venerdì, Dicembre 13, 2024

Cassazione

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Era tornato

Che scocciatura per don Raffaele. Il suo telefono aveva ripreso a squillare incessantemente, i postulanti avevano ricominciato a mettersi in fila, gli uomini di potere si avvicendavano nuovamente al suo cospetto per chiedere consigli e illuminanti strategie, la gente era tornata a stringergli la mano in strada. E adesso di nuovo lo stigma del processo in corso, della condanna per mafia.

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-rete-SocietàStorie

Omicidio Ciro Esposito: ridotta la pena a De Santis

Martedì 27 giugno, a poco più di un anno dalla sentenza che condannava Daniele De Santis a ventisei anni di reclusione per l’uccisione di Ciro Esposito, la Corte d’appello ha ridotto la pena al militante neofascista ed ex ultras della Roma a sedici anni, motivando la decisione con l’esclusione dell’aggravante dei futili motivi e con l’assoluzione del reato di rissa. Entrambe le parti hanno annunciato un prossimo ricorso in Cassazione.

 

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-rete-Società

La beatificazione di “u zzu Totò”

Nel nostro caso il perdonismo si incrocia con il garantismo e, davanti al diritto di essere curato o incurato, viene aggiunto quello, sinora non previsto da nessuna disposizione, di morire nel proprio letto. E qua è di prassi l’alzata di scudi. Si ha l’impressione che tutto il fumo sollevato da questo caso sia stato fatto deliberatamente per sollevare un’alzata di scudi, una sana boccata d’antimafia, dal momento che è giusto che il nostro povero zzu Totò possa esser lasciato morire in pace nella sua cella, senza che qualcuno lo butti fuori da quella che oggi e da molto tempo è la sua casa.

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-mensile-Editoriali

Sotto la Corte la mafia campa

Qui Lombardia, anni duemila. Pare di stare nella Sicilia, anni ottanta del secolo scorso. Vi ricordate quando la Corte di Cassazione era nelle mani di chi sosteneva che Falcone fosse “una faccia di caciocavallo”? Era costui il giudice Corrado Carnevale, che non per niente presiedeva la prima sezione della Suprema Corte. Per la “sua” sezione dovevano passare, senza scampo, tutti i processi di mafia e di camorra. Alla faccia del principio del giudice “naturale”, i mafiosi sapevano di avere invece un giudice “precostituito”, il “loro” giudice, quello cioè che comunque avrebbe sempre deciso, alla fine, delle loro sorti. E Carnevale decideva “bene”, almeno dal loro punto di vista.

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