martedì, Aprile 23, 2024
-mensile-Polis

“Ve lo do io il lavoro”

Renzi “rottama” e i la­voratori scendono in piazza. Non hanno vogli a di essere rottamati pure loro. “La crisi la deve pagare chi ci ha guadagnato”. Giusto. Ma dal dire al fare…

Il cosiddetto “Jobs Act” si propone in primo luogo di “generare nuova occu­pazione, in particolare giovanile”. Il te­sto, tuttavia, oltre a essere assai vago, deve ancora passare al vaglio della Ca­mera e successivamente si dovranno at­tendere i decreti attuativi previsti per la prima metà del prossimo anno. 

Allo stato delle cose il provvedimento non solo non appare efficace, ma consiste in uno scambio che potrebbe rivelarsi for­temente ineguale.

Da un lato, più libertà di licenziare, mantenendo il reintegro previ­sto dall’arti­colo diciotto soltanto nel caso di espulsio­ni discriminatorie;

dall’altro uno “sfoltimento” delle ti­pologie contrattuali, che dal pac­chetto Treu alla riforma Forne­ro, passando per la legge Biagi, sono au­mentate a dismisura, come ha ri­conosciuto anche il ministro del La­voro Poletti, il quale ha sottolineato che oggi si assume con contratto a tempo indeterminato sol­tanto nel 17 per cento dei casi.

L’idea del governo Renzi è di semplifi­care la foresta contrattuale, eliminando – pare – i contratti a progetto e introducen­do il “contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio” con “l’obiettivo di farne la normale modalità”.

Quanto ai contratti a termine, verrebbe stabilito un tetto di 36 mesi complessivi, con un massimo di otto proroghe e una quota non superiore al 20 per cento dell’organico. 

Totale facoltà di licenziare 

Il problema è che il contratto a tempo indeterminato di cui sopra risulta minato in partenza: dalla pressoché totale facoltà di licenziare in qualunque momento (il massimo della flessibilità) e dalla compre­senza di altre forme contrattuali (il con­tratto unico è stato esclu­so), che seppur ri­dotte di numero continueranno ad essere – nono­stante la promessa di sgravi fi­scali per le assunzioni a tempo indeterminato – le più appetite dal datore di lavoro, come acca­duto finora.

Non solo: gli stessi datori di la­voro, avranno due armi in più:

1) la possibilità di spostare il dipen­dente da una mansione a un’altra,quindi di de­mansionarlo;

2) il ricorso alle nuove tecnologie per la sor­veglianza e il telelavoro.

Il lavoratore non avrà quindi maggiori tutele, ma meno tutele. 

Il lavoratore avrà meno tutele 

Il governo punta anche a favorire le im­prese che stipule­ranno contratti di solida­rietà attraverso la riduzione dei contributi, ma i contratti di solidarietà si fanno con i lavoratori che già ci sono, non certo con l’assunzione di nuovi.

Come sarà possibile, dunque, raggiun­gere l’obiettivo di generare nuova occupa­zione? Nel frattempo, il provvedimento sul mercato del lavoro va avanti pressoché in bianco e a colpi di fiducia poiché, dice ancora Poletti, “abbiamo un urgente biso­gno di concludere il percorso”? 

Il primo sciopero contro Renzi 

Le opinioni contrarie non sono gradite al “mandante” (leggasi Merkel ed Fmi, che hanno prontamente espresso il loro appoggio alla riforma). Neppure quelle in­terne della minoranza del Pd, che ad ogni modo abbaia molto ma non morde mai.

La sola opposizione è quella della Cgil, che – dopo la manifestazione del 25 otto­bre a Roma – ha preannunciato uno scio­pero generale. Il primo contro Renzi. E molto probabilmente non l’ultimo.

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