venerdì, Aprile 19, 2024
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Cassazione: “L’Aeronautica depistò”

La sentenza della Ter­za Sezione Ci­vile della Corte di Cas­sazione ri­balta il giudizio d’appello e ac­coglie il ricorso della famiglia Davanzali, proprietaria della com­pagnia aerea Itavia, l’ottanduesima vittima del volo I-TI GI IH870

Facciamo un po’ di chiarezza. La storia dei processi (al plurale, perché sono davvero tanti) relativi alla strage di Ustica meriterebbe un libro intero, e non sarebbe meno voluminoso di quelli relativi ai depistaggi, le indagini, le te­stimonianze, le ipotesi e le bufale sulla caduta del Dc-9 Itavia, inabissatosi in mare il 27 giugno 1980.

La sentenza della Corte di Cassazione depositata ultimamente non va confusa con quella pronunciata pochi giorni fa dalla Corte di Appello di Roma, che pure dà ragione alla compagnia Itavia, stabi­lendo un risarcimento di 261 milioni di euro. Lo spiega bene Maurizio Landieri su stragi80.it

Il giudizio della Corte Suprema (con­sultabile qui) accoglie il ricorso presenta­to dalle eredi di Aldo Davanzali, il presi­dente dell’Itavia, contro la decisione del tribunale di Roma, che il 4 ottobre 2010 aveva assolto la Presidenza del Consi­glio, i Ministeri della Difesa, delle Infra­strutture e dei Trasporti dalle loro re­sponsabilità riguardo la sicurezza dell’aerovia Ambra 13, sulla quale viag­giava il Dc-9. Tutto da rifare, i Ministeri torneranno sotto processo.

Davanzali, morto nel 2005 a 83 anni, si è battuto tutta la vita per dimostrare l’innocenza della sua compagnia, divenu­ta, dopo la strage, il capro espiatorio ideale. Prima con la tesi del “cedimento strutturale”, sostenuta dall’Aeronautica contro ogni evidenza fino alla fine degli anni ’90; poi, con la revoca delle conces­sioni, voluta dall’allora Ministro dei Tra­sporti Rino Formica. Gli aerei dell’Itavia non avrebbero volato mai più, ma Da­vanzali continuò a lottare, denunciando le macchinazioni degli Ufficiali dell’Aeronautica militare che “distrug­gendo e manipolando prove, occultando e alterando la realtà, avevano con dolo o (almeno con colpa) depistato le indagini sulla tragedia di Ustica”.

Nel 2001 chiese allo Stato 1750 miliar­di di lire per danni esistenziali e patrimo­niali. La sentenza d’appello sul risarci­mento, giunta pochi giorni fa, è quella di cui abbiamo parlato in principio di arti­colo. Nel 2004, invece, i Generali dell’Aeronautica responsabili dei depi­staggi vennero assolti (due di loro per avvenuta prescrizione). Davanzali se ne andò l’anno dopo, gravemente malato di Parkinson.

“Definitivamente accertati”

Ma a impugnare il ricorso contro lo Stato, continuando la battaglia del padre, sono state le figlie di Aldo, Luisa e Tizia­na: «Ho pianto, quando l’avvocato mi ha dato la notizia. Io e mia sorella Tiziana siamo grate alla magistratura, alla Corte di Cassazione, che ha emesso una sentenz­a coraggiosa, doverosa, dopo anni di depistaggi e omertà».

Depistaggi “significativi”, che la Su­prema Corte ha giudicato “definitiva­mente accertati” e che “non possono più essere messi in discussione”. I giudici, citando l’altra sentenza della Cassazione, quella del 28 gennaio 2013, scrivono che

« risulta, oltretutto, perfino irrilevante ricercare la causa effettiva del disastro, nonostante la tesi del missile sparato da aereo ignoto, la cui presenza sulla rotta del velivolo Itavia non era stata impedita dai Ministeri della difesa e dei trasporti, risulti ormai consacrata pure nella giuri­sprudenza di questa Corte »

Come a dire che non importa (a livello giuridico, naturalmente) che il missile sparato fosse francese, americano o libi­co. Le responsabilità dell’Aeronautica, dei Ministeri – in una parola dello Stato – restano quelle. Con buona pace di chi continua a difendere generali e ministri.

Resta da sapere (per la verità storica che, lo sappiamo bene, non coincide con quella giuridica) chi sparò il missile che tolse la vita agli 81 passeggeri del DC-9, alle aerolinee Itavia, e all’imprenditore Aldo Davanzali. I giudici della Procura di Roma, 33 anni dopo la strage, stanno ancora indagando.

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