lunedì, Novembre 4, 2024
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Si chiamava Antonino Gulisano e fra due giorni avrebbe compiuto 48 anni

“Mio fratello si chiamava Antonino, e fra due giorni avrebbe compiuto 48 anni”.

Queste sono le ultime parole che mi ha detto al telefono poco fa il mio amico, compagno e collega Sebastiano Gulisano.

Oggi suo fratello è morto di malasanità. Questo termine così sconciamente neutro e abusato che nasconde tragedie e dolore. E omicidi.

Antonino si è sentito male a casa, a Riposto un comune in provincia di Catania. Il fratello, Sebastiano, ha chiamato il 118 e dopo pochi minuti è arrivata l’ambulanza. Una cosa incredibile in un pezzo di Paese dove la sanità pubblica è poco meno di un’ipotesi. Immediatamente i paramedici hanno capito che si trattava di un sospetto infarto. E via di corsa verso l’ospedale di Acireale. Nei pochi minuti di tempo percorso a bordo dell’ambulanza sarebbe stato possibile fare un elettrocardiogramma. Se ci fosse stato l’apparecchio a bordo. La madre e due fratelli di Antonino intanto sono andati a Acireale anche loro.

Sebastiano è rimasto a casa che c’era un operaio che doveva fare dei lavori e non si poteva lasciare l’appartamento vuoto senza nessuno. Preoccupato ovviamente, Sebastiano. Ma quell’intervento così immediato e professionale un po’ lo aveva rassicurato. Si sa che in caso di infarto i primi minuti sono fondamentali e quel pronto intervento era stato davvero tempestivo. Dopo più di due ore dopo, non avendo ricevuto notizie, Sebastiano ha chiamato suo fratello per sapere se c’erano novità. “Antonino è morto”.

Antonino Gulisano è morto aspettando in un locale del pronto soccorso dell’ospedale di Acireale per più di due ore che gli venisse fatto un elettrocardiogramma. Quello che gli avrebbero dovuto fare in ambulanza se il mezzo ne fosse stato dotato. Quello che gli avrebbero dovuto fare appena era arrivato all’ospedale in codice rosso con sospetto di infarto in corso. E’ morto davanti ai medici che dopo tutto quel tempo trascorso si erano decisi di andare a fare l’analisi. Nelle ore ogni tanto era passato qualcuno a misurargli la pressione e se n’era andato via. E’ morto mentre i medici rassicuravano i parenti che si trattava solo di un attacco epilettico. E’ morto così. Di malasanità. Si dirà. Come se la malasinità sia una calamità come un’inondazione o un terremoto. O l’invasione delle cavallette.

Il primario difende il suo staff. “Hanno fatto tutto il possibile”, meno un elettrocardiogramma. La solita triste farsa per pararsi il culo contro ogni evidenza per poi scaricare i propri sottoposti appena tira un brutta aria. Anzi, il primario si è portato avanti il lavoro dichiarando alla stampa che al momento del decesso lui in ospedale non c’era, era assente, in pausa, un pisolino, chissà… e che quindi lui non sapeva nulla, se non ovviamente che i suoi avevano “fatto tutto il possibile”. Il “pisolino” un ottimo escamotage per poi in corsa cambiare versione.

E quindi intanto la denuncia al Tribunale del malato, subito. “Lo devo prima di tutto a mio fratello”, scandisce con precisione Sebastiano. “E per impedire che una cosa del genere non possa ripetersi. Mai più”. Intanto quella in attesa che tutti i parenti si accordino per una penale e si proceda a un’autopsia. Quindi i carabinieri che hanno identificato tutti i medici e paramedici presenti nel pronto soccorso durante questa tragedia che tragedia non è. Perché chiamare tragedia un omicidio per omissione di soccorso è troppo facile.

“Queste cose continuano a succedere sempre con maggiore frequenza – mi dice con freddezza Sebastiano – mentre abbiamo un ministro che non passa giorno senza far chiudere presidi sanitari. Se non avessero chiuso l’ospedale di Giarre quello di Acireale non sarebbe mai andato in tilt come è ora. E lì la situazione era già allucinante ancora prima che arrivasse il surplus di pazienti che ha ora”.

“Viviamo in un paese che pretende di essere civile e che inserisce nella propria Costituzione il diritto alla salute e poi lo nega in questo modo osceno. Non siamo più cittadini, ma numeri, percentuali”. Lo devi a tuo fratello, Sebastiano. Lo dobbiamo anche a te, amico mio, ascoltarti, denunciare e esserti accanto. Tuo fratello si chiamava Antonino Gulisano e fra due giorni avrebbe compito 48 anni.

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