamente, mentre quelle a prezzi calmierati sono praticamente introvabili. È con tutta evidenza una mossa politica studiata per mettere in crisi il governo, perché se è consentito ora l’asporto, bar e ristoranti potevano riaprire in sicurezza, sollevandosi poco alla volta. Non era necessaria quindi questa ordinanza; anche perché i problemi in Calabria sono altri.”

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La chiamata alle armi

“Sono stato chiamato per l’emergenza, così ho risposto subito e prontamente. Certo all’inizio di questa avventura avevo molta, all’università dovevamo svolgere parecchie ore di tirocinio, ma vivere in prima persona un’emergenza sanitaria mondiale è tutt’altra cosa. Varcata la soglia dell’ospedale avrei avuto delle responsabilità enormi”- dice Davide- “ Tornato a casa temevo di infettare la mia famiglia, è una sensazione terribile, ti senti sporco e perciò cerchi di ricostruire ogni singolo movimento e gesto fatto durante il turno. Ti chiedi cosa hai toccato pur prendendo tutte le precauzioni possibili, infatti indossiamo sempre mascherina e guanti.”

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Diario della fase uno

Questo volumetto è il contributo delle giovani redattrici dei Siciliani – la quinta generazione del giornale fondato da Giuseppe Fava – alla libera informazione in un momento difficile del nostro popolo. Difficile, ma affrontato in complesso con spirito di disciplina e di solidarietà. Certo, fra molti mugugni, che non vanno però confusi con l’irresponsabilità di coloro che, per carriera politica o per semplice vanità, di questo drammatico momento non hanno colto che l’occasione di mettersi in mostra o con un eccesso di critica o con un eccesso di autorità.

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Ciò che conta è laurearsi, non importa come

“Ti laurei lì, senza poter scambiare né auguri né saluti con altri, ma l’emozione è sempre la stessa.” La laurea è un traguardo indimenticabile; segna la fine di un percorso complicato, fatto da aspettative da non deludere e da esami da macinare se si vuole essere “in tempo”. Tuttavia, quello stesso percorso, ora non è più in grado di garantire il lavoro dei sogni una volta riposta la corona d’alloro. Negli ultimi anni, infatti, così come riportato dal Corriere della Sera, è cresciuto il numero di studenti italiani sempre più insoddisfatti dai loro studi; il 10% ha anche ammesso di soffrire di depressione.

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