lunedì, Ottobre 7, 2024
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Cecenia: le guerre, i crimini, i criminali e i traffici

La Cecenia è una Repubblica autonoma della Federazione Russa situata nel Caucaso, sul confine con la Georgia. Storicamente contesa fra le varie potenze che la circondavano, i suoi abitanti hanno da sempre dovuto difendersi, coltivando una grande volontà combattiva e un forte sentimento etnico-patriottico.

 

Da quando vennero sottomessi fra la fine del Settecento e i primi anni dell’Ottocento dall’allora Impero Russo, la resistenza del popolo ceceno contro l’invasore è una costante. Questa resistenza storica si manifesta in particolare durante lo sfaldamento dell’U.R.S.S. Negli ultimi mesi del 1991 il generale Dzochar Dudaev, approfittando degli intrinsechi sentimenti anticomunisti ceceni e della confusione regnante a Mosca, rovescia l’élite sovietica cecena e prende il potere a Grozny, la capitale della regione. Nasce così la Cecenia che nel 1993 dichiara unilateralmente l’indipendenza con il nome di Repubblica cecena di Ichkeriya”.

La scelta indipendentista crea però da subito una serie di problematiche: incertezze economiche e politico-istituzionali, infatti, favoriscono lo sviluppo di alcune attività illecite. Non solo, presto la Cecenia diventa un “porto franco” del terrorismo e della criminalità, grazie a un decreto – emanato dal neo-presidente ceceno Dudaev – dichiarante come prive di valore e inapplicabili sul territorio ceceno quelle sentenze di condanna pronunciate dalle Corti dei Paesi che internazionalmente non avevano riconosciuto la Cecenia indipendente. Inoltre, una sorta di “guerra civile” non dichiarata fra le varie fazioni pro e contro Dudaev e l’embargo russo accentuano lo sviluppo di mercati paralleli e illeciti e la forza delle organizzazioni criminali.

La successiva “Prima Guerra cecena” (1994 – 1996) fra la neonata repubblica e la Federazione Russa favorisce il fiorire e il prosperare delle organizzazioni criminali. Inoltre la chiamata al jihad da parte del Gran Muftì – un’autorità religiosa della Cecenia (che è a maggioranza mussulmana) – porta nel Caucaso centinaia di combattenti a rimpolpare le fila cecene. Ciò crea una situazione caotica i cui riverberi si sentono ancora oggi.

Il conflitto viene “vinto” dai ceceni; i quali però “perdono” la pace. Infatti il Paese diventa un “buco nero” in cui gli affari criminali prosperano più di prima. Dimenticata da Mosca, senza un effettivo controllo da parte dell’amministrazione del neoeletto presidente Maskhadov e pervasa da una grave crisi economica seguita al conflitto, in Cecenia si sviluppa una perdurante presenza di “signori della guerra”, che in varie zone si sostituiscono completamente all’autorità governativa e compiono razzie e rapimenti. Forse anche grazie all’aiuto degli stessi servizi di sicurezza del Cremlino, la situazione si rende così fin da subito critica e instabile.

La “Seconda guerra cecena” scoppia il 29 settembre 1999. L’appoggiarsi dei russi a frange minoritarie di “lealisti” delegittima le autorità elette e fomenta una vera e propria guerra civile. La forza e il pugno di ferro russo fanno sì che la “fase militare” del conflitto si chiuda in maniera vittoriosa per gli uomini di Mosca già nel 2002; anche se la “lotta al terrorismo” si è protratta fino al 2009.

Nel frattempo nel 2005 viene ucciso Maskhadov, l’ultimo esponente “storico” di rilievo dell’indipendentismo “laico” ceceno. Così la lotta viene lentamente catalizzata dalla fazione ultrareligiosa, composta da numerosi mujhaeddin giunti grazie alla chiamata al jihad in occasione di entrambi i conflitti e finanziata dai Paesi arabi del golfo.

È in questo panorama condito da instabilità politica, conflitti etnico-religiosi e guerra perenne che il territorio ceceno risulta essere uno dei luoghi più fertili per l’insorgere di ogni tipo di attività criminale.

Il secondo intervento russo in Cecenia, infatti, oltre che come lotta al terrorismo di matrice islamica, viene presentato come una necessaria azione per eliminare un “nido” della criminalità organizzata,un rifugio da cui numerosi malavitosi già allora gestiscono tranquillamente affari in tutto il mondo.

Questo perché la criminalità organizzata cecena è tra le più feroci ed efficienti. Chiamata Obšcina (che in russo significa “comunità”), trova nome e origine nel movimento sovversivo fondato nel 1974 da Chož-Ahmed Nouchaev, uno studente universitario. Strutturata su un modello gerarchico, simile a quello di Cosa Nostra, ha ottenuto con gli anni una reputazione di livello internazionale, essendo considerata la più coesa e pericolosa fra le organizzazioni criminali su base etnica. Infatti, sebbene in ambito russo la maggior parte dei sindacati del crimine sia plurietnica, parecchi gruppi di ceceni – insieme con azeri e georgiani (con cui hanno da sempre una stretta collaborazione, data la vicinanza territoriale) – si sono nel tempo spinti fino alla Siberia, controllando piantagioni di oppio un po’ ovunque sul territorio ex sovietico. Inoltre, grazie alla loro solida e strutturata rete di contatti tra le forze dell’ordine, sono divenuti un partner più che efficiente negli affari per molti altri gruppi criminali, come ad esempio quelli tagichi o uzbeki. Alcuni studi investigativi recenti hanno dimostrato che la sfera di influenza della mafia cecena si estende da Vladivostok a Vienna; ma si spinge un po’ ovunque in tutto il globo. Ad esempio sono presenti nella cosiddetta “triplice frontiera” fra Argentina, Brasile e Paraguay, dove traggono appoggio dalla considerevole comunità mussulmana coinvolta nei  traffici di sostanze stupefacenti e di armi dall’America all’Europa.

Le attività cui si dedicano questi gruppi criminali sono di varia natura:….

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