Palermo, 19 luglio. Il nostro dovere
Palermo, 19 luglio
In memoria di Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina e per riaffermare il loro impegno di lotta, i giovani di Palermo si riuniscono alle 18:30 a via D’Amelio, per iniziativa di Our Voice, e insieme ad Attivamente, AM2000, Giovani Cgil, Udu Palermo e ovviamente Siciliani.
Intanto i magistrati sospendono la camera di consiglio che doveva sigillare le indagini, e i giornalisti si chiedono chi è “l’amico traditore” delle ultime lacrime di Borsellino. Si fanno vari nomi di estrema destra, di cui alcuni semplice-mente vigliacchi ed altri vicini ai terroristi. Quest’ultima pista emerge decisamente a partire dall’assassinio Mattarella, e non è solo italiana. Essa comunque non esclude la convergenza (co- me osserva Nando dalla Chiesa) di altri interessi influenti e paralleli.
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La giustizia della Repubblica, che il Governo cerca di soffocare in tutti i modi, non giungerà tuttavia alla vittoria se non sostenuta, oltre le complicità o timidezza delle forze politiche, dalla massa dei giovani. Così fu per Falcone, emarginato a Palazzo ma non nelle scuole.
In questo “partito di Falcone e dei ragazzini” crediamo con ferma fiducia, oggi come ieri.
Il nostro dovere
17 luglio 2028
Bisogna andare a Palermo, bisogna scendere in piazza, bisogna gridare. Questo ora, subito. Ma poi bisogna studiare, bisogna organizzarsi, bisogna crescere. Non per il giorno di sabato, ma per tutti gli altri trecentosessantaquattro. Son tutti giorni di Borsellino, nessuno escluso, ciascuno più di quelli precedenti. E questo per i prossimi due o cinque o dieci anni. Fra dieci anni tu ne avrà trenta: o nel fosso o al governo, comunque decisore civile, generazione decisiva: ”egemone”, diceva Gramsci (e gli anni vanno su molto in fretta, credete a chi c’è passato :-).
Il vostro strumento fondamentale non è la fisicità o la barricata (che a volte servono). E’ la comunicazione civile: nel mio arcaico linguaggio, il “giornalismo”. Che non è più giornalismo, ma lo è più di prima; e non per tecnologie o per denari (là ci battono gli stregoni) ma per concezione profonda, attualissima, popolare. È il giornalismo del popolo, cioè di Pippo Fava. E qui non è più lingua arcaica, bensì anticipatrice e concreta. Da studiare.
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Brutto parlare ai giovani, in questo tempo. Non perché siano strani i discorsi, o troppo antichi, o troppo piccoli loro: ci comprendiamo perfettamente. È che per la porta socchiusa dovranno passarci loro, attraversare il buio, sfidare i mostri; noi non potremo più aiutarli, là avanti.. I nostri insegnamenti, così dolci ora, saranno duri alla prova; chiedono diritti, e dunque lotta; ma non salvatori supremi, non regalie; ma impegno collettivo e singolo, ordinato, ostinato, passo a passo. E dunque acquisizione, libera e consapevole, di doveri. Il primo e più difficile, è l’unità. Non coi simili e basta, ma proprio coi viandanti. Sabato, tanto per dire, non c’è l’antimafia in piazza: ce n’è mezza. Vi toccherà riportarla insieme, e sarà logorante. Ma gli altri son troppo vecchi per fare il salto, e dunque dovrete spingerli, possibilmente con le buone.
(Riguarda anche casa mia, ma ne parleremo un’altra volta. Non lo rimuoveremo però, perché si rimuove da troppo tempo. Parola di vecchio lupo dei Siciliani oppure, giacché Biani mi ha arruolato, “parola di scout”).
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Quest’estate cercheremo di rilanciare il nostro tradizionale lavoro redazionale nei suoi vari settori, dalla formazione giornalistica alla routine professionale (inchieste, rassegne stampa, tecniche, testate amiche, rete). I nostri compagni, vecchi e nuovi, contribuiranno con convinzione e impegno. Chi può, si faccia avanti.