sabato, Aprile 27, 2024
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“Qui non si paga il pizzo”

A Santa Venerina piccoli segni di forza quotidiani

”Non possiamo convivere con la mafia e dobbiamo dirlo. Liberarcene significa liberarci dalla schiavitù e dall’oppressione. E la mafia si batte anche se si risponde ad essa con segni forti, piccoli ma decisi ”

falegnameria Rò La Formichina a Santa Venerina

Segni piccoli, ma forti e decisi. È così che la falegnameria Rò La Formichina a Santa Venerina, un paesino alle pendici dell’Etna, ogni giorno risponde alla paura e alla mafia, offrendo lavoro a ragazzi portatori di handicap, giovani e adulti con problemi di devianza o con la giustizia, offrendo loro la possibilità di un riscatto. 

L’ambiente è piccolo, familiare, ma la forza si respira tra la complicità e il sostegno degli operai. E soprattutto nella parete di fronte all’entrata c’è scritto: “In questa cooperativa non si paga il pizzo a nessuno. Dio solo è la nostra forza, a lui solo siamo debitori. Si prega di non insistere.”

La falegnameria nasce come cooperativa sociale nel dicembre del 2001, su un progetto dell’associazione comunità Papa Giovanni XXIII e prende il nome da Rosario, un ragazzo della comunità, con un grave ritardo mentale, scomparso nel novembre del 2001. Rò è una formichina che nonostante la sua piccolezza porta pesi fino a cinque volte superiori al proprio, così ogni giorno nella cooperativa ragazzi con problematiche varie si portano addosso il peso di una società che li emargina. Qui ognuno lavora e ha una responsabilità, e il lavoro diventa un modo per rinascere e imparare.  Ognuno lavora con la consapevolezza di poter costruire un mondo migliore.

Un luogo dove la prepotenza, la corruzione, il silenzio consenziente non hanno posto, non trovano respiro. ”Non possiamo convivere con la mafia e dobbiamo dirlo. Sentiamo forte nel territorio in cui viviamo la paura di tanti nostri fratelli che lavorano e danno lavoro, che sono schiacciati da una realtà violenta che crea povertà e sudditanza, che vuole controllare tutto, che trasforma in interesse di pochi il lavoro di tutti, che ricatta ed uccide. Lo sappiamo bene, anche perché nella nostra cooperativa sono passati ragazzi in qualche misura coinvolti nel mondo mafioso. Noi siamo stati colpiti da questi episodi così come sono state colpite persone vicine a noi, che magari, per tanti motivi, non possono fare certi gesti.”

Turi, 30 anni, si guarda le mani che ”prima rubavano e facevano cose brutte e adesso sono capaci di fare cose belle”. Edoardo ricorda quando era in carcere e pensava di non saper fare niente e di non avere più tempo per imparare, ma da quando ha iniziato a lavorare per la cooperativa ha imparato a lavorare il legno: ”È un lavoro stancante” dice mentre mette insieme alle altre l’arnia appena costruita ”ma alla fine ciò che costruisco funziona ed è bello perché l’ho costruito io.”

E Vincenzo, volontario, crede che la cooperativa sia anche fabbrica di rapporti umani, di legami forti in cui ognuno con la sua storia supera la propria fragilità lavorando, confrontandosi con gli altri: ”È bello perché quando lavoro mi rendo conto che non lo faccio solo per me, che il mio lavoro diventa importante anche per altri.” Nella falegnameria Rò La Formichina ogni giorno ognuno con la sua rabbia, con la sua fragilità, con le sue mani costruisce piccole risposte di bellezza, di giustizia.

 

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