Cassazione: “L’Aeronautica depistò”
La sentenza della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ribalta il giudizio d’appello e accoglie il ricorso della famiglia Davanzali, proprietaria della compagnia aerea Itavia, l’ottanduesima vittima del volo I-TI GI IH870
Facciamo un po’ di chiarezza. La storia dei processi (al plurale, perché sono davvero tanti) relativi alla strage di Ustica meriterebbe un libro intero, e non sarebbe meno voluminoso di quelli relativi ai depistaggi, le indagini, le testimonianze, le ipotesi e le bufale sulla caduta del Dc-9 Itavia, inabissatosi in mare il 27 giugno 1980.
La sentenza della Corte di Cassazione depositata ultimamente non va confusa con quella pronunciata pochi giorni fa dalla Corte di Appello di Roma, che pure dà ragione alla compagnia Itavia, stabilendo un risarcimento di 261 milioni di euro. Lo spiega bene Maurizio Landieri su stragi80.it
Il giudizio della Corte Suprema (consultabile qui) accoglie il ricorso presentato dalle eredi di Aldo Davanzali, il presidente dell’Itavia, contro la decisione del tribunale di Roma, che il 4 ottobre 2010 aveva assolto la Presidenza del Consiglio, i Ministeri della Difesa, delle Infrastrutture e dei Trasporti dalle loro responsabilità riguardo la sicurezza dell’aerovia Ambra 13, sulla quale viaggiava il Dc-9. Tutto da rifare, i Ministeri torneranno sotto processo.
Davanzali, morto nel 2005 a 83 anni, si è battuto tutta la vita per dimostrare l’innocenza della sua compagnia, divenuta, dopo la strage, il capro espiatorio ideale. Prima con la tesi del “cedimento strutturale”, sostenuta dall’Aeronautica contro ogni evidenza fino alla fine degli anni ’90; poi, con la revoca delle concessioni, voluta dall’allora Ministro dei Trasporti Rino Formica. Gli aerei dell’Itavia non avrebbero volato mai più, ma Davanzali continuò a lottare, denunciando le macchinazioni degli Ufficiali dell’Aeronautica militare che “distruggendo e manipolando prove, occultando e alterando la realtà, avevano con dolo o (almeno con colpa) depistato le indagini sulla tragedia di Ustica”.
Nel 2001 chiese allo Stato 1750 miliardi di lire per danni esistenziali e patrimoniali. La sentenza d’appello sul risarcimento, giunta pochi giorni fa, è quella di cui abbiamo parlato in principio di articolo. Nel 2004, invece, i Generali dell’Aeronautica responsabili dei depistaggi vennero assolti (due di loro per avvenuta prescrizione). Davanzali se ne andò l’anno dopo, gravemente malato di Parkinson.
“Definitivamente accertati”
Ma a impugnare il ricorso contro lo Stato, continuando la battaglia del padre, sono state le figlie di Aldo, Luisa e Tiziana: «Ho pianto, quando l’avvocato mi ha dato la notizia. Io e mia sorella Tiziana siamo grate alla magistratura, alla Corte di Cassazione, che ha emesso una sentenza coraggiosa, doverosa, dopo anni di depistaggi e omertà».
Depistaggi “significativi”, che la Suprema Corte ha giudicato “definitivamente accertati” e che “non possono più essere messi in discussione”. I giudici, citando l’altra sentenza della Cassazione, quella del 28 gennaio 2013, scrivono che
« risulta, oltretutto, perfino irrilevante ricercare la causa effettiva del disastro, nonostante la tesi del missile sparato da aereo ignoto, la cui presenza sulla rotta del velivolo Itavia non era stata impedita dai Ministeri della difesa e dei trasporti, risulti ormai consacrata pure nella giurisprudenza di questa Corte »
Come a dire che non importa (a livello giuridico, naturalmente) che il missile sparato fosse francese, americano o libico. Le responsabilità dell’Aeronautica, dei Ministeri – in una parola dello Stato – restano quelle. Con buona pace di chi continua a difendere generali e ministri.
Resta da sapere (per la verità storica che, lo sappiamo bene, non coincide con quella giuridica) chi sparò il missile che tolse la vita agli 81 passeggeri del DC-9, alle aerolinee Itavia, e all’imprenditore Aldo Davanzali. I giudici della Procura di Roma, 33 anni dopo la strage, stanno ancora indagando.