giovedì, Aprile 18, 2024
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Palermo fra passato e futuro

Sta forse in questa dicotomia tra un’ere­dita importante e l’ineludibile sfida origi­nale presentata dal presente e dal futuro, il guado stretto dentro il quale deve passare il progetto politico e l’azione amministra­tiva della Giunta di Leoluca Orlando.

Una scommessa alta in cui Palermo può ridiventare metafora di una città che rifiu­ta, contro ogni miope evidenza, la condi­zione di un tessuto socio – economico pie­gato su stesso che, forse, ormai è condi­zione generalizzata nel Paese e nel suo contesto europeo.

Allora c’è bisogno di un surplus di co­raggio per iniziare creando le condizioni per una virtuosa governance diffusa della città, inevitabilmente decisa e determinata, che deve essere radicalmente altra. Questo non per mera forma di rivalsa, politica­mente infantile, ma semplicemente perché la città non regge più quello che è stato l’abbandono complessivo che, forse anche per gravi responsabilità collettive, non po­teva che avere un sindaco, forte della sua debolezza, come Cammarata ad interpreta­re un generale oscurantismo.

In questo senso, probabilmente la prima operazione necessaria da fare è sostituire tutti gli interpreti di una irresponsabile oc­cupazione dei luoghi del potere di questa città, a partire dalle aziende di servizi e dalle sue istituzioni culturali. Una chiara operazione politica, motivata e trasparen­te, che non sia atto di “vendet­ta”, né appli­cazione esasperata di spoil si­stem, bensì precisa assunzione di respon­sabilità rispet­to ad un segnale preciso di cambiamento da dare alla città a partire dalla concretez­za della gestione del potere Quindi, porta­re avanti con estremo rigore delle vaste operazioni verità sulla gestione di questi Enti, perfino oltre quanto già sot­to l’esame della Magistratura ordinaria e contabile.

Non si tratterebbe solo di una pur irri­nunciabile ricerca delle responsabilità po­litiche e penali, ma anche di una ricogni­zione necessaria dei dati reali per ripartire dalla situazione presente nelle istituzioni socio-economiche e culturali.

Individuare una sorta di core business di ogni struttura di servizio e culturale da in­terpretare non certo in una mera logica economico-aziendalista, né di utilitarismo politico, ma di corretta amministrazione, sul piano finanziario ed organizzativo, ri­volta a ricostruire il senso autenticamente pubblico della città.

Quindi, occorre passa­re sotto osserva­zione i grandi progetti sui quali un’ammi­nistrazione, complice e im­belle, tendeva a legittimare comitati di af­fari sui quali bi­sognerà stare molto attenti rispetto alla loro capacità di riaccreditarsi. L’appalto di quel vasto sistema di ope­re pubbliche che risponde alla risistema­zione dell’intero “fronte a mare” della cit­tà può essere un’eccezionale opportunità se saprà libera­re energie socio – imprendi­toriali sane.

Come lo potrà essere la riqualificazione di uno parco urbano come la Favorita, straordinario per ampiezza e importanza naturalistica, se si sarà capaci di fare la co­raggiosa operazione di reale integrazione con la città attraverso la chiusura al traffi­co e l’organizzazione di un’ampia fruizio­ne per la collettività.

Anche su questo terreno bisognerà avere idee chiare e straordinaria attenzione per quello che ancora oggi significa la Favo­rita e i limitrofi terreni addossati ai fianchi del Monte Pellegrino anche per il control­lo mafioso del territorio.

In questo ampio concetto va anche inse­rita la tematica generale dei beni comuni, dai teatri e le altre strutture inutilizzate ai Cantieri culturali della Zisa.

Tutti punti in cui perseguire l’eccellenza per quanto riguarda la fruizione della città, ma anche i metodi di gestione da rendere sempre più innovativi e partecipati, anche oltre una tradizionale gestione pubblica, per quanto illuminata.

Inoltre, la città deve riassumere un ruolo protagonista nell’attrazione e l’utilizzo dei fondi europei, anche stabilendo una siner­gia non subalterna con la Regione Sicilia­na titolare della Programmazione.

Tale impegno di recepimento e impiego di risorse straordinarie non può che essere legato ad interventi altrettanto straordinari e questo imperativo rappresenta insieme vincolo e potenzialità di una città che deve osare nell’immaginare e costruire le pre­messe concrete del proprio futuro.

In una tale logica, Palermo deve entrare in campo anche sulle grandi questioni che riguardano più direttamente, non solo il suo territorio, ma anche il suo interland.

La realtà storica del Cantiere Navale di Palermo sul quale pende da anni una sub­dola e mai adeguatamente motivata volon­tà di smantellamento da parte della pro­prietà Finmeccanica deve entrare nella vi­sione e nelle rivendicazioni dell’ammini­strazione.

Come è un problema che riguarda anche Palermo, la dismissione soft dell’ex im­pianto Fiat di Termini Imerese e l’abban­dono sempre più grave del polo industriale di Carini.

Questi processi di dismissione industria­le sono problemi che riguardano una gran­de città come Palermo, non solo per il con­tributo irrinunciabile che queste aree dan­no all’occupazione dei palermitani, ma an­che per rispondere ad una vocazione me­tropolitana che può essere volano di svi­luppo per la città e per i territori limitrofi.

Palermo è una città che deve osare.

E questo è quasi un assioma che rende, prima che sterile, irragionevole il pensare solo di gestire, magari meno scellerata­mente di Cammarata, l’esistente.

Questa della nuova amministrazione di Palermo è una scommessa che va accettata dall’intera città, nonostante la gravità della fase, perché non si può eludere e, soprat­tutto, non si può perdere.

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